Formazione

I consigli dei prof. “fatevi detective”

La questione master-fuffa è finita anche sul tavolo della conferenza dei rettori. I professori chiedono una certificazione di qualità. E agli studenti consigliano...

di Carmen Morrone

Sul portale www.studenti.it è ancora in corso il forum ?Master, ma ne vale la pena?»: più di 10mila contatti da parte di chi vuole far conoscere la sua esperienza. «Non sempre sono negative» racconta Marta Ferrucci responsabile dell?area ?post laurea? del portale Studenti.it, «ma in questi mesi emerge un dato: spesso c?è una sproporzione tra il costo e cosa in concreto si impara. Ma forum a parte, il master è uno degli argomenti più cliccati: ogni giorno centinaia di studenti si scambiano informazioni». La qualità del master non è affare solo degli studenti. Anche dei professori. Anzi. «È una questione sul tavolo», esordisce Rosario Giuffrè, prorettore vicario all?università mediterranea di Reggio Calabria, «che è stata posta anche all?ordine del giorno della Conferenza dei rettori delle università italiane. Sarebbe opportuno sviluppare una linea di certificazione di qualità ad ampio raggio». Ma come fa uno studente ad evitare i master perditempo? «Al momento ha pochi strumenti, deve trasformarsi in un vero e proprio detective. Deve consultare i siti di atenei e master, cercare in rete i curricula vitae dei docenti. Ma soprattutto parlare con chi ha già fatto il master», dice Cesare Zanasi, direttore del master in Commercio equo e solidale, certificazione etica e biologica dei sistemi agroalimentari, dell?università di Bologna – sede di Reggio Emilia. Che aggiunge: «Nel nostro sito i ragazzi trovano gli account dei docenti. Ciò ha creato uno vero e proprio dialogo che permette ai ragazzi di avere informazioni di prima mano e a noi di capire le loro esigenze». L?università di Pavia fa di più. «Nel sito del master Cooperazione allo sviluppo compaiono gli account degli ex studenti. «Chi meglio di chi ha vissuto sulla propria pelle l?esperienza è fonte di utili informazioni?», provoca Gianni Vaggi, direttore del corso. Che consiglia: «Il master deve essere di un anno accademico a tempo pieno. Solo così c?è tempo per insegnare, imparare e sedimentare. Poi lo stage di qualità deve avere anche una certa durata. Stare in un?organizzazione tre mesi obbliga a fare un progetto, c?è chi ti segue e ti ascolta». Lo stage è indicato come faro nel mare magnum dei master anche da Maria Immacolata Macioti, direttrice di due master alla Sapienza di Roma: Immigrati e rifugiati, formazione, comunicazione e integrazione sociale e Teoria e analisi quantitativa. L?insegnante romana dà una dritta importante. «Sapere quanti sono gli studenti stranieri: se un ragazzo parte da Londra per venire in Italia a seguire un master, ci può essere il ragionevole sospetto che il corso sia di buon livello». Forse tenuto dal grande nome? Stefano Borzaga, direttore del master Gestione delle imprese del non profit e delle cooperative sociali all?università di Trento, avverte: «Prima dell?apertura delle iscrizioni deve essere chiaro chi insegna e che cosa. Allora scattano le indagini. Basta vedere i curricula in internet, e sai se hai di fronte un docente improvvisato». Non solo. Antonello Paba, direttore del master in Sviluppo locale, turismo e ambiente dell?Università di Sassari, afferma: «Nella formazione del corpo docente va trovato un equilibrio tra docenti universitari e manager. Il giusto mix deve contare più professori». Concordi nell?indicare l?università come culla protetta. Per tutti Stefano Borzaga: «L?università di per sé dovrebbe essere una garanzia. Ci sono anche istituti nati dagli atenei che hanno ottime offerte formative». Che suona un campanello d?allarme: «Mi farei guardingo verso i master del Fondo sociale europeo. A volte seguono più strategie che esigenze formative. Investigate». Infofile Le sette regole auree Ecco i consigli del comitato Università e lavoro L?organismo dell?università Cattolica di Milano, ponte tra università e lavoro, è diretto da Vito Moramarco, che dal suo osservatorio privilegiato dà alcuni consigli. Nomi e cognomi Andare a vedere chi c?è dietro al progetto formativo. Il nome importante fa immagine. Niente di male, anzi. Però in alcuni casi capita che si scopre che in aula non ci vanno. Repliche, no grazie Occorre studiare con attenzione i programmi del master. A questo punto della carriera formativa il master rappresenta un approfondimento professionalizzante, un focus su determina ti argomenti. Non deve essere replica del corso di laurea. Partnership Proprio per la sua funzione il master di qualità deve avere rapporti con il territorio. Nel non profit deve avere legami con il mondo del terzo settore e della pubblica amministrazione. Stage, sempre Un corso che prepara deve prevedere un periodo di pratica da svolgere in aziende o enti selezionati. Per un periodo di almeno tre mesi. Scambi interatenei Se un master dichiara respiro internazionale, assicurarsi che preveda scambi di studenti e di docenti con l?estero. O periodi di studio outdoor. Serietà online La maggior parte delle informazioni sono reperibili sul web. La qualità del sito dell?università o meglio ancora del master è un indice di impegno. Stati Uniti Il Financial Times denuncia: l?industria dei master è in crisi. Dal 2001, un Mba in curriculum non è più sinonimo di carriera assicurata L?Italia non è l?unico Paese in cui l?industria dei master è in crisi. Succede anche in America, dove gli Mba, Master of business administration, sono nati e, negli ultimi tre anni, rimasti a corto di studenti. A denunciarlo è il Financial Times del 29 aprile: «Nel 1995 negli Stati Uniti sono stati consegnati circa 3mila diplomi di master, a fine anni 90 erano saliti a 100mila. Ma poi la crescita si è fermata». Le ragioni della crisi, che secondo il prestigioso quotidiano ha cominciato a farsi sentire nel 2001, anno in cui anche gli studenti che facevano un master nelle università più prestigiose hanno avuto difficoltà a trovare lavoro? Tre: Mba che non soddisfano i reali bisogni delle aziende, docenti interessati ad oscure ricerche piuttosto che a reali problematiche di business e nascita di corsi di specializzazione più economici dei master. Risultato: oggi i ragazzi ci pensano due volte prima di investire 100mila dollari e 20 mesi di studio in un Mba. Anche perché un Mba non è più sinonimo di super carriera, spiega il Financial Times citando il caso so di McKinsey, una delle società di consulenze più famose del mondo: «Quest?anno assumerà 600 persone uscite da un Mba, moltissimi. Ma in proporzione alle sue assunzioni annue, i possessori di Mba sono in declino mentre aumentano quelle di chi ha una formazione post laurea in ingegneria, medicina o legge. Corsi che per McKinsey conferiscono la stessa abilità intellettuale ma, in più, altre capacità tecniche e di settore». A pagare questa crisi di credibilità sono le Business School: a corto di fondi e di nuovi iscritti.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA