Una giovane collega che spesso mi da la sveglia mi scrive questa lettera a cui devo dar seguito per non commettere il più odioso tra i peccati, quello di omissione. Mi scuso con lei se lo faccio un po’ in ritardo, ma spero non sia inutile segnalare comunque l’episodio, testimonianza vera di quanto scrivera già l’Alfieri “Libero non sempre è il pensier liberamente espresso”..
“Ti scrivo un po’ di getto, perché sono rimasta davvero sbalordita da questa notizia. Non so se vi è capitato di vedere online questo articolo de Il Fatto, che riprende un editoriale del giornale Jewish Chronicle, un settimanale per la comunità ebrea (ma sarebbe più giusto dire israeliana) con sede qui a Londra. Questo l’articolo originale. Giusto per capirci, hanno pubblicato un editoriale da cui estraggo i passaggi clou.
“Pochi eventi – nemmeno l’esecuzione di Osama bin Laden – mi (scrive l’editorialista, ndr) hanno dato più piacere nelle ultime settimane della notizia della morte del così detto attivista-pacifista Vittorio Arrigoni. (…) In quanto supporter di Hamas, Arrigoni era un esperto odiatore di ebrei. La sua pagina Facebook conteneva non solo insulti continui verso Israele ma immagini esplicitamente anti-ebree, che potrebbero essere dovute in parte alle sua formazione Cattolica: un immagine, per esempio, mostra Gesù tratto in arresto da soldati israeliani. (…) La morte di un esperto odiatore di Ebrei deve sempre essere motivo di celebrazione. In questo caso, tuttavia, il piacere si combina anche al dissenso che l’avvenimento ha seminato tra confraternite odiatrici di Ebrei e in generale tra chi odia Israele…”
Non so tu cosa e come la pensi, ma io credo che non si possa parlare della morte di un uomo in questo modo. Credo che sia vergognoso, anche se ci si appella ad una preseunta libertà che darebbe il diritto a chiunque di scrivere sui giornali qualunque cosa. Questa non è libertà, è deliberata offesa, insulto a una persona morta e a tutti quelli che nutrono ancora un seme di speranza per i palestinesi e gli isrealiani.
In più, mi offende e mi ripugna questa immagine del Cattolico odiatore di Ebrei. Può anche essere che sia colpa della Chiesa, che non ha saputo, nella sua storia, contenere e cambiare, elaborare un anti-semitismo che ha sempre pervaso l’Europa, ma oggi no, oggi il mondo è in gran parte diverso. Arrigoni era un giovane, non certo un nazista. Così come non lo siamo noi, cattolici oggi e vogliosi di vedere pace in una terra così importante e devastata.
Ieri sera, a leggere questo articolo, ho avuto un crollo. Mi chiedo davvero se c’è speranza. Dopo le piazze USA che festeggiano la morte di Osama, oggi questi giornalisti (offendendo anche una professione che io amo, pratico e rispetto) festeggiano la morte di Arrigoni. Ma dove sono finite la pietà, la dignità, anche la giusta distanza?
Quali sono i veri obiettivi di queste persone? Cosa si nasconde dietro questo odio? Ho tante domande che mi affollano la mente. Cosa c’è dopo tutto questo? Io un’idea ce l’ho. So benissimo, come tanti europei (e non solo), che dopo queste parole d’odio, rimane solo la violenza fisica. E provo troppo rispetto e ammirazione per la cultura ebraica della Arendt, di Chaim Potok, per accettare tutto questo.
Cosa possiamo fare? Per prima cosa parlarne. Ma non solo per Arrigoni (mi si permetta questo), ma perché non possiamo accettare queste affermazioni che remano contro qualunque tentativo si faccia per portare pace. Non possiamo, anche come cattolici. Proprio no.
Scriverò anche a questo giornale, che conosco bene. Perché non si può stare zitti di fronte a queste parole, come non si può stare zitti di fronte a parole e azioni d’odio promosse dai terroristi islamici. Tu sai bene (considerato anche il pezzo che ho fatto per voi sulla Società Islamica a Londra) che non sono di parte in questo. Ma proprio perché sono una giornalista non posso che tentare di far capire che non è così, che questa non è la verità, che si fanno solo del male a promuovere questa ideologia.
Scusa lo sfogo, ma mi ha dato anche fastidio vedere che solo il Fatto abbia ripreso questa notizia. Vita ha scritto di Arrigoni e conosce bene la sua storia, quindi no, non possiamo proprio tacere”.
Cara giovane collega, hai ragione in tutto, sottoscrivo tutta la tua voglia di protestare per il rispetto che dobbiamo ad Arrigoni e ai suoi cari e per il rispetto che dobbiamo alla professione che facciamo e che ci impone di denunciarne i suoi deliri. Non sempre libero è il pensiero liberamente espresso, non sempre libera è la parola liberamente espressa. Le parole che noi sentiamo, che leggiamo, sono quasi tutte parole, infatti, che non partono da quella prima catena che è la sola che rende liberi, che è la catena che ci lega a quel brandello umano, a quella realtà umana, che siamo. Fuori da questa catena d’origine le parole non sono più libere, s’incatenano perchè sono uscite dalla sola catena che a loro appartiene, quella di restare, di partire, di generarsi all’interno dell’uomo e del rapporto tra uomini. Il resto è delirio come quello del Jewish Chronicle o di chi festeggia la morte di un uomo, e fa male quanto una pallottola.
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