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I fiori del male venduti in Europa sulla pelle delle operaie colombiane

Lo sfruttamento degli operai nelle aziende floreali in Colombia, dove sono costretti a lavorare anche 16 ore al giorno, sotto un controllo strettissimo. La Colombia è il secondo maggior esportatore di fiori recisi, il 65% degli operai sono donne

di Ottavia Spaggiari

Sarebbero “fiori del male” molti dei bouquet che verranno regalati sabato, in Europa, nel giorno di San Valentino, stando almeno alle condizioni di lavoro a cui sono costretti molti degli operai impegnati nella catena produttiva in Colombia, secondo esportatore al mondo di fiori recisi. A denunciare la mancanza di diritti dei lavoratori nell’industria floreale colombiana alla vigilia del giorno di picco annuale della domanda, è il Guardian, con un’intervista a Ricardo Zamudio, presidente di Cactus Corporation, l’organizzazione che porta avanti una campagna per tutelare i diritti dei lavoratori. La Colombia ha aumentato le esportazioni del 4.4% tra il 2013 e il 2014, purtroppo però pare che alla crescita di lavoro non sia corrisposta un’adeguata crescita dei diritti per gli addetti ai lavori.

 “Siamo molto preoccupati per le condizioni di chi rende possibile questo aumento di produttività”, spiega al Guardian, Ricardo Zamudio, presidente di Cactus. “Questi lavoratori ricevono la paga minima di 644 peso al mese (236 euro), che copre solo il 40% delle spese mensili medie”.  Zamudio ha inoltre sottolineato le preoccupazioni relative alla salute, molti operai infatti sono costretti a lavorare doppi turni, nei periodi più intensi come questo. Secondo i dati raccolti da Cactus, oltre a tendiniti, tunnel carpale e altre malattie, dovute ai movimenti ripetitivi a cui sono costretti, per moltissime ore al giorno, gli operai, nelle fabbriche dove vengono confezionati i bouquet, è facile essere anche sottoposti a sostanze tossiche, emanate durante la fumigazione.

Particolarmente colpite dai bassi livelli di sicurezza nelle fabbriche, le donne che rappresentano il 65% degli addetti ai lavori nell’industria floreale colombiana. “Spesso le operaie lavorano più di 16 ore al giorno, sotto un monitoraggio molto severo per mantenere alta la produttività, il che non solo significa che non possono fermarsi a riposare, ma che devono lavorare ad una velocità incredibile”, spiega Thomas Mortensen, dell’ONG, Christian Aid. I produttori di fiori colombiani, però affermano che in realtà, sono stati fatti diversi passi avanti per la tutela dei lavoratori. L’Associazione degli Esportatori di Fiori Colombiani ha sviluppato un sistema di certificazione , che dovrebbe garantire il rispetto di specifiche norme di sicurezza, sanità e sostenibilità ambientale da parte dei produttori e che ha introdotto criteri tratti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Il problema però è che la domanda di fiori “certificati” rimane ancora bassa, solo 52 produttori hanno aderito al sistema di certificazione.

L’industria floreale nel Paese, impiega oltre 130 mila persone, una risorsa che, secondo Lydia Lopez Gonzalez, operaia di un’azienda di Facatativà, però non viene sfruttata a favore dei colombiani: “Non ci sono altre alternative di lavoro, ma non è lavoro equo, quello che offrono queste aziende.” Afferma Gonzalez. “Con i profitti che fanno potrebbero offrirci condizioni economiche e lavorative molto migliori, con un salario dignitoso e un lavoro giusto”.

 


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