Famiglia

I Garanti per l’Infanzia sono efficaci?

Nel mondo esistono 200 garanti dei diritti dell'infanzia, in 70 paesi. Uno studio Unicef li analizza per la prima volta. Un commento a caldo con Vincenzo Spadafora, che annuncia: «il Garante italiano ha trovato sede. Sarà Villa Borghese»

di Sara De Carli

Nel mondo esistono 200 garanti per l’infanzia. Il primo è stato l'ombudsman della Norvegia (1981), l'ultimo nato il Garante italiano (2011). Magari il nome non è lo stesso ovunque, ma si tratta comunque di autorità indipendenti per tutela re e promuovere i diritti dei bambini. Per la prima volta al mondo uno studio internazionale, realizzato dal Centro di Ricerca UNICEF di Firenze, li ha analizzati. Lo studio è stato presentato venerdì a Firenze. Al Garante italiano, Vincenzo Spadafora, abbiamo chiesto qualche commento.

Lo studio non fa solo una descrizione dei 200 garanti esistenti al mondo, ma anche un’analisi della loro efficacia. Studio alla mano, servono i garanti?
Ovviamente io sono sempre stato convinto della necessità di questa figura. E non ero il solo. In Italia l’approvazione della legge istitutiva dell’Autorità Garante è stata il risultato di una importantissima battaglia collettiva. Ci siamo arrivati con più di 20 anni di ritardo. Lo studio mette in luce l’enorme diffusione delle Istituzioni per la Garanzia dell’Infanzia e dell’Adolescenza a partire dall’entrata in vigore della Convenzione di New York del 1989. Traspare molto chiaramente come non esista una formula unica per il funzionamento delle Autorità di Garanzia. Ogni Paese, ogni organizzazione sociale, deve trovare la sua modalità. In generale si può dire che l’efficacia dell’Autorità si può misurare sia in proporzione all’operato dell’istituzione che in proporzione al sostengo che essa riceve della società e dalle altre istituzioni pubbliche.

Ma sono efficaci? A che condizioni?
Le caratteristiche di un’Autorità sono indipendenza, autonomia (finanziaria e di gestione delle risorse umane), ma anche libero accesso ad informazioni e dati. Da un punto di vista metodologico, si caratterizza per la capacità di creare ponti, esercitando quello che nel rapporto viene definito il “soft power”, cioè facilitare processi, aggregare, creare consenso e influenzare il legislatore o il potere politico. In mancanza di queste caratteristiche la funzione del Garante diverrebbe una propaggine inutile di una struttura amministrativa o un dispensatore di “buoni consigli” che nessuno ascolta. La nostra legge risponde a tutti i requisiti.

In tempi di crisi, si legge nella prefazione, «tutti questi piccoli uffici sono oggetti di taglio e devono dimostrare la loro efficacia». È così anche in Italia? Dopo la beffa della cancellazione (poi rientrata) di un organismo appena nato e il ritardo con cui vi sono stati dati i fondi, ci sono stati altri tentativi di “attacco”?
Confermo che i primi mesi dalla mia nomina, avvenuta a fine novembre 2011, sono stati molto complessi. Solo ad ottobre 2012, quindi a 10 mesi di distanza, abbiamo ricevuto l’approvazione del nostro Regolamento da parte della Presidenza del Consiglio prima, e la certificazione da parte della Corte dei Conti poi. Ora guardiamo al futuro. Confidiamo che il nuovo Parlamento saprà guardare all’infanzia ed all’adolescenza con l’attenzione che queste meritano. Noi siamo nelle condizioni di operare e dare il nostro contributo.

