Non profit
I giorni di Londra sono sempre più green
La rivoluzione silenziosa che cambia la capitale inglese
La logica da marketing delle tre “r” di reduce, reuse, recycle ha sfondato. Ma è anche l’entusiasmo
di chi ha fatto scelte
di vita sostenibile
a essere contagioso
Londra conta più di 7 milioni di abitanti e nell’arco di un anno sono almeno 28 milioni i turisti che vengono a visitarla. Il suo consumo di energia supera quello di tutta l’Irlanda: che è più o meno quanto il consumo di energia del Portogallo o della Grecia. Nell’arco di un anno Londra produce circa 21 milioni di tonnellate di rifiuti. Secondo le previsioni sulla crescita della popolazione londinese per il 2016 sarà come aggiungere una città grande quanto Genova, con circa 800mila abitanti in più.
Ma i londinesi hanno dimostrato già nei decenni una maggiore consapevolezza nei riguardi della sostenibilità. Anche grazie all’operazione di campagne di sensibilizzazione. Alcune parole sono diventate di uso quotidiano come “personal footprint”, l’impronta personale. E l’invito a ridurre il suo impatto sulla terra ha ispirato nuove abitudini ed iniziative “eco-friendly”, alla lettera “non dannose per l’ambiente”.
Anche il tris delle tre erre è piuttosto ricorrente: reduce, reuse, recycle. Ridurre, riutilizzare e riciclare. Così che molto popolari sono diventate le iniziative del “Bring and Take”, letteralmente “porta e prendi”. Le persone portano nei siti prestabiliti quello di cui vogliono sbarazzarsi: abiti, libri, cd, oggetti d’arredo, mobili, giochi per bambini, attrezzi da giardinaggio eccetera. Prima si portano tutte le cose che vengono riordinate negli stand. In questa fase si è autorizzati solo a guardare gli oggetti e non si può portare via nulla fino al momento stabilito. Poi si assiste a scene tipo arrembaggio.
Tutto quello che rimane dopo l’avvenuto scambio viene smistato ai charity shop. Questi ultimi sono un’altra ottima possibilità di riciclo. I charity shop sono presenti in ogni quartiere. Anche qui i londinesi portano le proprie cose superflue ed il ricavato della vendita va ad associazioni.
Il pub dove si tiene il Green Drink a Londra si chiama The Glasshouse stores, ed è a pochi passi da Piccadilly Circus. Del vecchio gruppo è rimasto alla guida solo Paul Scott, giornalista e scrittore, che all’ingresso accoglie tutti con un sorriso. I suoi appuntamenti sono spesso occasioni d’oro per conoscere nuove persone e trovare nuove ispirazioni attraverso la conoscenza di nuovi progetti. Come quello di Catherine Baker, una giovane donna inglese che ha fatto della passione per l’ambiente il suo lavoro. Ha fondato una società che si chiama Green London. La sua intenzione è quella di tradurre quei concetti di scienza climatica, a volte difficili da comprendere, in un linguaggio più comprensibile per tutti.
Ne parla davanti ad una birra con molto entusiasmo: «Io ho studiato Scienze ambientali all’università quindi so molto bene cosa voglia dire cambiamento climatico. Purtroppo so anche molto bene quanto in generale si sappia poco in termini di ambiente e soprattutto in relazione a quanto il problema sia diventato grave». Il suo percorso per alcuni specifici siti di Londra è una passeggiata insolita: «Ho creato Green London come un modo divertente di raccontare alla gente cause e problemi relative al cambiamento climatico, e come Londra sia collegata a loro. Ognuno può fare la differenza in ogni momento nei riguardi dell’ambiente».
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.