Politica

I Gesuiti: Riforma costituzionale importante per il Paese, non per Renzi

I passaggi più significativi dell’analisi di Francesco Occhetta che comparirà sul numero de La Civiltà Cattolica in uscita domani: «L’appuntamento referendario è l’occasione per rifondare intorno alla Costituzione la cultura politica del Paese. Non si tratta di un voto favorevole o contrario al Governo, ma di qualcosa di più e di diverso, che riguarda l’identità della democrazia»

di Redazione

Il numero de La Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti diretta da Antonio Spadaro, in uscita domani ospita un importante contributo sulla riforma della Costituzione firmato da Francesco Occhetta. Alcuni osservatori l’hanno presentato come un via libera alla Riforma Boschi da parte della Chiesa sottolineando come la pubblicazione (ma questo avviene di prassi) passi al vaglio della Segretaria vaticana prima di andare in stampa. L’analisi di Occhetta, che Vita.it è in grado di anticiparvi nei passaggi più salienti, ha sviluppato però un ragionamento tecnico (dove non mancano le critiche) che nella conclusione arriva sostanzialmente a promuovere la revisione della Carta.

UN ATTESA DI OLTRE 30 ANNI
«La riforma del Senato era all’ordine del giorno nell’agenda parlamentare da oltre 30 anni, e quella approvata presenta molti punti di continuità con i testi di riforma falliti: in primis, la riduzione del numero dei senatori e l’abolizione del bicameralismo perfetto, voluto dai padri costituenti per ripartire la sovranità democratica in due Camere ed evitare le dittature della maggioranza (…)

Il bicameralismo perfetto — che era funzionale nel periodo in cui i partiti erano forti e dettavano l’agenda al Parlamento — è comunque rimasto un unicum in Europa. Il suo superamento, insieme allo sganciamento del Senato dal rapporto di fiducia al Governo, permetterà di creare una Camera politica basata sulla dialettica tra maggioranza e minoranza, come dimostra l’esperienza delle democrazie moderne più avanzate (Francia,

Inghilterra, Spagna, Germania e Usa).

Questa riforma affida alla Camera la forma di Governo e al Senato, come in Spagna e in Germania, la forma di Stato e la composizione della morfologia del Paese. Il nuovo Senato, definito dalla dottrina «federatore», sarà la cerniera tra le autonomie locali, lo Stato e l’Ue, in modo da recepire e attuare i circa 10.000 atti normativi comunitari e gestire i fondi europei, spesso utilizzati male. Avrà anche un ruolo propulsivo nel «produrre» diritto comunitario e ispirare il Governo a proporre nuove leggi per l’Europa.

Sono ridefinite le sue funzioni di controllo: valuterà le politiche pubbliche e le pubbliche amministrazioni; verificherà l’attuazione delle leggi dello Stato, formulerà pareri sulle nomine del Governo. La doppia approvazione delle leggi rimarrà per disciplinare le materie più importanti, come le leggi di revisione costituzionale, la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, la legislazione elettorale, gli organi di Governo e le funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane (…)

Il procedimento legislativo è stato snellito: le leggi verranno approvate dalla Camera, entro 10 giorni, su richiesta di un terzo dei componenti; il Senato potrà esaminarle e, nei 30 giorni successivi, proporre modifiche su cui la Camera si pronuncerà in via definitiva. È previsto il «voto a data certa», entro 70 giorni, per i provvedimenti che il Governo ritenga essenziali per adempiere al suo programma di governo sul quale ha ricevuto il voto del corpo elettorale.

LE CRITICHE
La riforma presenta anche punti che avrebbero potuto essere meglio precisati o previsti. Si nota l’assenza delle Regioni a statuto speciale, che sembrano sempre meno giustificate non solo nei costi, ma anche nelle discipline sulle quali legiferano. I quorum scelti dal settimo scrutinio nell’elezione del Presidente della Repubblica per evitare il rischio che venga eletto dalla sola maggioranza comportano però il pericolo opposto, cioè che l’elezione si blocchi, tenendo anche conto delle lezioni di questo inizio legislatura; invece, si poteva prevedere la maggioranza assoluta dei componenti dopo un certo numero di votazioni. Il ruolo della Corte avrebbe potuto essere meglio precisato come importante contrappeso al Parlamento, e sarebbe stato forse utile affidare ai giudici costituzionali il controllo delle elezioni, con la verifica dei poteri, come avviene in molte democrazie avanzate. (…)

IL REFERENDUM DI OTTOBRE

Com’è noto, la legge costituzionale approvata dal Parlamento sarà sottoposta al voto del referendum confermativo di ottobre. L’appuntamento referendario è l’occasione per rifondare intorno alla Costituzione la cultura politica del Paese. Non si tratta di un voto favorevole o contrario al Governo, ma di qualcosa di più e di diverso, che riguarda l’identità della democrazia che i media e le parti sociali faticano ad affermare come la cultura costituzionale

nel dibattito pubblico. Certo, a livello politico il voto avrà conseguenze sul Governo. (…).

