Non profit

I graffiti sono un reato?

Una sentenza del tribunale mette al bando i murales

di Lorenzo Alvaro

Non importa che i graffiti siano d’autore. Per Guido Piffer, giudice di Milano i disegni realizzati su muri senza il consenso dei proprietari dell’immobile costituiscono reato. Questo dice la sentenza emessa dal magistrato che ha al centro della vicenda un famoso writer, Davide Nicolosi in arte Bros, accusato di aver imbrattato una pensilina della metro e la facciata di un palazzo.

Per il tribunale si tratta sempre di una «prevaricazione». La difesa dell’artista poneva l’accento su un fatto: se i graffiti possano essere o meno “arte”, e se Bros possa o no trarre la propria legittimazione artistica dall’aver esposto opere nel 2007 a Palazzo Reale. Per la magistratura il reato non si può misurare su una pretesa patente di «natura artistica dell’opera d’arte, stante l’impraticabilità di una tale categoria» troppo legata all’indefinibile coscienza sociale di un certo momento storico. Ciò che invece rileva sul reato di imbrattamento (chiarito dalla Cassazione nel 1989 come lo «sporcare l’aspetto dell’estetica o la nettezza del bene senza che il bene nulla abbia perduto della sua funzionalità »), per il giudice è piuttosto «la tipologia della cosa su cui ricade la condotta» di chi fa i graffiti: «la fisionomia estetica e la nettezza attribuite al bene da chi ne ha legittimamente la disponibilità, per quanto magari opinabili come del resto opinabile è lo stesso valore estetico dei graffiti realizzati».

Semplificando per i magistrati la difesa cadeva in una contraddizione. I murales cioè sarebbero arte e dunque sempre leciti. Tranne in un caso. Tranne se andassero a sovrapporsi ad altra arte. Non sarebbe infatti accettabile un disegno sul Duomo di Milano. Ma questa è un distinguo che la legge non può fare e non fa. Ragionando poi in questo modo si va incontro ad un altra conseguenza: rimarrebbero in balia dei writers solo il pubblico e il privato. Se solo ciò che è bene storico o artistico è al riparo dalle bombolette, tutto il resto rimarrebbe scoperto. E il resto non è altro che ciò che è di tutti da una parte e ciò che è di chi non può alzare la voce dall’altra. Inaccettabile.

Tra le righe della sentenza poi si legge una ragione più culturale. L’atteggiamento dell’artista sarebbe un retaggio del ’68 in cui alcuni, un elite, sanno la verità o hanno la chiave della bellezza, e per questo la impongono agli altri, noi, poveri ignoranti. Un atteggiamento violento e lesivo che la legge non può permettere. Per questo qualcuno realizza un disegno «magari da taluno apprezzato» sulla facciata di un palazzo appena rinnovata dai proprietari «secondo i criteri estetici che più aggradano loro, non potrà negarsi che la facciata è stata «deturpata» e «imbrattata» in quanto ne è stata alterata la forma estetica e la nettezza legittimamente scelte per quel bene dai suoi proprietari». E lo stesso accade se si disegna su un bene pubblico. Rimane solo un caso in cui non sarà reato. Quando i muri su cui compariranno i disegni siano in stato di abbandono e incuria.

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In copertina uno dei lavori diDavide Nicolosi in arte Bros


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