Welfare

I dati della sanità fanno male, l’assessore Doria respinge le accuse

Continua a far discutere la situazione della sanità nell'Isola. Ora scoppia una polemica per i dati contenuti nel Rapporto Crenos, che a sua volta si rifà alle rilevazioni di Istat, ministero della Salute e Corte dei Conti. Intanto arrivano nuove accuse dalle parti sociali. E mercoledì un sit-in di protesta di fronte all'ospedale oncologico di Cagliari

di Luigi Alfonso

Il 30° Rapporto del Crenos – Centro ricerche economiche Nord Sud, nelle ultime ore, è diventato un caso politico che fa comprendere quanto sia grave la situazione in Sardegna. In particolare, della sanità isolana. È bastato infatti che l’ente, istituito nel 1993 dalle Università di Cagliari e Sassari, abbia pubblicato dati già noti (e riferiti al 2021) perché si scatenasse la reazione dell’assessore regionale della Sanità, Carlo Doria. «Il 2021 non è stato un anno qualsiasi per la sanità dell’Isola, così come non lo è stato il 2020, e questo vale per l’intero sistema sanitario nazionale e in generale per l’intero pianeta», ha commentato Doria in una nota diffusa nel week end. «Un contesto di questo tipo non può essere riportato nell’ambito dell’ordinario facendo finta che non sia esistito. La fotografia scattata dall’ultima indagine Crenos evidenzia aspetti che non possono essere decontestualizzati dal periodo preso in esame, ovvero il 2021, a meno di non voler compiere un’enorme opera di propaganda, volendo raccontare una realtà molto lontana dal dato vero e incontrovertibile. Parlare di rinuncia alle cure nell’Isola da parte di un paziente su cinque in un momento in cui lo stesso sistema sanitario era “sotto scacco” e orientato alla gestione dell’emergenza pandemica non può rappresentare una lettura corretta. I problemi della sanità di oggi sono da ricercare nelle scelte errate e nella mancata programmazione nazionale e regionale che risalgono ad almeno quindici anni. Il Professor Paci, referente scientifico del rapporto Crenos ed ex assessore della Giunta Pigliaru, nel dichiarare che “la popolazione sta rinunciando alle cure mediche”, non riportando minimamente a un contesto che invece è determinante, tradisce l’intenzione di strumentalizzare politicamente i temi da parte di chi ha invece la grande responsabilità di aver mancato l’abolizione del tetto di spesa imposto dalla spending review, rimosso invece in tutte le altre regioni a statuto speciale che si pagano in proprio la sanità».

«Anche il dato sulla mortalità del 2022 deve essere letto sotto il profilo statistico: in un territorio che, purtroppo registra un dato demografico in cui la popolazione è sempre più anziana, con un numero di centenari fra i più alti d’Italia e dove le nascite sono sempre meno, i numeri non sorprendono. La semplice statistica ci insegna infatti che è maggiore la probabilità di decesso in una popolazione più anziana come quella sarda rispetto ad una più giovane e che la popolazione sarda oggi è mediamente più anziana rispetto a cinque anni fa, anche per la citata denatalità, aumentando di fatto notevolmente la probabilità statistica di un aumento dei decessi», ha concluso l’assessore Doria.

«Non intendo entrare in polemica con l’assessore», minimizza il professor Raffaele Paci. «Mi limito a dire che il mio intervento era pubblico e che tutti possono andare a vedere su YouTube l’intera registrazione della presentazione del Rapporto. E poi, se lo desiderano, possono consultare online lo stesso Rapporto. Noi cerchiamo di dare un quadro complessivo della situazione della Sardegna anche in un arco di tempo lungo, non limitandoci a vedere che cosa è successo soltanto nell’ultimo anno ma cercando piuttosto di capire quali siano i problemi strutturali della Sardegna. Per fare questo, ovviamente, prendiamo sempre i dati ufficiali: non siamo noi a produrli, parlo dell’Istat, dei ministeri competenti e persino della Corte dei Conti, sulla cui imparzialità non ci sono possibili dubbi. Seguendo il metodo scientifico, non guardiamo solo la Sardegna bensì all’andamento dell’Isola rispetto alle altre regioni italiane, stando attenti anche a possibili shock come può essere stato il Covid. Il quale ha colpito la Sardegna come tutte le altre regioni. I dati che emergono sono quelli che abbiamo presentato, lo dico con dispiacere perché sono un cittadino sardo».

