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I gesuiti promuovono “Casa Italia”. «La risposta più ragionevole»

Francesco Occhetta su La Civiltà Cattolica, la rivista dell’ordine del Papa, ha analizzato il disastro del sisma in Centro Italia e salutato con favore l’iniziativa del Governo Renzi «ma potrà essere efficace solo se troverà collaborazione nelle parti sociali e garantirà ai cittadini trasparenza, completezza e aggiornamento nei dati e nei documenti»

di Lorenzo Maria Alvaro

«Il progetto “Casa Italia” proposto dal Presidente Renzi, che coinvolge enti, istituzioni, parti sociali e imprenditori, sembra la risposta più ragionevole per rispondere all’urgenza». Così il padre gesuita Francesco Occhetta scrive su La Civiltà Cattolica, la rivista dell’ordine, analizzando il sisma del Centro Italia e la situazione italiana.

Occhetta sottolinea le parole del presidente Renzi: «In Casa Italia immagino di inserire non solo i provvedimenti per l’adeguamento antisismico, ma anche gli investimenti che stiamo facendo e che continueremo a fare sulle scuole, sulle periferie, sul dissesto idrogeologico, sulle bonifiche e sui depuratori, sulle strade e sulle ferrovie, sulle dighe, sulle case popolari, sugli impianti sportivi e la banda larga, sull’efficientamento energetico, sulle manutenzioni, sui beni culturali e sui simboli della nostra comunità».

«Ma Casa Italia», sottolinea Occhetta, «potrà essere efficace solo se troverà collaborazione nelle parti sociali e garantirà ai cittadini trasparenza, completezza e aggiornamento nei dati e nei documenti».

«Chiuso il sipario dell’emergenza, che simbolicamente è rappresentata dall’apertura della scuola di Amatrice, le domande che rimangono sono di natura politica», conclude il gesuita. «Ricostruire perché? Non basta ed è retorico pensare di ricostruire semplicemente le case nel luogo in cui sono crollate. È urgente chiedersi: qual è il progetto politico su quei paesi e in quel territorio? Quali infrastrutture potenziare? Quale idea di sviluppo esiste per quelle vallate scarsamente abitate per investire in strade, acquedotti ecc.? È una ricostruzione che guarda indietro o in avanti? Coinvolgerà le popolazioni e le famiglie del luogo?».

Rispondere a queste domande sottolinea Occhetta, «significa dare a quei territori anche una ricostruzione spirituale che garantisca futuro, innovazione e un vero tessuto sociale. Tutto questo per elaborare in concreto, come Paese, il lutto nazionale: se lutto, dal latino lugere, significa piangere, che questo pianto generi una responsabilità condivisa per il futuro».

da La Civiltà Cattolica

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