Non profit
I guerrafondai a Canossa
La paura delle urne ha consigliato chi si barricava dietro il proprio fondamentalismo a scendere a più miti consigli.
L?aria elettorale fa bene alla democrazia. Comunque finisca la bagarre italiana, e comunque finisca quella ben più decisiva a novembre negli Stati Uniti, la paura delle urne ha convinto chi ieri si barricava dietro un fondamentalismo granitico a scendere a più miti consigli. Il tour di Bush in Europa, dettato dalla necessità di rompere l?isolamento in cui ha imprigionato l?America, è stato una piccola andata a Canossa. La visita dal Papa, come ha ammesso anche il direttore del Corriere della Sera (giornale certo molto esposto su posizioni pro guerra), ha dimostrato “quanto sia rilevante la svolta della politica americana, come tale incoraggiata a chiare lettere dal Pontefice”. Berlusconi stesso, pur nell?improvvisazione che caratterizza la politica estera del suo governo, nel timore di esser castigato oltre misura dal voto di un Paese che la guerra non ha voluto e non ha mai capito, si è fatto paladino della svolta pro Onu degli alleati.
Insomma, l?aria è cambiata, ben più sostanziosamente di quanto le manifestazione di entusiasmo fuor di misura per la liberazione degli ostaggi italiani suggeriscano. L?aria è cambiata come ha dimostrato l?intervento molto autorevole e straordinariamente lucido di Christopher Patton, commissario Ue e ultimo governatore inglese di Hong Kong, tradotto e pubblicato sullo scorso numero di Vita.
Lo schema dello scontro di civiltà ha lasciato sin troppi disastri sul terreno; i suoi obnubilati paladini si sono trovati risucchiati dentro una spirale che moltiplicava e rafforzava i nemici invece che metterli a tacere.
Certamente ci vorrà molto tempo per acquietare quelle forze negative che l?avventura bellica ha legittimato e scatenato. Certamente il cammino dopo il 30 giugno sarà tormentato e denso di incognite. Ma sottovalutare o giudicare con fatalismo questa svolta maturata sulla rotta Vaticano-Onu, sarebbe un errore.
Al momento di scrivere queste righe, il G8 di Sea Island è alle prime battute, ma non può essere considerato un caso che l?agenda abbia risentito del clima diverso. Di nuovo sul tavolo dei grandi, barricati in questo angolo di America profonda, si sono riaffacciate questioni che il totalitarismo mediatico della guerra aveva reso lecito accantonare. Blair (anche lui in cerca di un consenso eroso dalla guerra) ha lanciato l?idea, elaborata dal suo cancelliere Gordon Brown, di cancellazione del debito dei 41 Paesi più poveri della Terra. Un?operazione cui Bush ha annunciato il suo consenso e che costerebbe, secondo i calcoli della Banca mondiale, un miliardo di dollari all?anno. Il prossimo G8 si terrà in Gran Bretagna, in coincidenza con il semestre di presidenza inglese della Ue, e Blair non vuole certo arrivare a quella scadenza fatidica carico di troppe vergogne rispetto al suo elettorato.
Certamente di annunci così ne abbiamo sentiti tanti in passato: basti ricordare il flop del Fondo globale contro l?Aids sbandierato giusto tre anni fa al G8 di Genova e afflosciatosi per la pochezza dei contributi che avrebbero dovuto alimentarlo. Eppure il disastro della guerra in Iraq sta costringendo tutti a rimettere testa sui problemi reali che minacciano la vita del pianeta. E questi problemi, come ha ricordato agli otto grandi, con la sua consueta passione e brillantezza mediatica, Bono Vox, si condensano in alcune cifre, tra le tante, che non esigono commenti: “Ogni giorno in Africa 6.400 persone muoiono di Aids, oggi 100 milioni di bambini sono esclusi dal ciclo dell?istruzione primaria; e 525mila mamme ogni anno muoiono nel dare alla luce un bambino”. Bono ha concluso il suo appello con un auspicio ardito: “Che il 2005 diventi una data storica nella lotta alla povertà globale”.
Tra i tanti disastri di questa guerra c?è da mettere nel conto anche l?accantonamento di tante drammatiche questioni che assillano centinaia di milioni di uomini sulla Terra. Il fatto che quelle questioni si riaffaccino sull?agenda è comunque una buona notizia. E un?occasione da non farsi sfuggire.
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