È risaputo da tempo che la rinuncia alle cure mediche e alle prestazioni sanitarie in Sardegna è molto più accentuata (18,3%) rispetto alla media d’Italia (11%). «Siamo all’ultimo posto tra tutte le regioni italiane», ricorda Paci. «E anche il quadro delle prestazioni dei Lea (Livelli essenziali di assistenza, ndr) si rifà a dati ufficiali, come quelli appena pubblicati dal ministero della Sanità. In questo caso, la Sardegna si trovava al 13esimo posto mentre oggi è al 19esimo posto su 21 regioni. Non ho mai attribuito la colpa a nessuno e non è compito del Crenos attribuire colpe. Il Crenos fa un’analisi, punto. Nella conclusione della mia introduzione, infatti, ho parlato dei problemi strutturali della Sardegna, che sono così radicati da aver bisogno di un grande progetto di lungo periodo e di condivisione, per cercare di superarlo. Occorre andare oltre le polemiche politiche e concentrarsi sulle possibili soluzioni. Siamo un gruppo formato da decine e decine di ricercatori delle due università di Cagliari e di Sassari, che da trent’anni fanno questo lavoro. Incolpare il Crenos, che non produce i dati, di partigianeria crea un vulnus perché mette in dubbio l’indipendenza delle strutture di ricerca universitarie. E questo è molto grave. Ormai ho quarant’anni di carriera universitaria alle spalle, con una parentesi in cui ho svolto un ruolo politico, ma adesso sto facendo di nuovo il ricercatore universitario. Qual è il senso di accusare una persona di partigianeria? Si sta creando un’ombra su un’istituzione di ricerca che tutti sappiamo essere assolutamente rigorosa».

Il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, sostiene che «l’assessore Doria presenta una realtà che esiste solo nei racconti che si fa davanti allo specchio. In particolare, attribuisce i pessimi risultati, certificati nel campo sanitario, come frutto della situazione emergenziale legata alla pandemia, come se questa avesse riguardato solo la Sardegna. Nega l’evidenza della difficoltà all’accesso alle cure, testimoniato dalle infinite liste d’attesa, citando presunti miglioramenti solo per alcune prestazioni. Scarica ancora una volta la responsabilità sulle precedenti gestioni nazionali e regionali, come se il centrodestra non governasse l’Isola da oltre quattro anni. Attribuisce il dato che pone la Sardegna al primo posto per mortalità extra-Covid nel 2021 all’anzianità della popolazione, non tenendo presente che regioni con popolazione più anziana (Liguria e Calabria, per esempio) abbiano avuto tassi di mortalità ben inferiori. Non riconosce i dati dell’Agenas (l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, ndr) che pone la Sardegna tra le ultime regioni per assistenza ospedaliera e territoriale, non raggiungendo neanche i livelli di sufficienza».

Le polemiche, in passato mai così accese sul Rapporto Crenos, hanno costretto il rettore dell’Università di Cagliari, Francesco Mola, a prendere posizione. «Come Rettore vigilerò sempre affinché la ricerca venga svolta con rigore scientifico e nella piena libertà. Nel caso del Rapporto Crenos, mi sembra sia chiaro che la metodologia sia robusta e rigorosa: i dati sono il frutto di una ricerca Istat (istituto certificato e che segue procedure rigorosissime di robustezza e che fornisce dati ufficiali per il Paese e l’Europa) presentata al Parlamento. Le tecniche di elaborazione utilizzate nel trattare quei dati e produrre i risultati della ricerca sono documentati dallo stesso Istituto e sono stati ripresi dalle ricercatrici e dai ricercatori del Crenos. In questo processo le metodologie che vengono applicate non sono frutto di una estemporanea vivacità fantasiosa di ricercatori e ricercatrici, ma derivano da prassi consolidate e “vagliate” dalla comunità scientifica internazionale nei consessi preposti (congressi scientifici, pubblicazioni, processi di revisione e di valutazione anonima e scientificamente rigorosa da parte della comunità scientifica internazionale», ha scritto Mola in una nota.

