Non profit

I fondi delle raccolte. Soldi buoni, in banca

Come investono le associazioni Un tempo spopolavano i titoli di stato. Ora ci si fida degli istituti di credito. I commenti di Vitale e Passini

di Francesco Maggio

A occhio e croce fanno 100 miliardi di vecchie lire. Circa 50 milioni di euro. Non una somma esorbitante, sia ben chiaro. Ma comunque già abbastanza rilevante per porre qualche domanda, (apparentemente) semplice semplice, ad alcune grandi organizzazioni non profit. Che nel complesso, seppur a vario titolo, detengono un simile importo in giacenza (anche per mesi o anni) in attesa di utilizzarlo finalizzando i loro progetti di solidarietà.
Come investite questi soldi?, abbiamo chiesto loro. Alla Lega del filo d?oro, all?Aibi, a Telethon, all?Airc-Associazione italiana ricerca sul cancro, all?Associazione 30 ore per la vita. Come fate fruttare questo capitale? La finanza etica rientra tra le opzioni che prendete in considerazione? Il mondo della finanza che ha già dato vita a prodotti finanziari eticamente orientati, che cosa vi suggerisce? Quali prodotti vi propone? Lo sentite alleato in questa partita?
Diciamolo subito: il quadro che emerge non è dei più dinamici. Se non ci fosse stato negli ultimi anni un generalizzato calo dei rendimenti dei titoli di Stato e dei tassi di interesse bancari, tutto (o quasi) sarebbe ancora immobilizzato in bot e conti correnti. Ma le ragioni di tale ?parcheggio? sono molteplici e plausibili.

Il socially investing è debole
Ciò che, tranne rare eccezioni, latita è però la consapevolezza, da parte di chi fa socially responsible investing, che su questo fronte sta alimentandosi una domanda di tutto rispetto. Basterebbe cominciare a intercettarla con prodotti ad hoc (altro che stare sempre lì a lagnarsi, come fanno tanti gestori, del fatto che i fondi pensione non partono e che le fondazioni di origine bancaria sono ancora poco sensibili al fenomeno dell?sri). E le soddisfazioni non mancherebbero di certo. E invece? «Si tratta di un problema che noi abbiamo avvertito già da tempo» esordisce Angelo Maramai, direttore amministrativo di Telethon che, nell?ultima maratona, ha raccolto oltre 20 milioni di euro. «I nostri progetti prevedono in taluni casi una durata per la loro realizzazione anche di 3 o addirittura 5 anni e questo pone inevitabilmente il problema di come far fruttare al meglio i capitali immobilizzati allo scopo». «Fintanto che i titoli di Stato garantivano tassi di interesse significativi», aggiunge, «è chiaro che la nostra prima scelta era rappresentata dai bot. Ma quando i tassi hanno cominciato a scendere, ci siamo interrogati a fondo su come diversificare gli investimenti, ne abbiamo parlato con la Bnl, nostro partner storico nelle maratone televisive e, di comune accordo, abbiamo deciso di dar vita a un apposito fondo di investimento socially responsible, il Bnl per Telethon. Un fondo con un comitato etico che esercita pienamente i suoi poteri e nel quale crediamo molto avendoci investito 10 milioni di euro».
Non molto diversa la situazione della Lega del filo d?oro alle prese con l?esigenza di capitalizzare per periodi medio-lunghi i fondi raccolti per la realizzazione di progetti particolarmente impegnativi. Come nel caso del nuovo centro socio-sanitario residenziale di Lesmo, vicino a Milano: «Da anni ci affidiamo alla Cassa di risparmio di Verona», dichiara Rossano Bartoli, segretario generale dell?associazione di Osimo a favore dei sordo-ciechi, «e attualmente la nostra liquidità si aggira sui 10 milioni di euro che investiamo prevalentemente in pronti contro termine avendo l?esigenza di ricorrere a strumenti facilmente liquidabili. Fino a non molto tempo fa privilegiavamo soprattutto i titoli di Stato. Con il calo dei tassi abbiamo cominciato a guardarci intorno e l?ipotesi di investire in prodotti socially responsible ci affascina. Ne abbiamo parlato con la Banca popolare etica e siamo in attesa che ci propongano prodotti interessanti».

