Famiglia
I “ladri di bambini”? Sorpresa: sono i gagè
Si alza la percentuale di rom dichiarati adottabili
I rom sono lo 0,2% della popolazione italiana eppure
i minori segnalati ai tribunali sono il 15% del totale.
Un dato figlio del pregiudizio. L’antropologa Saletti Salza: «La verità è che noi non sopportiamo i loro metodi educativi» Aumenta il numero di bambini rom e sinti sottratti ai genitori e dati in adozione a famiglie non zingare “per il loro bene”. Lo dice la recente ricerca dell’antropologa Carlotta Saletti Salza, presentata durante l’ultimo convegno nazionale della Pastorale dei rom e sinti, Fondazione Migrantes, a Pagnacco in provincia di Udine. I rom sono appena lo 0,2% della popolazione italiana, eppure la percentuale di bambini dichiarati adottabili raggiunge anche il 15% del totale delle segnalazioni ai tribunali minorili. «È un po’ come dire che il minore rom viene maltrattato dalla sua stessa cultura», sottolinea la ricercatrice, che aggiunge: «Il fatto è che a noi gagè non va giù il modo in cui i rom educano i loro figli, li riteniamo incapaci di essere genitori. Sono pochi i magistrati minorili che riconoscono la necessità di decodificare il contesto culturale del minore».
Ecco perché, mentre non muore il pregiudizio degli zingari che rubano i bambini, i rom e sinti dicono invece che sono i gagè, cioè i non zingari, a portar via i loro bambini. La Saletti Salza ha preso in considerazione i casi di affidamento e adozione di minori rom tra il 1985 e il 2005 in otto dei 29 tribunali minorili in Italia. Sono state riscontrate circa 200 dichiarazioni di adottabilità, di cui 84 a Torino, 36 a Bologna, 34 a Venezia.
Senza escludere che ci siano situazioni reali di abbandono del minore, la ricercatrice sottolinea: «L’analisi dei dati dimostra la facilità con cui un bambino rom viene considerato automaticamente un minore maltrattato dagli operatori sociali e dai tribunali minorili. Inoltre, nei documenti analizzati, spesso le figure di riferimento del bambino vengono spogliate di significato: si parla ad esempio di «sedicenti zie». Ci si trova davanti a casi di allontanamento che avvengono con molta violenza, sulla base del pregiudizio personale di un operatore che scrive che un minore non è tutelato perché «mangia con le mani» o «non indossa il pigiama per andare a dormire». Altre volte i servizi sociali valutano che «le condizioni abitative del campo nomadi non sono adeguate». Per i rom romeni la situazione è ancora più difficile, perché il più delle volte mancano relazioni sociali con le famiglie.
Sono molto preoccupati gli operatori della Pastorale: «Si sta affermando e diffondendo sempre più un atteggiamento di insofferenza istituzionale nei confronti dei modelli di vita di rom e sinti. L’applicazione delle leggi sui minori appare sempre più rigida e non tiene conto delle diversità culturali», affermano, augurandosi che i risultati della ricerca possano «contrastare intolleranza, fanatismo e pregiudizi, in un momento in cui c’è un gran bisogno di razionalità e ragionevolezza».
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