Formazione

I lavori in corso de “La buona scuola”

«Il percorso per tradurla da testo di legge a realtà per insegnanti, studenti e famiglie, è appena iniziato ed è normale che ci sia un po’ di caos e di lavoro da fare», ha detto Davide Faraone, sottosegretario all'Istruzione, nel convengo alla Camera “Una scuola per tutti”, illustrando cosa resta da fare

di Vittorio Sammarco

Il percorso per tradurre “La buona scuola”, da un testo di legge a realtà per insegnanti, studenti e famiglie, è appena iniziato ed è normale che ci sia un po’ di caos e di lavoro da fare. Lo ha detto oggi Davide Faraone – sottosegretario al ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca – nel convengo alla Camera “Una scuola per tutti”, illustrando ad ampio raggio i lavori in corso.

Valutazione, formazione degli insegnati, e Scuole aperte (non solo nel senso di orari prolungati, ma di un’efficace prospettiva per percorsi di alternanza scuola/lavoro), sono i punti principali (tra le tante questioni) messi sul tavolo per capire come migliorare il nostro sistema scolastico. «E in particolare per capire», ha precisato introducendo i lavori la deputata Milena Santerini, che ha promosso l’incontro con Italia-Centro Democratico e Democrazia solidale, «cosa si sta facendo per contrastare il fenomeno della dispersione, che ( seppure negli ultimi anni sta vedendo l’Italia migliorare leggermente il suo dato negativo rispetto alla media europea, 17% di abbandoni contro il 12 ndr) è ancora ben lontano da trovare soluzioni adeguate».

Le risposte del governo non mancano: purché, ha tenuto a precisare il sottosegretario, si consideri che con ‘La buona scuola’, «abbiamo fatto la cornice, ma molto ancora resta da fare».

«A gennaio del prossimo anno – ricorda – scade il termine per le deleghe. Abbiamo ora il compito di cominciare a scriverle, in modo che si possa poi avviare un confronto con le parti interessate. Confronto che su alcuni temi non sarà per nulla scontato, né semplice. E richiede impegno se vogliamo muoverci in coerenza con tutto quello che abbiamo scritto sinora con la 107. Dovranno essere deleghe che abbatteranno altri tabù, ma si muovono sulla scuola che c'è, quella vissuta nella vita quotidiana, non quella pensata in teoria».

E parte proprio da uno dei temi caldi di queste ore: il concorso per l’abilitazione di 63mila docenti.

«Il concorso presentato ieri in conferenza dal ministro e dal Presidente del Consiglio – ha affermato Faraone – ha elementi di profonda innovazione rispetto ad una selezione che in passato era diversa rispetto a quella introdotta oggi. Quando abbiamo deciso di chiudere la gestione del passato, quella delle tante graduatorie, abbiamo deciso che questo concorso e queste nuove abilitazioni, ci servivano come fase di transizione verso un nuovo sistema che stiamo costruendo con la delega sulla formazione degli insegnanti. Dal momento in cui chiuderemo questo concorso, e solo dopo, la selezione degli insegnanti si farà con le modalità che stiamo costruendo e discutendo in questi giorni. Non entro nel merito, perché siamo nella fase in cui si sta elaborando idee che sono figlie della raccolta di proposte concrete che sono venute con un’ampia partecipazione».

E sulle polemiche di queste ore racconta di essere rimasto sorpreso dalle contestazioni di chi lo vede troppo difficile: «Un insegnante su tre verrà assunto, ma almeno loro debbano essere selezionati al meglio! Abbiamo individuato un percorso serio e concreto, per essere coerenti con uno degli elementi importanti della riforma: la qualità della formazione». «E anche per i dirigenti scolastici – aggiunge – dobbiamo spingerci per far fare il più possibile esperienze concrete di formazione all’interno dei percorsi lavorativi. Il modello finlandese – cita – è quello cui ci stiamo ispirando». E saranno esperienze che – se non per quest’anno – anticipa – saranno elementi di valutazione che si aggiungeranno alle selezioni concorsuali per le valutazioni future.

