Volontariato

I derivati sono il mal delle banche

Fabio salviato risponde

di Redazione

Perché Le banche italiane investono al 34% nei prodotti a rischio? Tutti se la prendono con Tonna e compagnia. Ma le banche davvero non potevano far nulla sul caso Parmalat?

Ernesto Mazza, Ancona

Il caso Parmalat ha stupito tutti per la sua portata, ma non rappresenta niente di nuovo dal punto di vista delle situazioni che hanno contribuito a crearlo: scarsa trasparenza del sistema finanziario, conflitti di interessi tra banche e imprese, tra controllori e controllati, clima politico che agevola l?impunità. Si può dire che Tanzi ci ha fatto scoprire l?acqua calda, solo che stavolta l?acqua è bollente e sarà difficile non scottarsi. Anche per le banche. Certo, ora si invocano controlli, si sente parlare di trasparenza, si auspica una maggiore partecipazione da parte degli investitori, ma i buoi ormai sono scappati. Purtroppo non è che l?inizio di una lunga serie di crack, scandali che ciclicamente ogni sei mesi si presentano alla ribalta nazionale e internazionale. Dalla vicenda Parmalat trarrei due spunti di riflessione. Uno sul sistema finanziario odierno e uno sulla consapevolezza dei risparmiatori. Partiamo dalla finanza. Con ogni probabilità nei prossimi mesi saranno rafforzati i poteri delle autorità di vigilanza, forse si faranno nuove leggi, anche se si fossero applicati severamente le leggi e i regolamenti esistenti, molte situazioni difficili sarebbero emerse da molto tempo. È logico ed è giusto che si prendano comunque nuovi e più severi provvedimenti, ma purtroppo non basterà. Sarà come tappare la falla di una nave che ha già imbarcato tonnellate di acqua. Il sistema finanziario è arrivato al limite, ogni giorno vengono scambiati 1.500 miliardi di dollari sui mercati dei cambi, mentre il commercio internazionale di beni e servizi ha un volume di appena 6.800 miliardi di dollari all?anno. Questo significa che i dollari, gli yen, gli euro servono sempre di più per negoziare azioni, obbligazioni, future, option, swap, e sempre meno per concedere crediti alle imprese, per comprare acciaio, legname, beni di consumo. Più del 90% delle transazioni nelle Borse internazionali rappresentano semplicemente passaggi di titoli già in circolazione da un investitore all?altro. è uno scenario desolante: il denaro non è più un mezzo per lo sviluppo economico dei popoli, ma è diventato il fine di tutto. Lo scopo è fare soldi con i soldi, puntare sui titoli, fare scommesse con i derivati, anche se sotto ai titoli di reale non c?è più niente. La Banca d?Italia l?8 gennaio scorso ha comunicato le posizioni in essere al 30 giugno 2003 relative all?esposizione in derivati delle principali banche italiane, rilevando un incremento del 34% delle operazioni in derivati, contro un 20% dei principali Paesi industrializzati. Un segnale estremamente preoccupante, indice dell?esposizione eccessiva del sistema bancario italiano nei confronti di strumenti finanziari considerati ad altissimo rischio. Sempre più delicata risulta la posizione degli enti pubblici, che sempre di più utilizzano lo strumento dei derivati quale mezzo di speculazione finanziaria. Banca d?Italia sta monitorando attentamente l?esposizione degli enti pubblici e dispone di una lista, che mantiene strettamente riservata. In questo contesto, le banche hanno grosse responsabilità perché hanno scelto di fare sempre meno le banche e sempre di più le piazziste di titoli o di quote di fondi, le ?vu cumprà? dei mercati finanziari, come le ha definite recentemente il presidente del Senato, Marcello Pera. La banche hanno preferito trasferire il rischio ai risparmiatori piuttosto che assumersi il rischio dei finanziamenti, hanno preferito vendere prodotti finanziari intascando consistenti provvigioni piuttosto che offrire conti di deposito vincolati, a fronte dei quali è possibile concedere crediti alle imprese. Altro che parte lesa! Le banche hanno venduto bond e azioni Parmalat ai risparmiatori fino all?ultimo minuto. Caro risparmiatore, occhio che tocca a te scegliere. Quali