Sostenibilità

I due gradi che bruciano la Terra

Se si supera questo limite nel rialzo delle temperature, si passa la soglia del non ritorno. (a cura di Gianfranco Bologna e Mariagrazia Midulla)

di Redazione

Mentre il clima sta cambiando, la politica è ferma. Questa è la drammatica realtà che il mondo deve affrontare. I mutamenti climatici sembravano ancora una prospettiva lontana quando, nel 1988, le Nazioni Unite diedero vita all?Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), un panel internazionale dei migliori scienziati del clima del mondo e di funzionari ed esperti delle varie nazioni costituito con lo scopo di indagare a fondo la situazione, di capire quali potessero essere gli andamenti futuri e di prevedere le proposte
di reazione da prendere.
Già a metà degli anni 90, con il secondo rapporto dell?Ipcc, i governi avevano
dovuto accettare quello che la comunità scientifica stava individuando. Ha dovuto ammettere che gran parte della responsabilità del fenomeno ricadeva sulle attività umane che producono inquinamento immettendo nell?atmosfera i cosiddetti gas serra, vale a dire le sostanze che aumentano in modo innaturale
l?effetto serra naturale, prima tra tutte l?anidride carbonica.
E questa già era stata una vittoria storica degli ambientalisti, sino allora considerati alla stregua di Cassandre visionarie. Ma nemmeno gli stessi ambientalisti (che denunciano i pericoli e i danni perché vi si ponga rimedio, ma si augurano sempre di sbagliarsi) prevedevano che la tendenza avrebbe subito un?accelerazione tanto evidente in pochi anni. E poi gli effetti sono cominciati a essere visibili, e percepiti. Ghiacciai che si sciolgono, estati con temperature record in tutto il mondo, alluvioni e siccità, uragani violenti
sempre più frequenti.

Mai più come prima
Quella del 2003 è stata forse l?estate più torrida degli ultimi secoli. Ma non è
questione di soffrire il caldo per un certo periodo, e nemmeno di vedere aumentare in modo esponenziale le morti (migliaia di anziani e persone deboli non hanno retto all?innaturale aumento delle temperature).
Se i mutamenti climatici andranno avanti, il mondo non sarà mai più come lo conosciamo ora, gli sconvolgimenti saranno enormi dal punto di vista biologico,
fisico, politico. E non si sa come reagiranno migliaia di specie vegetali e animali (non dimentichiamo che tra queste
c?è anche quella umana). Alcune si adatteranno, molte soccomberanno. E tornare
indietro sarà impossibile.
Certo il clima nella lunghissima storia della Terra è mutato sempre e in alcune
situazioni in maniera veramente drammatica, con modifiche profonde della composizione chimica dell?atmosfera. Ma quello che ci preoccupa oggi è
che, per la prima volta nella storia della vita sulla Terra, una solo specie sta modificando il proprio ambiente di vita come non è mai accaduto in precedenza. Gli scienziati dei più autorevoli programmi di ricerca internazionali sui cambiamenti globali (Global Change Programme, Human Dimensions of Global Change Programme, World Climate Research Programme e Diversitas Programme sulla biodiversità) nella Dichiarazione di Amsterdam del 2001, scaturita dalla grande conferenza scientifica Challenges of a Changing Earth, affermano che le attività antropiche hanno la capacità potenziale di spostare il Sistema Terra verso stati che possono dimostrarsi irreversibili e non adatti a supportare la vita umana e quella delle altre specie viventi e che il ritmo sempre più accelerato dei cambiamenti imposti dalle attività antropiche
all?ambiente planetario non è oggi più sostenibile.
Già oggi gli scienziati parlano di rallentare e fermare i mutamenti climatici,
non certo di tornare al punto di partenza: ma per ottenere un tale risultato dobbiamo tagliare l?inquinamento del 60-80%, cioè rivoluzionare il sistema attraverso il quale ci procuriamo l?energia che manda avanti le nostre attività, ora basato sui combustibili fossili, dal carbone al petrolio.
Se non faremo nulla, avvertono gli scienziati, e se quindi la temperatura
continuerà a crescere superando un aumento di 2 gradi, il clima potrebbe alterarsi in maniera irreversibile.
Per attuare la vera e propria rivoluzione di cui il mondo ha bisogno, dunque,
la parola passa dalla scienza alla politica e all?economia. E, ancora una volta, l?Italia è il terreno della sfida. Dall?1 al 12 dicembre, proprio in Italia, a Milano, i rappresentanti di ben 188 Stati si riuniranno per la nona Conferenza delle parti degli Stati membri della Convenzione sui mutamenti climatici (COP9).

