Formazione

I giovani non hanno piùangeli custodi

Il punto di vista "eretico" di un grande pensatore ed educatore

di Redazione

Cos’è la scuola? In questi giorni tutti si cimentano in proposte e analisi sullo stato delle istituzioni scolastiche del nostro Paese. Il ministro di turno appare in qualche intervista con le sue proposte rivoluzionarie: il grembiule, il maestro unico e il voto in condotta. Faccio fatica a non diventare triviale. Ma ci vuole un grande controllo delle proprie reazioni emotive per accettare in silenzio il fatto che la Gelmini ha preso il posto che, nell’esecrando periodo fascista, fu di Giovanni Gentile per fare il commissario liquidatore dell’intero sistema educativo. La Gelmini, infatti, a parte i suoi evidenti limiti culturali, opera in un quadro di tagli di spesa che riducono drasticamente le offerte educative. In realtà, il destino della scuola e dell’università è nelle mani di Tremonti che persegue tenacemente lo smantellamento di ogni istituzione pubblica di formazione nazionale della gioventù italiana in nome di una visione dello sviluppo economico centrato sulle aree del Nord e sul rapporto fra sapere e impresa.
Nessuno né della maggioranza né dell’opposizione prova a dare al problema della scuola italiana la centralità assoluta che gli compete. Il punto vero e drammatico è che la nostra società e la nostra classe dirigente non hanno alcun progetto educativo perché non riescono ad avere nessuna visione del futuro e del rapporto con le nuove generazioni e rimuovono dolosamente i segni del disastro generazionale che colpisce il nostro Paese. È vero, i giovani non riconoscono nessuna autorità, non hanno nessuna idea di ciò che è consentito e di ciò che è vietato, ma pensare che questa situazione gravissima possa essere risolta con il voto in condotta è soltanto una prova di ottusità.
I nostri giovani non arrivano a scuola dopo avere trascorso i primi anni di vita in compagnia di premurosi angeli custodi, ma dopo essere nati e vissuti in un contesto familiare e sociale che li ha orientati nel rapporto con il mondo esterno delle persone e delle cose. Hanno seguito programmi televisivi deficienziali e telegiornali cruenti, pieni sempre di sangue e delitti. Il loro quartiere è o un ammasso di miseria umana e sociale o un condominio residenziale fatto di solitudine e buone maniere. In ogni caso “comunità” anaffettive o violente o ipocrite e censurate.
Anche i giovani d’oggi, come tutti i bambini e i ragazzi, hanno cominciato a chiedersi perché il sole tramonta e la luna sorge nelle notti stellate. I primi “perché” sono la misura di un’apertura alla “società dei grandi” che aspetta risposte, ma principalmente amore, attenzione e affettività. Prima viene la scuola e poi l’università. In questi percorsi (dalla famiglia alla scuola) i “perché” prendono la forma degli interessi, della curiosità, delle passioni conoscitive. In questi anni si istituisce il nesso fra saper capire e saper vivere, fra concetti e vita che è il motore delle motivazioni dei giovani a studiare. Antonio Gramsci invitava le classi subalterne a non considerare lo studio un inganno della borghesia, ma il solo metodo valido per una maturazione umana capace di affrontare le difficoltà materiali e psicologiche della vita.
La scuola è lo specchio del mondo, la visione della vita che ci orienta e ci dà le risorse per immaginare il futuro. È educazione al pensiero che consente di sublimare le pulsioni immediate e trasforma in parole la spinta istintiva allo scarico delle emozioni in azioni anche distruttive.
Si ripete in questi giorni il rituale delle violenze negli stadi e tutti sono d’accordo nell’applicazione di sanzioni severe. Credo anch’io che bisogna reagire allo scatenarsi della violenza negli stadi tra le opposte tifoserie. Ma guai se i nostri dirigenti politici e i nostri intellettuali non provano a capire quali sono le ragioni della violenza. Non si tratta di trovare spiegazioni sociologiche nella emarginazione sociale o nella crisi di identità del mondo giovanile. Queste spiegazioni sfiorano la superficie.
Per chi scrivono i nostri giornalisti, opinionisti, saggisti? Cosa comunicano a un ragazzo di diciotto anni gli articoli dei maggiori quotidiani nazionali? L’autoreferenzialità delle varie “corporazioni”, giornali, università, scuola di partiti, è un segno di frantumazione particolaristica e di opportunismo individuale. Il rapporto con la realtà e con la verità, ossia con ciò che si svolge nella vita delle persone reali, è irrilevante. I giovani capiscono che i nostri articoli, i nostri libri, i nostri corsi universitari non parlano della vita, che usano un linguaggio “pregiudicato” da un rapporto vecchio con le novità del modo di vivere attuale. Il che vuol dire tradire l’unica vera missione universale a cui gli uomini sono chiamati: educare i propri figli a liberare la propria mente dai pregiudizi e dalle ipocrisie opportunistiche e provare a cercare l’autonomia e la creatività. Chi non ha il coraggio di denunciare le malattie della scuola come sintomo delle malattie del nostro Paese, di esprimersi contro il blocco del pensiero creativo e il genocidio culturale a cui tutti, destra e sinistra, partecipano in una complice alleanza per la sopravvivenza del proprio potere, merita di essere accusato di codardia.
La riforma della scuola richiede uno scatto morale e intellettuale di cui non vedo alcun segno. Una svolta nelle impostazioni degli studi, che costringa a muoversi nella direzione di un nuovo modo di pensare, sarebbe quella di educare i giovani a prendere le mosse dell’analisi dei grandi temi nella società contemporanea e non dai concetti definitori dei vari saperi disciplinari. Ad esempio l’alimentazione potrebbe essere l’asse culturale di una facoltà che abbracci la dimensione storica, la dimensione sociale, la dimensione biologica. Ripensare la scuola e l’università deve significare un rapporto comprensibile e stimolante tra le forme definitorie dei saperi istituiti e i fenomeni della vita che si presentano unitariamente alle nostre esperienze.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA