Welfare

I detenuti lavorerano per il tribunale del Lazio

I carcerati di Rebibbia Nuovo Complesso informatizzeranno e digitalizzeranno oltre 140.000 fascicoli d'archivio

di Redazione

Saranno i detenuti del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso ad informatizzare e digitalizzare, con oltre un anno di lavoro regolarmente retribuito, gli oltre 140.000 fascicoli dell’archivio del Tribunale di Sorveglianza di Roma e del Lazio. Il progetto è stato presentato questa mattina a Roma dal Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, dal capo del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria, Franco Ionta, dal presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma e Lazio, Giovanni Tamburrino, e dal direttore del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, Carmelo Cantone. Il progetto è interamente finanziato dalla Cassa delle Ammende, l’ente con personalità giuridica istituito al Dap che si occupa di finanziare programmi di assistenza e di reinserimento di detenuti e internati e progetti di edilizia penitenziaria finalizzati al miglioramento delle condizioni carcerarie. L’idea di informatizzare l’archivio del Tribunale di Sorveglianza di Roma e del Lazio va a soddisfare molteplici necessità: riordinare ed informatizzare l’imponente massa di documenti relativi ai procedimenti dei detenuti nelle 14 carceri del Lazio, rendere più funzionale, snella ed efficiente l’attività della magistratura di sorveglianza sul territorio regionale e infine far lavorare oltre 12 detenuti, regolarmente assunti da una cooperativa sociale.

Il lavoro consisterà nella scannerizzazione e nell’archiviazione dei fascicoli e sarà effettuato in locali appositamente attrezzati all’interno del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso. Il materiale da lavorare sara’ trasferito dagli archivi del Tribunale di Sorveglianza a Rebibbia. Considerato che ognuno dei circa 145.000 fascicoli è composto da una media di 30 pagine, si prevede che saranno digitalizzate complessivamente oltre 4.350.000 pagine. È previsto che ognuno dei detenuti coinvolti nel progetto lavorerà una media di 960 pagine al giorno (120 l’ora). Cuore dell’operazione, sarà il laboratorio informatico del pensitenziario di rebibbia nuovo complesso. Si è detto soddisfatto della sinergia raggiunta, il Capo del Dap, Franco Ionta, che ha che nel suo intervento ha sottolineato il valore della «cultura e del lavoro» per il recupero dei detenuti, che in questo modo vivono «un progetto di crescita». «Dei 67.000 detenuti», ha rimarcato, «il 20 per cento, circa 14.000 persone, lavora. Un numero importanteche certo deve essere implementato, ma è un buon risultato fino a questo momento, se si considera che metà della popolazione carceraria è in attesa di giudizio». «L’amministrazione penitenziaria», ha tenuto a precisare Ionta, «non è solo quella che apre e chiude le porte del carcere, ma quella che dà un’opportunità al detenuto». La prima fase operativa del progetto sarà la formazione dei detenuti coinvolti che riguarda, in particolare, l’uso di computer, scanner e software da utilizzare, in modo da acquisire la preparazione indispensabile per portare a termine il lavoro.
«Giudico estremamente importante che il Dap, il Tribunale di Sorveglianza di Roma e il carcere di Rebibbia N.C. abbiano deciso di affidare un lavoro tanto delicato ai detenuti», ha detto il Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, «ricreare anche all’interno di un carcere un’atmosfera di normale quotidianità come può essere quella di un posto di lavoro può contribuire a favorire il reinserimento sociale dei detenuti». «Abbiamo concluso un accordo importante», ha spiegato, «che ci fa pensare come il carcere possa essere una pena utile ai fini del reinserimento”. ”La particolarità di questo lavoro che si svolgerà all’interno del carcere», ha detto il direttore di Rebibbia N.C., Cantone, «è che il detenuto assumerà la qualitàdi operatore incaricato della gestione e della custodia dei dati sensibili, un aspetto molto qualificante di questa esperienza. I detenuti interessati saranno dodici in media sicurezza, che saranno impiegati in turni mattutini e pomeridiani in modo tale da poter impiegare il maggior numero possibile di professionalità». «Il progetto del recupero del detenuto, è scritto in una norma costituzionale del 1948, ed è difficilissimo», ha sottolineato il presidente del Tribunale di sorveglianza, Giovanni Tamburino, «chiunque lavori in questo campo sa che è un progetto così difficile da sfiorare l’utopia. In questi casi la parola chiave è sinergia perchè solo mettendo insieme tutte le forze e tutte le energie, come in questo caso specifico, si possono raggiungere risultati altrimenti impossibili».

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