Cultura
I fondi vanno giù. Ma gli etici vanno contromano
Tra giugno 2003 e giugno 2004 la crescita di asset e prodotti è stata molto sensibile.
Italia maglia nera, Italia Cenerentola, Italia ultima della classe in Europa, alle prese con il solito provincialismo, l?irrinunciabile strizzatina d?occhio del gestore al risparmiatore, sintomo più di furbizia che di professionalità, la cronica incapacità di pianificare una seria strategia di crescita e rispettarla. Quante volte il socially responsible investing di casa nostra è stato descritto in questi termini? Tante, tantissime, decisamente troppe. A volte a ragione. Nella maggior parte dei casi a torto. Comunque così. Ma stavolta questa vecchia e consunta immagine potrebbe andare definitivamente in soffitta perché a confutarla su tutti i fronti arrivano i dati dell?ultima rilevazione di Avanzi Sri Research, che ha analizzato lo stato di salute dei fondi di investimento socialmente responsabili in Europa.
Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Polonia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito: questi i Paesi messi sotto la lente, da giugno 2003 a giugno 2004, dall?agenzia di rating milanese. I mercati finanziari, cioè, più evoluti del Vecchio continente e l?Italia, superando anche le più rosee previsioni, si piazza al secondo posto, dopo l?irrangiungibile Regno Unito, da sempre leader indiscusso del settore.
In controtendenza
Con 24 fondi, di cui uno al vertice delle preferenze dei risparmiatori europei e altri due tra i top ten (ottava e nona posizione), oltre due miliardi di euro di asset gestiti (un incremento superiore al 100% rispetto al 2003), un recupero di cinque posizioni in un solo anno, l?industria italiana dell?sri compie un balzo in avanti straordinario. Numeri che acquistano ancor più rilevanza se si tiene conto del fatto che nei primi sette mesi del 2004 sono stati riscattati ben sette miliardi di euro dai fondi ?tradizionali?, segno che i fondi comuni di investimento stanno vivendo più che una congiuntura sfavorevole, una vera e propria crisi di identità.
Certo, colpisce il dato negativo che riguarda l??altra faccia? della sri, la circostanza cioè che non ci siano titoli di imprese italiane tra i primi 20 preferiti dai fondi europei; suscita perplessità l?assenza di un fondo italiano tra i primi 10 top performer; ma alimenta anche buone speranze la consapevolezza che con un mercato dei fondi pensione più attivo la musica potrebbe presto cambiare.
Che dire quindi? Che siamo forse alla tanto a lungo auspicata svolta? Che anche l?Italia si candida ad essere patria dell?sri?
«Siamo senza dubbio in presenza di alcune novità importanti», risponde Federico Versace, amministratore delegato di Avanzi Sri Research, «non credo tuttavia che si possa già parlare di risultati eccezionali, preferisco rimanere prudente circa l?evoluzione degli scenari futuri. Non posso però non riconoscere che certi exploit sottintendono una domanda diffusa di consapevolezza da parte dei risparmiatori circa la destinazione dei propri soldi. E questo vuol dire che sta crescendo la cultura dell?investimento socialmente responsabile».
Il ruolo dei gestori
Ma quanto hanno contato, in proposito, scandali come quelli di Parmalat e Cirio? «Sicuramente hanno avuto il loro peso», sottolinea Versace, «ma devo anche aggiungere che, proprio per questo, si sarebbero potuti registrare risultati ancor più brillanti se l?industria del risparmio gestito non avesse mostrato in questi ultimi mesi i suoi limiti principali. Si tratta di un?industria matura, nella quale è in corso una profonda ristrutturazione e ciò pesa anche sull?offerta di fondi di investimento etici che sono un prodotto molto particolare, che i gestori non conoscono a fondo e che, peraltro, non sempre trovano conveniente collocare. Basti pensare alle commissioni praticate, vantaggiose per i risparmiatori, ma evidentemente penalizzanti per i gestori». Cosa aspettarsi allora dopo questo exploit?
«Un vero salto di qualità è possibile», conclude Versace, «ma dipende proprio dai gestori. Il popolo dei risparmiatori, spiace dirlo, ma in molti casi è un popolo bue che agisce così come gli viene consigliato di fare. C?è bisogno, quindi, di professionisti non improvvisati, capaci di spiegare ai risparmiatori che sottoscrivendo un fondo etico si ha non solo un rendimento ma anche una possibilità concreta di cambiare in qualche modo, il mondo. In meglio».
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.