Quali azioni concrete avete realizzato in questo tempo di funzionamento?
Qualche giorno fa stavamo facendo un semplice elenco delle cose che siamo riusciti a portare a termine dall’inizio del nostro lavoro. Non sono poche, se consideriamo la limitatezza delle risorse umane in un ufficio ancora in costruzione e l’impossibilità di accedere alle nostre risorse. Intanto, crediamo di aver trovato una sede che potrebbe diventare quella definitiva dell’Autorità Garante. È a Villa Borghese, a Roma, vicino a molti altri posti che la città ha dedicato all’infanzia. Avere un ufficio è il primo passo per renderci accessibili. Stiamo poi concludendo il lavoro sul sito dell’Autorità. Insomma stiamo operativamente creando il “profilo” che in Italia avrà l’Autorità di Garanzia. Se consideriamo che siamo l’unica Autorità nazionale di Garanzia dei diritti in Italia, capirete bene che non c’è nulla di scontato o sperimentato.
Siamo poi riusciti ad avviare un intenso lavoro di rete. L’Autorità è stata istituita in un periodo molto difficile per il nostro Paese. Oltre all’arretramento economico e culturale, si è progressivamente lasciata l’infanzia e l’adolescenza senza punti di riferimento, abbandonando una generazione ed impedendole di prepararsi a competere con i giovani degli altri Paesi. Non parlo solo dell’emergenza dei bambini che vivono in situazione di povertà, ma di tutti i nostri ragazzi e le nostre ragazze. A questo noi abbiamo reagito avviando alleanze culturali, a partire dai media nazionali, e cercando allo stesso tempo di intervenire su problematiche specifiche insieme a quelle istituzioni che hanno deciso di mettersi in gioco, come la Polizia di Stato con la quale stiamo collaborando, ad esempio, per trovare soluzioni per un migliore approccio ai bambini migranti che arrivano in Italia. Siamo anche intervenuti in casi di emergenza, ma sono convinto che il nostro lavoro non possa limitarsi a questo. Noi dobbiamo contribuire a rendere l’Italia un Paese attento ai bisogni ed alle aspettative di tutti i suoi cittadini e le sue cittadine, al di là della loro età e possiamo farlo cercando di far ascoltare la voce di bambini.

Tra le condizioni di efficacia il rapporto dà ampio rilievo alla diretta partecipazione/accesso da parte dei minori. Come siamo messi in Italia su questo punto?
Viviamo in una società totalmente “adulto centrica” e non solo perché, come sostengono in molti, i bambini non votano. Tutti si professano sostenitori attenti e sensibili dell’infanzia, ma in realtà è un mondo che non gode ancora di una rappresentanza degna del valore che meriterebbe. Concediamo a bambini ed adolescenti la condivisione della nostre vite di adulti in qualità di figli, nipoti, fratelli, alunni, conoscenti; amiamo proteggerli, guidarli, consigliarli ed educarli. Di rado però accettiamo il loro punto di vista come un insegnamento che possa farci fare un passo indietro rispetto alle nostre convinzioni di esperti e maestri di vita vissuta. Il mondo degli adulti, in generale, stenta a riconoscere il valore dell’ascolto del minore, della sua partecipazione alle decisioni che lo riguardano e del ruolo che in generale potrebbe svolgere nella società se riuscisse ad esprimersi liberamente.
Anche per i Garanti quello dell’ascolto e della partecipazione delle persone di minore età è una delle sfide maggiori. La maggior parte delle segnalazioni e delle comunicazioni che arrivano ai Garanti vengono dagli adulti o dalle associazioni. In parte perché non comunichiamo abbastanza e con un linguaggio “accessibile” ai bambini ed adolescenti della nostra esistenza, in parte perché pensiamo che siano i bambini a doverci raggiungere e difficilmente siamo noi Garanti e muoverci verso di loro.  Più in generale, sulla situazione in Italia, non posso che evidenziare che ci sono sulla carta modalità di partecipazione (pensiamo ai consigli e alle consulte locali per gli studenti), ma le forme della partecipazione sono le “nostre” e non tutti i giovani ci si riconoscono. Dobbiamo fare noi un passo e imparare a leggere e dare dignità alle forme di partecipazione che arrivano dai ragazzi e dalle ragazze del nostro Paese, anche per superare la loro iniziale diffidenza e sfiducia nei confronti di un mondo adulto che sempre meno pensa al loro futuro. Su questo l’Autorità Garante sta lavorando con molta attenzione, perché, come sottolinea il rapporto, la questione dell’ascolto è una cosa seria, non si può bleffare o prendere con superficialità. Un ragazzo che si rivolge a noi e non viene ascoltare è tradito due volte.
 


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