Altra polemica che rigetta con forza: la questione che riguarda gli insegnanti di sostegno. «Sono deluso di aver sentito in alcune assemblee insegnanti (dai quali mi aspetto che leggano i provvedimenti in discussione) dire che al Miur si sta lavorando per spostare l’insegnante di sostegno al ministero della Sanità». «È veramente incredibile, e credo che ci sia un elemento di disinformazione continua e costante, che ci mette un po’ imbarazzo per difendere questioni che non esistono». E sottolinea: «gli insegnanti di sostegno sono parte integrante della didattica, del percorso formativo. Noi vogliamo che tutto il patrimonio che abbiamo costruito in questi anni, di abolizione delle classi sociali, eccetera, e che ci fanno essere un paese modello nel mondo, non vada perso. Noi non ci spostiamo da questo tracciato, perché continuiamo a investire su questo, come elemento d’inclusione e di formazione per tutti gli studenti. Se poi vogliamo che gli insegnanti siano più professionalizzati rispetto alla questione che riguarda la reale inclusione, dobbiamo abbattere alcune ipocrisie per far funzionare davvero l’inclusione». Ad esempio, precisa: «sul tema della loro specializzazione bisogna dire che non significa medicalizzazione; le disabilità sono diverse e noi non possiamo limitarci ad una formazione superficiale. C’è bisogno in alcuni ambiti di specializzazione e rendere quindi più efficace l’intervento sulla inclusione».

Altro punto: il sistema di valutazione. Gli studenti possono stare tranquilli, afferma. Al governo stanno ragionando a 360 gradi, dal dibattito sul valore legale del titolo di studio, alla questione che riguarda il voto, a quella che riguarda gli esami; ma per quest’anno, «non cambieremo nulla, né esami né sistema di valutazione: non cambieremo in corsa le regole. Ma pensiamo ad un sistema che tenga conto di tutto. Non una roba “spot” che riguarda solo l’esame. Cercando di essere incisivi su tutto il piano della delega. Ci muoveremo coerentemente ai principi della 107».

Lavori in corso, dunque, per contrastare la dispersione scolastica: «stiamo immaginando di individuare (come si è fatto in materia economica con i contratti di area e i patti territoriali), le aree con il più alto tasso di dispersione scolastica in cui far partire una task force per realizzare interventi che ci possano consentire di abbattere in modo sensibile da un anno all’altro la percentuale di dispersione. Abbiamo visto che in alcune zone e in alcuni quartieri, alcune scuole, con attività mirate proprio ad incidere sul motivo che ha creato quella dispersione, sono riuscite a ridurre sensibilmente la dispersione scolastica. Sto parlando di zone a rischio dove le percentuali sono alte e non solo al Sud. Azioni che si possono compiere senza metter in campo azioni stravolgenti e senza particolari risorse aggiuntive. E qui c'è sicuramente da coordinare il rapporto con gli Enti locali e con il Terzo settore, con un accompagnamento che preveda anche delle nostre risorse aggiuntive».

Infine la sfida innovativa del rapporto scuola/mondo del lavoro: «l’alternanza scuola/lavoro – sostiene convinto Faraone – sarà per noi il substrato per far funzionare i contratti di apprendistato e gli Its, che non valgono o valgono poco se non c’è un sistema di alternanza scuola/lavoro, che costituisca in maniera continua e sinergica l’humus, il substrato. Su questo tema puntiamo forte».

E conclude con ottimismo. Per lui non ci sarà da temere che un prossimo ministro o un prossimo Presidente del Consiglio possano stravolgere la riforma o privarla delle risorse necessarie: «i soldi della 107 sono importanti perché sono strutturali, e ci saranno sempre. Per questo le scuole possono già ogni anno programmare per tempo e in maniera prolungata azioni incisive. Sappiamo che andiamo a toccare temi sensibili. E siamo lo stesso soddisfatti. Perché abbiamo un’idea di scuola che secondo noi è un’idea vincente, che ci può consentire per il futuro di avere una buona classe dirigente e coscienze civiche all’altezza di questo Paese. Ma sentiamo che dobbiamo mantenere il più alto possibile il livello di collaborazione fra tutte le categorie. Ma quanto si tratta di decidere, decidiamo di scegliere e non farci bloccare per la paura di sbagliare».

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