Aspettando prodotti etici
Anche l?Aibi-Amici dei bambini (5 milioni di euro di entrate all?anno), viste le alte esigenze di liquidità che caratterizzano il settore delle adozioni a distanza, investe molto in pronti contro termine. Circa il 40% dei suoi fondi. Il 30% va poi alle gestioni patrimoniali, il 20% in obbligazioni dei Paesi nei quali hanno in corso progetti di cooperazione e solo il 10% in titoli di Stato. «Le risorse immobilizzate riguardano prevalentemente i fondi di copertura previdenziale che accantoniamo per i volontari espatriati, alcune centinaia di migliaia di euro», spiega Marco Griffini, presidente dell?associazione. «La gestione è affidata a tre banche con le quali abbiamo rapporti di lunga data: Cariplo, Sanpaolo e Banca Intesa. Ma nessuna linea di investimento è di tipo etico, anzi in alcuni casi ci sono state sconsigliate».
Chi invece non ha di questi problemi è l?Associazione 30 ore per la vita «semplicemente perché non realizziamo progetti in proprio ma sosteniamo la realizzazione di progetti di terzi e apriamo a loro favore conti corrente bancari su cui far transitare i soldi», sottolinea Alessandro Botti, presidente dell?omonimo comitato, «ma non c?è dubbio che la questione di una gestione socialmente responsabile dei fondi raccolti è più che mai aperta».
Opinione condivisa da Sergio Salomoni, segretario generale dell?Airc: «Mentre l?associazione ha dei flussi di errogazione annui piuttosto costanti, di circa 35 milioni di euro che, evidentemente, immobilizziamo a breve, diverso è il caso della Fondazione ricerca sul cancro che ha un patrimonio di quasi 50 milioni. Di questo, il 35% è investito in fondi azionari, il resto in obbligazioni a mediolungo termine. Abbiamo pensato all?ipotesi di ricorrere a investimenti socially responsible, ma finora nessun gestore di fondi si è fatto vivo».

Vitale: tocca a Banca etica
I bot hanno a lungo penalizzato l?investimento socialmente responsabile da parte delle organizzazioni non profit. «Oggi però è in corso un?inversione di tendenza», afferma convinto un economista di vaglia come il professor Marco Vitale.
Professore, perché tuttavia ancora tanta timidezza da parte del non profit a investire eticamente?
La questione va affrontata da un duplice punto di vista. Quello della domanda e quello dell?offerta. Dal primo lato, non c?è dubbio che si tratta di una esigenza recente, conseguente al calo di appeal dell?investimento in titoli pubblici. Quindi la riflessione su come diversificare gli impieghi è appena al via.
Per quanto riguarda, invece, l?offerta, qui i ritardi sono dei gestori di fondi socially responsible che del Terzo settore sanno ancora poco o nulla. Per questo la realtà forse più adatta a dialogare con il non profit è la Banca popolare etica che, insieme con la Banca popolare di Milano, darà presto vita a una società di gestione del risparmio il cui scopo sarà proprio quello di intercettare una simile domanda.
Ma quanto tempo ci vorrà?
Per la sgr in questione ormai pochi mesi. Più in generale, invece, credo che ci vorrà ancora un bel po? prima che il socially responsible investing e il non profit si incontrino.

Passini: presto un fondo doc
La Banca popolare etica è nata con una mission ben precisa, quella di essere la banca del Terzo settore. E oggi che da parte del non profit proviene non solo una domanda di credito ma anche di investimento socialmente responsabile, stiamo realizzando una struttura, una sgr in partnership con la Bpm, che si riveli all?altezza anche di questo impegnativo compito». Matteo Passini, direttore generale della Banca, spiega come intende affrontare questa nuova sfida.
Passini, che prodotti ?confezionerà? la sgr e che tempi occorreranno?
E’ occorso tempo per analizzare il mercato dei fondi socially responsible. E, francamente, ci sono molti prodotti che non ci convincono. Per questo ci siamo presi del tempo per studiare l?ipotesi di dar vita a un fondo di investimento della cosiddetta quarta generazione, che investa, cioè, secondo criteri non solo negativi e positivi, ma abbia anche un ?marchio? di eticità da una delle più autorevoli agenzie di rating etico.
E crede che il non profit apprezzerà questo prodotto?
Ne sono decisamente convinto. Le organizzazioni non profit sanno bene che la trasparenza, oggi più che mai, è un fattore strategico di successo. E noi metteremo loro a disposizione un prodotto davvero di qualità. Oltre che conveniente, naturalmente.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.