Non profit
I falsi invalidi? Lavoro per magistrati
L'inchiesta di Cosenza dimostra l'indispensabilità dei mezzi giudiziari
Stanare le irregolarità sugli invalidi civili è un lavoro da burocrati o da magistrati? Il caso dei tredici medici arrestati a Cosenza nell’operazione «Ippocrate» fa propendere per la seconda ipotesi. Le indagini della procura del capoluogo calabrese hanno svelato un sistema di false certificazioni: tra visite per il rinnovo della patente mai effettuate, medici assenteisti e anomale commissioni per certificare le invalidità. «Falso ideologico in atto pubblico» è l’accusa per i funzionari, medici e impiegati del distretto di Rende formulata dal procuratore capo Dario Granieri e dai sostituto Giuseppe Cozzolino e Antonio Tridico.
Coinvolti anche esponenti politici. Come il consigliere regionale, già sindaco di Rende, Rosario Mirabelli, esponente dell’Api, Alleanza per l’Italia. Indagato, per la sua attività di medico, nel filone delle indagini sulle visite fantasma per i rinnovi delle patenti di guida. Non c’era un vero e proprio “voto di scambio”, ma uno “scambio” informale. Con conversazioni che potevano iniziare con «Ti serve il rinnovo della patente?» e concludersi con il promemoria: «A proposito, tra qualche giorno ci sono le elezioni…».
Poi ci sono gli assenteisti. Uno o due, tra medici e funzionari, timbravano per trenta o quaranta colleghi. Tra questi il sindaco del paese di San Fili, Ottorino Zuccarelli (Pd), Pietro Filippo, sempre del Pd, e l’ex coordinatore provinciale del Pdl, Sergio Bartoletti. Non si può ancora parlare, invece, di veri e propri falsi invalidi, precisano dalla procura di Cosenza. L’inchiesta ha svelato piuttosto le modalità irregolari con cui si riunivano le commissioni per la certificazione dell’invalidità civile: c’erano sempre meno componenti del necessario. Alle volte la visita veniva fatta addirittura da un solo medico, quando invece sono necessari diversi specialisti, dal medico del lavoro all’operatore sociale.
Da settembre si indagherà sulle vere e proprie false invalidità. Un compito troppo gravoso per l’Inps, che ha una sola struttura provinciale per vigilare su tutti i distretti dell’azienda Sanitaria. E gli indagati avevano trovato il modo per aggirare i controlli della previdenza: i funzionari sapevano che le verifiche scattano a campione, di solito sulle invalidità con percentuali alte. La soluzione era semplice: sono state ascoltate conversazioni in cui il medico propone una percentuale di invalidità “moderata”, per non suscitare l’attenzione delgi ispettori. Cose come «Facciamo 80 invece che 90…». Una percentuale che fosse comunque sufficiente a garantire una buona posizione in graduatorie pubbliche.
Intercettazioni, cimici, telecamere nascoste. Sono i mezzi usati per scoprire le irregolarità, mezzi di certo non a disposizione dell’Istituto nazionale di previdenza sociale. Per evitare casi come quello di Rende, più che aumentare i controlli burocratici forse sono utili altre scelte. Far uscire la politica dalle aziende sanitarie locali, come mostrano i casi emersi dalle indagini della procura di Cosenza, potrebbe essere un primo passo.
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