Non profit

I giorni di Londra sono sempre più green

La rivoluzione silenziosa che cambia la capitale inglese

di Luisa Cotardo

La logica da marketing delle tre “r” di reduce, reuse, recycle ha sfondato. Ma è anche l’entusiasmo
di chi ha fatto scelte
di vita sostenibile
a essere contagioso
Londra conta più di 7 milioni di abitanti e nell’arco di un anno sono almeno 28 milioni i turisti che vengono a visitarla. Il suo consumo di energia supera quello di tutta l’Irlanda: che è più o meno quanto il consumo di energia del Portogallo o della Grecia. Nell’arco di un anno Londra produce circa 21 milioni di tonnellate di rifiuti. Secondo le previsioni sulla crescita della popolazione londinese per il 2016 sarà come aggiungere una città grande quanto Genova, con circa 800mila abitanti in più.

Sindaco su due ruote
Ripensare ogni aspetto dell’uso energetico e del riciclo dei rifiuti, far diventare Londra una città ancora più sostenibile, diventa una questione più che urgente. L’attuale sindaco Boris Johnson, eletto lo scorso anno, è di sicuro una forte ispirazione ecologista per gli abitanti della capitale inglese. Johnson ha infatti dichiarato di voler creare un’economia verde, puntando ad una riduzione delle emissioni di CO2 del 60% per il 2025. E il buon esempio arriva dal primo cittadino che ogni mattina va a in ufficio in bicicletta. E che per incentivare l’uso della due ruote – scoraggiando l’uso dell’auto in centro dove per entrare si pagano ben otto sterline – ha annunciato la costruzione di 12 nuove piste ciclabili per il prossimo anno. E un nuovo sistema di noleggio bici, per cui ne saranno a disposizione 6mila nei 400 diversi siti sparsi per la città.
Ma i londinesi hanno dimostrato già nei decenni una maggiore consapevolezza nei riguardi della sostenibilità. Anche grazie all’operazione di campagne di sensibilizzazione. Alcune parole sono diventate di uso quotidiano come “personal footprint”, l’impronta personale. E l’invito a ridurre il suo impatto sulla terra ha ispirato nuove abitudini ed iniziative “eco-friendly”, alla lettera “non dannose per l’ambiente”.
Anche il tris delle tre erre è piuttosto ricorrente: reduce, reuse, recycle. Ridurre, riutilizzare e riciclare. Così che molto popolari sono diventate le iniziative del “Bring and Take”, letteralmente “porta e prendi”. Le persone portano nei siti prestabiliti quello di cui vogliono sbarazzarsi: abiti, libri, cd, oggetti d’arredo, mobili, giochi per bambini, attrezzi da giardinaggio eccetera. Prima si portano tutte le cose che vengono riordinate negli stand. In questa fase si è autorizzati solo a guardare gli oggetti e non si può portare via nulla fino al momento stabilito. Poi si assiste a scene tipo arrembaggio.
Tutto quello che rimane dopo l’avvenuto scambio viene smistato ai charity shop. Questi ultimi sono un’altra ottima possibilità di riciclo. I charity shop sono presenti in ogni quartiere. Anche qui i londinesi portano le proprie cose superflue ed il ricavato della vendita va ad associazioni.
Il verde drink
Ha compiuto 20 anni proprio la scorsa settimana il Green Drink, un appuntamento mensile lanciato nel 1989 da un gruppo di appassionati di questioni ambientali che si ritrovava nei pub alla fine della giornata per scambiarsi opinioni davanti ad una birra. Anni in cui parlare di questioni ambientali non era così usuale, motivo per cui tra gli avventori c’erano per lo più scrittori e giornalisti. Da allora è diventato un appuntamento fisso di ogni secondo martedì del mese ed è esteso ad un numero più vario di persone. Ora si contano 600 appuntamenti Green Drinks in 600 città diverse sparse il tutto il mondo. E l’associazione che li tiene in rete è una organizzazione non profit.
Il pub dove si tiene il Green Drink a Londra si chiama The Glasshouse stores, ed è a pochi passi da Piccadilly Circus. Del vecchio gruppo è rimasto alla guida solo Paul Scott, giornalista e scrittore, che all’ingresso accoglie tutti con un sorriso. I suoi appuntamenti sono spesso occasioni d’oro per conoscere nuove persone e trovare nuove ispirazioni attraverso la conoscenza di nuovi progetti. Come quello di Catherine Baker, una giovane donna inglese che ha fatto della passione per l’ambiente il suo lavoro. Ha fondato una società che si chiama Green London. La sua intenzione è quella di tradurre quei concetti di scienza climatica, a volte difficili da comprendere, in un linguaggio più comprensibile per tutti.
Ne parla davanti ad una birra con molto entusiasmo: «Io ho studiato Scienze ambientali all’università quindi so molto bene cosa voglia dire cambiamento climatico. Purtroppo so anche molto bene quanto in generale si sappia poco in termini di ambiente e soprattutto in relazione a quanto il problema sia diventato grave». Il suo percorso per alcuni specifici siti di Londra è una passeggiata insolita: «Ho creato Green London come un modo divertente di raccontare alla gente cause e problemi relative al cambiamento climatico, e come Londra sia collegata a loro. Ognuno può fare la differenza in ogni momento nei riguardi dell’ambiente».

I viaggi di Rohan
Allo stesso tavolo c’è un altro amico che partecipa interessato alla conversazione e che aggiunge qualcosa alla lista delle buone abitudini. Lui è Rohan Madison, originario dell’Australia, tecnico del suono alla Bbc World Service, e per molti anni volontario per Greenpeace: «Io cerco di riciclare il più possibile, quando mi sono trasferito a Londra 15 anni fa non c’era questo sistema dei rifiuti così organizzato. Poi mi sono limitato ad un solo viaggio in aereo l’anno. Uso i treni e la bici il più possibile. E cerco di usare le scale per evitare l’uso dell’ascensore. Forse la sfida più dura è cambiare le proprie abitudini. E la spinta per crederci è pensare che si può riuscire». Ad osservare questo entusiasmo non sembra così difficile crederci.

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