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I gesuiti: la politica dei muri sulle migrazioni è un boomerang

Un'anticipazione dell'articolo “La gestione politica dell'immigrazione” a firma di Francesco Occhetta che sarà nel numero del quindicinale La Civiltà Cattolica. «La proposta di soluzioni non può riguardare soltanto le istituzioni ma deve coinvolgere anche la società, inclusa la Chiesa italiana con le sue associazioni e il volontariato. Perdere questa opportunità significherebbe indebolire la democrazia e i princìpi che la ispirano»

di Lorenzo Maria Alvaro

«Approfondire il fenomeno dell’immigrazione significa spingere l’analisi oltre la cronaca, perché di fronte agli esodi dei popoli cambiano non solamente le abitudini quotidiane, ma anche la storia e le culture. E in questi ultimi anni i popoli si stanno muovendo. Tra quest’anno e il prossimo, infatti, potrebbe arrivare un milione e mezzo di migranti sulle onde del Mediterraneo o attraverso i sentieri dei Balcani. Così, mentre i media bipolarizzano l’argomento, contrapponendo i sostenitori e i contrari all’accoglienza, gli studiosi di geopolitica ci pongono di fronte a due dati ormai indiscutibili: da una parte, la fuga di chi cerca scampo da guerre e miseria; dall’altra, la crisi demografica di un’Europa sterile di figli, che è circondata da popolazioni giovani e da Paesi in fermento. È per questo che il tema dell’accoglienza non investe solo una dimensione umanitaria e caritativa… …la dimensione politica del fenomeno immigratorio ci spinge a chiederci come gestire questi flussi per una convivenza pacifica».

Così inizia l'articolo “La gestione politica dell'immigrazione” a firma di Francesco Occhetta che sarà nel numero del quindicinale La Civiltà Cattolica.

Dopo aver proposto un quadro sui numeri della migrazione in Italia con i dati di Caritas/Migrantes e di Frontex Occhetta sottolinea che «Il prezzo della crisi che gli immigrati stanno pagando è molto alto, non solamente perché il reddito medio è circa la metà di quello di una famiglia italiana, ma soprattutto perché si sta riducendo la domanda per l’assunzione nelle fabbriche e nelle campagne. L’occupazione cresce soprattutto al Nord, nel settore edile e in quello dell’assistenza agli anziani. In breve, secondo il Rapporto Caritas-Migrantes 2015, gli immigrati occupano i settori delle “tre C”: caring, cleaning e catering (cura, pulizia e ristorazione). I sociologi li definiscono i nuovi “resilienti”, spesso disposti a fare di tutto. Il senso della comunità è l’antidoto alla loro solitudine: si riuniscono per gruppi negli angoli delle piazze o nei bar; in alcune città, come Roma, Milano e Torino, occupano interi quartieri».

Il fondamento delle politiche sull’immigrazione dell’Europa, più che essere di natura economica o giuridica, dovrebbe essere di natura antropologica

Anche le carceri sono un tasselo importante della questione. «Da un punto di vista antropologico, le carceri italiane sono diventate luoghi transnazionali, dove culture diverse, invece di incontrarsi, si scontrano. È la disperata immagine manzoniana dei quattro capponi che Renzo vuol regalare al dottor Azzeccagarbugli e che, ignari di essere affratellati da un comune destino, stremati e legati per i piedi e a testa in giù, trovano ancora la forza per beccarsi e farsi del male».