La riforma è di utilità del popolo italiano? Ha coinvolto le opposizioni? (…)

Certo, le ragioni partitiche che dividono rischiano di prevalere sulle ragioni culturali e costituzionali, che possono invece unire. Questo è, per esempio, il caso di Forza Italia, che aveva sostenuto la riforma per poi sottrarre il suo appoggio negli ultimi mesi, per una scelta politica.

Anche 56 autorevoli costituzionalisti, tra i quali Antonio Bal­dassarre, Ugo De Siervo, Gian Maria Flick, Fulco Lanchester, Va­lerio Onida, Gustavo Zagrebelsky, hanno sottoscritto un appello per il No14. Altri costituzionalisti, come Giuliano Amato, Sabino Cassese, Franco Pizzetti, Franco Bassanini, Stefano Ceccanti, Mar­co Olivetti, Francesco Clementi, e più in generale una larga mag­gioranza dei componenti della Commissione di esperti nominata dal Governo Letta, a vario modo appoggiano la riforma. La sfida dovrebbe giocarsi sul piano scientifico e non politico, per confron­tarsi serenamente sulle luci e le ombre della riforma.

Lo stesso mondo politico è diviso: parte del Centro-destra e il Movimento 5 Stelle non appoggeranno la riforma, mentre la minoranza interna al Pd di Bersani e Cuperlo ha scelto di votarla condizionando l’appoggio al referendum al miglioramento della legge elettorale. Si sono anche costituiti un comitato per il No e uno per il Sì che animeranno il dibattito verso il referendum. (…)

COME SCEGLIERE
Per votare a favore o contro la riforma, va anzitutto compresa la logica referendaria: l’elettore è chiamato a dare un giudizio sintetico e globale, avendo presente il testo vigente (quello che sarebbe confermato in caso di successo del No) e quello approvato dalla riforma Boschi, che sarebbe modificato dal Sì. Il giudizio sintetico e complessivo risulta non tanto dalla somma di dettagli, ma dalla valutazione della coerenza d’insieme nella volontà di ridurre i problemi esistenti. L’uno o l’altro giudizio non negherà la ragionevolezza della tesi opposta. Sarà piuttosto un parere favorevole o contrario sulle innovazioni del testo (…)

Il secondo criterio di discernimento riguarda la coerenza e lo «sviluppo» costituzionale. Secondo questo spirito, occorre valutare se le innovazioni proposte si muovono dentro un disegno di sviluppo e di adeguamento ai tempi oppure di inopportuna demolizione

del testo precedente. (…)

Il terzo criterio di discernimento è l’attenzione al merito, che va oltre le personalizzazioni e le strumentalizzazioni politiche del testo. L’elettorato è chiamato a pronunciarsi sul dettato, certamente non neutro, per approvarlo o bocciarlo, e sulle soluzioni in esso contenute. Da questo punto di vista, il testo, al di là del voto finale, non ha una stretta connotazione politico-partitica, ma è il compromesso possibile di elaborazioni politiche diverse, sia per i vari emendamenti che ha recepito sia per l’eredità lasciata dalla Commissione di esperti del Governo Letta. (…)

CONCLUSIONI
Come ogni riforma che fissa nuove regole, il gioco dipende dalla qualità dei suoi giocatori. Su questo versante non è data alcuna garanzia, al di fuori di un alto spirito civico di ritorno alla politica ispirata dai princìpi costituzionali e da una seria responsabilità di costruzione del bene comune. È ciò che ha ribadito con fermezza il Presidente della Repubblica: «Qualunque riforma si riesca a realizzare, la democrazia assumerà le modalità concrete che gli attori le daranno, con il loro senso dello Stato, con l’etica della loro azione, con quanto di partecipazione dei cittadini riusciranno a promuovere»

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