Il fantasma di Kyoto
Un vero e proprio Summit, insomma: 10 mila le persone che si prevede affluiranno
nel capoluogo lombardo, e tra di loro molte associazioni ambientaliste, WWF in testa. L?Italia sarà dunque protagonista nell?avvio di azioni concrete per rallentare il fenomeno che ci preoccupa tutti? No, lo scenario che abbiamo di fronte mentre scriviamo non autorizza la speranza che Milano segni l?inizio della strategia dei fatti, dopo le tante parole e i tanti proclami della politica.
Prima di tutto, a ben 11 anni dalla solenne sigla della Convenzione sui mutamenti climatici (avvenne a Rio de Janeiro, nel corso dello storico vertice mondiale su Ambiente e sviluppo), lo strumento che doveva avviare politiche di riduzione delle emissioni dei gas che inquinano e aumento dell?effetto serra, vale a dire il Protocollo di Kyoto, varato nel 1997, non è ancora entrato in vigore.
Eppure è stato ratificato da ben 119 Paesi (più del doppio dei 55 richiesti) tra
i quali spiccano l?Unione europea e il Giappone. Ma una clausola del protocollo
impone che per entrare in vigore il trattato debba rappresentare Paesi che
provocano almeno il 55% delle emissioni di anidride carbonica (CO2) e per ora
siamo al 44,2%, visto che il più grande inquinatore mondiale, gli Stati Uniti
(36,1% delle emissioni di CO2 nel 1990) ha deciso di non ratificarlo. Perché il protocollo diventi un obbligo internazionale, basterebbe che fosse ratificato dalla Russia, con il suo 17,4 %(sempre nel 1990) delle emissioni inquinanti. E qui entra in gioco un complicatissimo balletto diplomatico che, nonostante le promesse, sta ritardando oltre ogni misura la ratifica russa e si interseca con questioni politiche interne del Paese (proprio il 7 dicembre 2003, in piena COP9, si svolgeranno le elezioni del parlamento federale, la Duma, e il 10 dicembre inizierà la campagna per arrivare a marzo all?elezione del presidente della Federazione Russa, ruolo attualmente ricoperto da Vladimir Putin).
Intanto, le emissioni di anidride carbonica continuano ad aumentare (+13% rispetto al 1990) . Gli occhi del mondo sono puntati su Milano, ma saprà
l?Europa, e l?Italia in quanto presidente di turno della Ue, garantire un
ruolo di leadership e imporre ai governi di affrontare in fretta, e fuori dai piccoli interessi di parte, i grandi rischi che corre il Pianeta? Per ora i ministri dell?ambiente hanno convocato in fretta e furia una riunione straordinaria a Bruxelles l?8 dicembre, in piena COP9 e subito prima del cosiddetto ?segmento ministeriale? del summit, cioè i giorni nei quali saranno
presenti i responsabili politici dell?ambiente di tutto il mondo. Questa può essere una buona o una cattiva notizia, il segno che l?Europa è ancora molto
divisa o che si vuole davvero dare qualche indicazione di azione forte. Il mondo
spera nel coraggio della politica.

14 ANNI DI DOCUMENTI
1988 fu l?anno in cui le Nazioni Unite diedero vita all?Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change), un panel internazionale dei migliori scienziati del clima del mondo e di esperti delle varie nazioni. Lo scopo: indagare i mutamenti climatici di cui si cominciava ad avvertire la portata e capire quali potessero essere gli sviluppi futuri.
1992 a Rio de Janeiro venne solennemente siglata la Convenzione sui mutamenti climatici, nel corso dello storico vertice mondiale su ambiente e sviluppo. Siglata da 160 Paesi, la convenzione rappresenta una tappa fondamentale nel cammino per ridurre le emissioni di gas serra, poiché mise per la prima volta i Paesi industrializzati davanti alla necessità di cambiare i
propri comportamenti.
2002 dal 23 ottobre al 1° novembre si svolse a Nuova Delhi il COP8, vale a dire la conferenza sul clima precedente a quella di Milano. La conferenza si è conclusa con la dichiarazione di Delhi, che ha richiesto a tutti i paesi di ratificare Kyoto.

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