Al di là delle schermaglie politiche, ormai è difficile individuare un’associazione di categoria che non abbia qualcosa da rimproverare all’assessore Doria. «Lo abbiamo ripetuto in questi mesi, chiedendo che fine avessero fatto i nove milioni di euro per abbattere le liste di attesa in sanità, annunciati da Nieddu (si riferisce a Mario Nieddu, che ha guidato l’Assessorato regionale sino allo scorso dicembre, ndr) a settembre e confermati da Doria a dicembre», denuncia il presidente di Acli Salute, Salvatore Sanna, in un comunicato stampa diffuso questo pomeriggio. «Avevamo segnalato come fosse urgente metterli a disposizione dei cittadini sardi. Ora dalla Corte dei Conti nazionale arriva la conferma di quello che temevamo: la nostra Regione è penultima nella classifica della spendita delle risorse aggiuntive per le liste di attesa. A parte la disastrosa performance della Regione Sardegna, che tra l’altro era terzultima anche nella classifica di erogazione dei Lea nel 2021 pubblicata qualche giorno fa dal ministero della Salute, quello che emerge dai dati è che la Sardegna doveva spendere questi soldi entro il 31 dicembre 2022. Non avendolo fatto, li ha probabilmente persi. Se fosse così, sarebbe gravissimo perché sono risorse che servivano per recuperare interventi chirurgici ordinari, screening tumorali e, soprattutto, visite e prestazioni diagnostiche, mammografie, risonanze, Tac. Come si possa, irresponsabilmente, perdere risorse aggiuntive che potevano essere utilizzate per potenziare il pubblico e con esso il privato accreditato, rimane una domanda senza risposta. Noi pensiamo che una delle cause di questa ingiustificabile inerzia sia legata alla sostituzione di chi si occupava proprio di organizzare la spesa per abbattere le liste di attesa. Una scelta che, come tante altre, si è rivelata poco lungimirante e deleteria. E dire che, quando denunciavamo e chiedevamo conto della mancata spendita delle risorse per abbattere le liste di attesa, ci trovavamo di fronte a risposte elusive che richiamavano responsabilità pregresse a fronte invece di una evidente incapacità attuale. Forse dovremo aspettarci anche in questo caso che da parte dell’assessore dalla Sanità si mettano in dubbio i dati e il metodo scientifico utilizzato per rilevarli, così come incredibilmente avvenuto proprio in questi giorni per il rapporto Crenos. Chiediamo che almeno questa volta non ci siano scuse e dichiarazioni fuorvianti, ma un’assunzione di responsabilità ed una immediata ricognizione delle risorse aggiuntive per verificare di poterle recuperare nel secondo semestre del 2023».

Piovono accuse dettagliate anche dalla Confederazione Usb, che ha organizzato per mercoledì 14 giugno un sit-in alle 10 davanti all’ospedale oncologico “Businco” di Cagliari. «Il cancro non va in vacanza», si legge in una nota diramata oggi a firma di Gianfranco Angioni, responsabile regionale Usb sanità. «All’oncologico Businco le soluzioni organizzative sono del tutto inadeguate. Nell’incontro dell’8 giugno indetto dalla direzione generale – all’ordine del giorno l’emergenza radioterapia – abbiamo evidenziato la drammaticità in cui vive l’intero ospedale. Abbiamo ribadito che la tragica problematica della radioterapia è solo la punta dell’iceberg, le sale operatorie e i reparti sono al collasso. Il direttore generale dell’Arnas Brotzu, oltre a dare informativa, già preceduta dalle dichiarazioni dell’assessore, ha chiesto ai sindacati di farsi promotori e sensibilizzare gli operatori a poter svolgere le prestazioni aggiuntive per incrementare le sedute di radioterapia nella fase del riassetto tecnologico. Ma le prestazioni aggiuntive, a parte che non sono sufficienti, non possono essere il pannicello caldo da usare come merce di scambio per monetizzare il disagio e la fatica per l’altrui inadempienza. Servono assunzioni stabili e immediate. E nulla può essere improvvisato e lasciato al caso».

Nessun dubbio, insomma: come si può vedere, in Sardegna va tutto a gonfie vele.


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