Welfare
I dubbi di Amnesty sull’operazione Mare nostrum
L'organizzazione umanitaria rileva luci e ombre nella nuova iniziativa governativa volta a fermare le tragedie dei migranti nel Mar Mediterraneo
di Redazione

Il 14 ottobre 2013 il governo italiano ha dato il via, in un vertice di governo, all'operazione Mare Nostrum, definita "militare e umanitaria" e dichiaratamente mirata al rafforzamento dell'attività di sorveglianza e soccorso nel mar Mediterraneo. Gli obiettivi e le caratteristiche principali dell'operazione sono stati illustrati in una conferenza stampa dal vice presidente del Consiglio e ministro dell'Interno Angelino Alfano e dal ministro della Difesa Mario Mauro, assieme al capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli e al comandante delle Capitanerie di porto, ammiraglio ispettore capo Felicio Angrisano.
"L'annuncio dell'avvio di Mare nostrum da parte del governo italiano solleva subito commenti e domande", dichiara Amnesty International Italia. "In particolare, nella descrizione delle operazioni da parte del vice presidente del Consiglio Alfano e di altri esponenti istituzionali si è fatta menzione di due distinte funzioni: il controllo delle frontiere, con riferimento esplicito all'effetto di deterrenza e il soccorso in mare: è positivo che le autorità italiane si stiano dando in modo chiaro l'obiettivo di rafforzare il soccorso in mare, anche attraverso un più accurato monitoraggio dello spazio interessato".
Alla luce del fatto che è necessario improntare ogni azione governativa al rispetto del diritto internazionale dei diritti umani, Amnesty International Italia ritiene fondamentale "sapere come l'aspetto del soccorso in mare sarà conciliato con quello del controllo delle frontiere: soprattutto, occorrono maggiori dettagli sulle "regole del gioco, ossia di cosa fare nelle diverse situazioni" da definire "di concerto con i ministeri competenti", come dichiarato nella conferenza stampa di presentazione dell'operazione".
Un interrogativo stringente riguarda, per Amnesty Italia, "il luogo in cui saranno condotte le persone soccorse in alto mare, rispetto al quale il vice presidente Alfano ha fatto un chiaro riferimento all'intenzione di condurle in un "porto sicuro" e di rispettare il diritto internazionale. Vorremmo avere la certezza che il governo italiano non consideri la Libia un porto sicuro". L'organizzazione per i diritti umani ha notato con preoccupazione che "dal dibattito di questi giorni sono risultati assenti elementi di chiarimento sullo stato della collaborazione tra Italia e Libia e sulle intenzioni dell'Italia a riguardo".
A luglio Amnesty International Italia aveva scritto al presidente del Consiglio Letta, alla vigilia del suo incontro col primo ministro libico Zidan, "sottolineando ancora una volta l'inopportunità di ogni cooperazione in materia di controllo dell'immigrazione con un paese, la Libia, che viola i diritti umani di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, sottoponendoli a detenzione sistematica, maltrattamenti e torture. A oggi, la posizione del governo italiano sulla cooperazione con la Libia resta poco trasparente".
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