proposte per garantire i risparmiatori sull?affidabilità dei bond emessi da aziende quotate? Dopo il caso Parmalat, la tentazione è di prendere i miei risparmi e metterli sotto il materasso. Giuseppe Feltrini, Modena Se il sistema bancario e finanziario avesse ascoltato di più quello che da almeno dieci anni Banca etica cerca di comunicare, in merito alla trasparenza, forse avremmo potuto evitare almeno un grave problema di crisi di fiducia, tra sistema bancario e investitori. Banca etica è una realtà piccola, all?interno del sistema bancario, ma da sempre ripete che il denaro deve tornare ad essere un mezzo, che le banche devono tornare a dare credito all?economia, a capire le esigenze del risparmiatore. è per questo, ad esempio, che i nostri promotori finanziari non hanno budget da inseguire, non hanno il fiato sul collo. L?incubo del budget ha portato spesso a vendere di tutto e di più senza chiedersi che cosa e a chi si vende. è con questo spirito che abbiamo inventato i certificati di deposito dedicati al finanziamento di iniziative di alto valore sociale e ambientale. In quattro anni abbiamo finanziato più di 1.100 progetti e, per la prima volta in Italia, abbiamo scelto di pubblicare sul nostro sito internet (www.bancaetica.com) la lista completa dei finanziamenti che abbiamo accordato, il nome delle organizzazioni, degli enti, delle piccole cooperative che abbiamo aiutato a crescere. Banca etica dà un nome e un cognome ai crediti, colloca prodotti che parlano, che raccontano storie, che stimolano l?investitore a capire quello che sta facendo, a farsi delle domande sulla destinazione finale dei suoi risparmi. Insomma, trasparenza assoluta e tracciabilità di tutto il percorso del credito, permette al risparmiatore-investitore non solo di sapere, di conoscere, ma anche di partecipare in qualche maniera al percorso relativo allo sviluppo economico di una comunità, di un paese, di una nazione. E qui mi riallaccio al secondo spunto di riflessione, quello relativo alla consapevolezza dei risparmiatori. è giusto puntare il dito sulle banche, ma io mi sentirei di fare un piccolo rimprovero anche ai risparmiatori. Perché hanno delegato alle banche le loro scelte finanziarie? Non tutte le banche sono uguali? Esistono delle alternative? Perché non si sono fatti delle domande? Perché non hanno agito diversamente? è così difficile capire che se un titolo rende molto di più del normale, significa anche che nasconde un rischio molto elevato? Purtroppo molti risparmiatori hanno creduto o hanno fatto finta di credere che Babbo Natale esiste e la responsabilità è anche loro, perché le alternative ci sono. I dipendenti di Banca etica girano l?Italia per spiegare a persone di varia estrazione sociale e culturale l?abc del credito e della finanza puliti, per spiegare che un altro modo di essere banca è possibile. La nostra è una banca che incontra la gente in piazza, alle feste, alle sagre, è una banca itinerante. I nostri promotori finanziari li chiamiamo ?banchieri ambulanti?, i nostri referenti locali si stanno organizzando per creare una rete di ?cantastorie?. Sono queste le vere novità e sono accessibili a tutti. Banca etica punta molto sulla consapevolezza del risparmiatore. Più un risparmiatore è consapevole delle sue scelte, più sarà difficile che cada nelle trappole che gli vengono tese da tutte le parti. La missione di Banca etica è fornire delle alternative ma anche costituire dei precedenti, indicare dei nuovi percorsi, liberando anticorpi nel corpo di un grande malato. I risparmiatori non possono aspettare che siano le banche a cambiare, devono contribuire loro a cambiarle. Attraverso un?azione di responsabilità attiva. Rivolgo il mio appello a molti istituti religiosi, ai sindacati, alle organizzazioni del non profit che per primi potrebbero iniziare ad interrogarsi positivamente su questi aspetti. Se non avranno il coraggio di farlo, dovranno rassegnarsi a dormire su materassi sempre più gonfi di banconote. Ammesso che riescano a prendere sonno.

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