Di fronte a questo quadro la politica ha spesso risposto spesso in modo inadeguato. «Il drammatico naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, in cui morirono 366 persone, ha segnato un momento importante nella politica dell’immigrazione. L’Ue ha ridefinito la propria politica migratoria, istituendo un gruppo di lavoro denominato Task Force Mediterranean… …Tuttavia, nella gestione dei flussi migratori il Governo italiano è lasciato solo. Negli ultimi tre anni si è assistito a un tirarsi indietro di molti Stati membri, nonostante il 24 ottobre e il 20 novembre 2013 la Commissione europea abbia chiesto loro di creare una sinergia per affrontare “tutti insieme” la gestione dei flussi migratori. La proposta italiana di rafforzare il programma di controllo e di interventi ai confini esterni dell’Unione denominato Frontex non è però stata appoggiata politicamente. Di fronte all’incremento degli sbarchi e dei soccorsi ai barconi in difficoltà, il Governo italiano è intervenuto con l’operazione Mare nostrum. L’intervento ha salvato 110.000 persone, ma è durato solo un anno a causa degli ostacoli posti dai Paesi europei, che l’hanno considerata “un’azione di attrazione” dell’immigrazione». Il tira e molla sulla quesitone dei moigranti si è trascinata per anni fino al 18 marzo 2016 quando «la Ue ha stipulato un accordo con la Turchia per contenere i transiti via terra verso la rotta balcanica. L’accordo prevede che vengano erogati 3 miliardi e 600 milioni di euro per allestire i campi profughi. Si tratta di una scelta-tampone a livello politico, che si aggiunge alla mancanza di un piano europeo di rimpatrio da finanziare con fondi europei. Ci si chiede: può essere questa l’unica via politica?».

Sicurezza significa anche cura e gestione, e queste devono essere accompagnate dalla prevenzione e dalla consapevolezza di un modello certo di integrazione

La risposta ha tanto a che fare con il futuro. «Il tema dell’immigrazione pone al centro della riflessione politica numerosi fattori: la concezione di Stato moderno, una nuova idea di società, l’interdipendenza tra il Nord e il Sud del mondo e, soprattutto, il significato del fenomeno della migrazione: dimensione, quest’ultima, che la cultura italiana custodisce nella sua memoria», scrive Occhetta in conclusione. «Il fondamento delle politiche sull’immigrazione dell’Europa, più che essere di natura economica o giuridica, dovrebbe essere di natura antropologica. Che cosa significa limitare il diritto di circolazione delle persone? Su quali princìpi è possibile costruire l’Europa dei popoli? Rimane una trappola culturale, fomentata da alcune forze politiche e da molti media: associare il migrante a un possibile terrorista. Ma, d’altra parte, è necessario vigilare sull’infiltrazione dell’Isis. A tale scopo il ministero dell’Interno ha fondato una scuola di formazione degli imam, ha aperto un tavolo di dialogo con i musulmani moderati e sta monitorando le carceri, per prevenire le radicalizzazioni, mentre il Governo italiano sta adottando le linee della prevenzione degli Stati Uniti sul contrasto alla radicalizzazione, che coinvolge attivamente gli operatori del mondo del sociale, delle scuole e della sanità. Sicurezza significa anche cura e gestione, e queste devono essere accompagnate dalla prevenzione e dalla consapevolezza di un modello certo di integrazione. Anche la realizzazione dei centri di intrattenimento in ogni regione, che la Ue impone, vanno gestiti come scelte di sicurezza umane e temporanee.

La proposta di soluzioni politiche non può riguardare soltanto le istituzioni ma deve coinvolgere anche la società, inclusa la Chiesa italiana con le sue associazioni e il volontariato

La proposta di soluzioni politiche non può riguardare soltanto le istituzioni, ancora abbastanza lente a integrare gli immigrati nella scuola, nel mondo del lavoro, nei servizi ecc., ma deve coinvolgere anche la società, inclusa la Chiesa italiana con le sue associazioni e il volontariato. Perdere questa opportunità significherebbe indebolire la democrazia e i princìpi che la ispirano. I problemi sono indubbiamente ardui, ma un Paese come l’Italia, con il prezioso bagaglio di risorse civili, culturali e spirituali espresso nella sua Carta costituzionale, ha tutte le possibilità di vincere la sfida della tutela dei diritti, del rispetto dei doveri e della protezione della dignità degli immigrati. La politica è chiamata a costruire ponti e non a erigere muri o a strumentalizzare il tema».


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