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I giovani han messo in versi il loro senso del benessere
"Che cosa ti fa stare bene?" era questo l'interrogativo base del Contest poetico ideato e promosso dalla Fondazione Vincenzo Casillo all’interno della terza edizione della rassegna di teatro contemporaneo “Serotonina. Teatri ad alt(r)a comicità” che si è tenuta a Corato (Ba). In premio buoni libro. Nell'occasione i ragazzi hanno trovato una persona disponibile alla "Panchina dell’Ascolto Gentile", ma anche partecipare a "L’angolo del poeta"
Il bene che mi fa
la libertà,
non si può spiegare:
è un tuffo nel mare
dopo l'esame orale
di maturità.
Il bene che mi fa
quella via
in mezzo alla città
dove con nostalgia
in un coro di solisti
cantiamo battisti,
è un bene
che mi appaga e mi consola,
che non mi lascia sola.
Il bene che mi fa
questa nuova estate
di gioie sudate,
di cose studiate,
di note stonate,
questa nuova estate
non lo sa.
Li ha scritti Elisa Tandoi questi versi, una ragazza pugliese di 19 anni che ha conquistato il primo posto del Contest poetico ideato e promosso dalla Fondazione Vincenzo Casillo all’interno della terza edizione della rassegna di teatro contemporaneo “Serotonina. Teatri ad alt(r)a comicità” dal 29 giugno al 7 luglio, a cura della regista e attrice Claudia Lerro.
Questo l’interrogativo lanciato dal Contest: Cosa ti fa stare bene? Rivolto a ragazzi dai 14 ai 25 anni prevalentemente della città di Corato (Ba), sede della rassegna, che in assonanza con il titolo è caratterizzata da stand up comedy, no sense, commedia classica, clownerie e commedia musicale. Con l’auspicio di garantire benessere, di suscitare buon umore, grazie soprattutto alla capacità espressiva di artisti nazionali di rilievo.
Il primo premio offerto dalla Fondazione è stato un buono spendibile in libri, per incoraggiare i ragazzi ad alimentare la curiosità e il contatto con la lettura e la scrittura.
La premiazione dei primi tre componimenti selezionati su una totalità di 30, ha anticipato il brillante monologo del poeta e scrittore Guido Catalano, in una serata allestita nell’accogliente cortile dell’Istituto Nicola Fornelli di Corato (Ba).
Sulla Panchina dell’Ascolto Gentile i ragazzi hanno trovato nelle giornate della rassegna una persona disposta ad ascoltare qualsiasi storia volessero condividere; con L’angolo del poeta i giovani appassionati di parole hanno avuto l’opportunità di tradurre in parole emozioni, dediche, storie che potevano scegliere di far leggere durante gli spettacoli della rassegna ad attori professionisti.
T. S. Eliot sosteneva che la poesia non fosse un modo per liberare l’emozione, quanto una fuga dall’emozione. Che non fosse un’espressione della propria personalità, quanto piuttosto una fuga dalla personalità.
I ragazzi si sentono spesso in fuga: dai sentimenti che non sono in grado di decifrare, dalle esperienze che hanno paura di vivere, dalle relazioni che faticano a costruire, dai sogni che credono di non meritare.
Questa domanda aperta lanciata dal Contest è stata un’occasione preziosa per tentare di dare forma a queste fughe, a questi sentimenti, a queste paure. E di aprire un dialogo, di mettersi in ascolto. È stata anche un’opportunità per esprimere abilità, talento, per condividere visioni. Per riconsiderare il pregiudizio che spesso il mondo maturo esprime con superficialità circa il mondo immaturo.
È una domanda semplice, diretta, che ha ispirato i ragazzi sollecitando corde emotive inesplorate ed esortando noi tutti a “coltivare quell’orto in una stanza piena zeppa di ciliegie”. Ché “a volte anche tu, vita, hai bisogno di un abbraccio”. [Serena Discanno]
A 18 anni basta “un viaggio in macchina, ascoltare buona musica”, per stare bene.
“Un bel film con la giusta compagnia e nessuna voglia di mascherare. Notti passate a chiacchierare in terrazza. Un amico che ti riaccompagna a casa e aspetta che tu sia entrato nel portone. Una mano sul petto”. Anche se “sono una ragazza, eppure vedo il mondo sotto i miei piedi rischiare”. [Angela Di Gioia]
“Sul divano, con un gatto sulle ginocchia. Le giornate di sole per me sono un dono. Questi momenti, per quanto siano semplici, io li considero quasi miei complici, sono tutto ciò che mi fa stare bene, mi danno pace, liberandomi dalle mie catene”. [Matilde Mencar]
“È l’intrecciarsi delle risate
mia e di chi amo e mi ama.
La mano di mia madre
che mi attraversa i capelli
col tocco di chi vuole curare”.
[Paola Ferrara]
“A volte un’intuizione vincente,
a volte un guasto irreparabile,
o anche un incontro fortuito.
È questo che mi fa stare bene
un campo di rose mosso dal vento,
due innamorati stesi su un telo,
e poi una carezza, un riso, un bacio”.
[Leonardo Capurso]
“I corpi che si amano e si conoscono”.
[Pierluigi Di Leo]
Sono immagini dense quelle che hanno saputo tratteggiare questi giovani poeti. Proprio come “i sapori e gli odori che svegliano una festa”. [Francesca Leone Bruni] Ci mostrano una chiave di salvezza, un sentiero che porta alla meraviglia e che dobbiamo fare in modo di non smarrire, che possiamo preservare.
Perché “sono salva, e felice, di creare un sogno sospeso di libertà”. [Carlotta Mazzilli]
Suggeriscono un monito universale: “Stare bene è accettarsi, con le luci e le ombre, amarsi senza condizioni, con cuore pieno. È rendersi persone migliori per amore. È trovare gioia in ogni piccola conquista, imparare dagli errori, con dolcezza e vista. Stare bene non è una meta, bensì un cammino. Goditi ogni singolo passo e lascia che diventi il tuo destino”. [Luigi Gabriele]
Christian Bobin, un poeta francese scomparso di recente, ci mostra che la poesia è un atteggiamento, una pratica di relazione con il mondo che consente alle cose, alle persone, agli eventi, di mostrarsi a noi, come se nascessero ogni volta. E sostiene che se la poesia iniziasse ad essere vista come una vibrazione che abita la vita, forse ci aggireremmo in questo mondo con occhi diversi.
Marco Mastrorillo a soli 16 anni ha rinsaldato la consapevolezza di essere parte di un tutto: “Come mi rende felice la pace nel mondo, laddove siamo tutti uguali in fondo, e dobbiamo ringraziarci ogni secondo, poiché ognuno è per l’altro fecondo.
È ciò che mi fa stare bene. I desideri che sostituiscono le catene”.
Erika Cotza apre una finestra sull’inconscio, ricordandoci che “siamo all’interno di un sogno, di una proiezione del nostro mondo interiore. Il risveglio della coscienza fa gioire immensamente. Per stare bene posso solo svegliarmi nel sogno”.
Meritano uno spazio particolare, seppure sommesso e ovattato, alcuni versi che hanno fatto da controcanto a ciò che fa stare bene. Ma che prendono valore e luce in virtù della riflessione a cui ci costringono. E per cui ci sentiamo grati, per aver lasciato che emergessero.
“Questo senso di nulla infinito mi pervade”. [Sara Germano]
Perché forse “si è troppo fragili per reggere la violenza di questo mondo”. [Miriana La Forgia]
In apertura alcuni partecipanti al contest poetico
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