Cultura

I dopati ? Non sono solo al Tour

Riccardo Gatti: «C’è una cultura dominante che vede negli additivi la soluzione di ogni difficoltà. Ha vinto il marketing delle sostanze, lecite e illecite»

di Stefano Arduini

Vita: Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento dipendenze dell?Asl Città di Milano, ha visto quanto doping al Tour de France?
Riccardo C. Gatti: Devo dire che non ho capito se sia uno scandalo o se invece sia la normalità. Ma non sono un appassionato di sport. Anche se forse non è questo il punto.

Vita: A che cosa si riferisce?
Gatti: C?è una cosa che mi lascia perplesso. Pur essendo il ciclismo lo sport che più si è messo in discussione, gli atleti continuano a proseguire nel loro vicolo cieco. Quasi come se dovesse essere così per forza.

Vita: Questo cosa significa?
Gatti: Provate a domandare alla gente comune se per vincere una medaglia alle Olimpiadi o, semplicemente, per avere successo nello sport, sarebbero disposti a doparsi. La risposta è sì. Come del resto rilevano i sondaggi che anche recentemente hanno posto questa domanda. Le dico di più. Qualche anno fa è venuta da me una persona che poi ha sofferto una lunga serie di problemi legati al consumo di cocaina. Lui non la usava per sballare o andare in discoteca, ma per avere più fiato durante le partite di calcio. Non era un professionista, ma giocava, al sabato, in una squadra amatoriale di un campionato minore. Eppure cercava qualcosa per superare i suoi limiti. Il problema è il Tour, ma prima ancora lo sono le persone normali. Gli scandali sportivi non sono che lo specchio di una cultura dominante che vede nelle sostanze la soluzione di ogni difficoltà. Il mercato degli additivi ormai è un mercato di massa. Per fare qualsiasi cosa, dal divertirsi al sesso, dal sonno al superamento del fuso orario, fino a una prestazione sportiva anche di piccola portata, serve una spinta. Senza spinta non ci si prova nemmeno.

Vita: Doping e droghe fanno male, gli esperti lo ripetono a ogni piè sospinto, eppure il fenomeno dilaga?
Gatti: Evidentemente il battage mediatico più che informazione produce emulazione. La gente vede il Tour, sa che molti ciclisti sono dopati, ma in fondo ritiene che i benefici, il fatto certo di andare più forte, siano superiori ai rischi, supposti e futuri. Questa è una grande vittoria del marketing di chi gestisce il mercato delle sostanze lecite e illecite.

Vita: Tanto vale liberalizzare il doping, come sostiene qualcuno allora?
Gatti: Non lo so, a questo punto vale tutto. Mi chiedo solo: crediamo davvero che rendendo libere le droghe la gente smetterà di farsi del male?

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