Politica
I Comuni al presidente Draghi: aiutateci a sostenere cultura e spettacoli
Gli assessori comunali della Cultura di Ancona, Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Torino e Venezia lanciano alcune proposte per garantire il rilancio di un settore in agonia e la programmazione del 2021, naturalmente in sicurezza. Un tavolo permanente per un confronto tra Governo e territori
Mantenimento del presidio culturale in tutto il Paese, presentazione di una sintesi delle richieste degli operatori culturali, necessità di restituire fiducia al settore, conservazione del fermento creativo, riapertura dei luoghi della cultura in maniera graduale ma irreversibile, istituzione di un tavolo permanente che metta a confronto Governo e Comuni, creazione di un Sottosegretariato con deleghe culturali che abbia un rapporto costante con l’Anci e i territori. Sono le principali richieste al Governo Draghi emerse nella conferenza stampa che questa mattina, su una piattaforma on line, è stata convocata dagli assessori comunali della Cultura di Ancona, Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Torino e Venezia, alla presenza del presidente della Commissione cultura dell’Anci e sindaco di Mantova, Mattia Palazzi. Quest’ultimo ha sottolineato che «il settore culturale delle nostre città rappresenta la principale leva di promozione e crescita nei territori. Il blocco dei licenziamenti nel periodo della pandemia non ha garantito coloro che avevano un contratto a tempo determinato o part-time, ecco perché è urgente la ripartenza da un punto di vista economico e sociale. Dobbiamo riaprire i luoghi della cultura, c’è tutta una filiera da ricostruire e le città devono essere protagoniste di questo rilancio. Lo Stato si apra ai suggerimenti innovativi che possono giungere dai Comuni».
Nel corso dei lavori è emerso più volte il plauso nei confronti del presidente del Consiglio, Mario Draghi, per le attenzioni mostrate nei confronti dei settori cultura e spettacolo sin dai giorni precedenti il suo insediamento. Draghi infatti ha già incontrato i rappresentanti dell’AGIS, l’Associazione generale italiana dello spettacolo, e – come ha sottolineato Francesca Paola Leon (Torino) – «ha detto che l’Italia corre il rischio di perdere un patrimonio di civiltà. Ecco, le città devono essere al centro del processo di ricostruzione. Nel corso di questo anno di pandemia, abbiamo mostrato una grande unione di intenti e la necessità di parlarci e condividere pensieri, strategie comuni, al di là di aree geografiche, appartenenze politiche e differenti esperienze. Abbiamo sentito il bisogno di confrontarci e farci portavoce dei problemi dei territori, che abbiamo esposto al Governo Conte. Le nostre città sono i luoghi dove la cultura nasce, cresce e si sviluppa. Associazioni ed enti culturali rischiano di scomparire e desertificare il Paese. Vanno aiutati non soltanto le grandi istituzioni bensì tutto l’ecosistema culturale delle nostre città: i musei civici costituiscono il 90 per cento dell’offerta museale italiana».
C’è un tavolo aperto dal Governo Conte, ora i Comuni chiedono che diventi permanente. Ma per gli assessori, «la scissione di cultura e turismo in due dipartimenti potrebbe essere persino vantaggiosa perché consentirà di concentrarsi in modo più puntuale sul sistema culturale del Paese, superando i divari tra Nord e Sud ma anche tra i vari settori: i più penalizzati figurano ancora le biblioteche e i piccoli musei». Per quanto riguarda la suddivisione delle Regioni in fasce colorate, Filippo Del Corno (Milano) suggerisce di «evitare la frammentarietà degli interventi e consentire una efficace programmazione: le riaperture non possono avvenire da un giorno all’altro. Bisogna stabilire un calendario di riaperture graduali ma irreversibili, salvo emergenze estreme dal punto di vista sanitario. I luoghi della cultura sono tra i più sicuri perché, sin dall’inizio della pandemia, hanno adottato tutte le misure necessarie. Possiamo sviluppare un protocollo unico nazionale, in accordo con la comunità medico-scientifica, ed estendere ai week end e ai giorni festivi l’apertura dei luoghi di cultura. Spesso gli assembramenti nei centri commerciali e in altri luoghi delle città sono originati dalla mancanza di alternative. La gente ha bisogno di uscire nuovamente e socializzare».
Non esiste al momento un’analisi nazionale aggiornata che consenta di fare una stima reale dei danni economici. Occorre una nuova metodologia di raccolta dei dati, dicono i rappresentanti dei Comuni. Sui lavoratori “invisibili”, per esempio, non c’è una consapevolezza numerica e questo costituisce un grosso limite. Secondo l’Osservatorio spettacolo della Siae, rispetto al primo semestre 2019, c’è stata una riduzione del 73% circa della spesa del pubblico al botteghino (da 2 miliardi 419 milioni di euro si è scesi a 654 milioni), di certo non bilanciata dall’aumento del 2,4% nella vendita dei libri.
Paolo Marasca (Ancona) ha ricordato che «il grande fermento culturale, che c’è in tutte le città italiane, conferma che l’Italia è davvero un Paese di cultura. I Comuni sviluppano una percentuale spaventosa del nostro prodotto culturale. Non siamo in competizione con gli altri schemi istituzionali, ma la situazione impone un cambio di marcia per proteggere un intero comparto produttivo».
Per Eleonora De Maio (Napoli), «le città sono delle sentinelle, una sorta di front office per quell’ecosistema che è alla base dei territori che rappresentiamo. Riteniamo di poter essere utili per la ripartenza e il rilancio delle attività». La collega Paola Piroddi (Cagliari) ha fatto notare che «nell’ultimo anno è emersa tutta la fragilità del sistema culturale: era nota ma la pandemia l’ha fatta deflagrare. È auspicabile che il ministro Franceschini prosegua con il lavoro di ascolto dei territori. Oggi le amministrazioni comunali non possono dare una risposta concreta dal punto di vista economico, se non a spettacolo avvenuto. Con il lockdown ciò non è stato possibile, pertanto occorrono nuove modalità».
Ines Pierucci (Bari) ha aggiunto: «La pandemia ha sottolineato che lo spettacolo dal vivo è un segmento importante della nostra economia. Ora ci interroghiamo sulle nuove modalità di fare cultura senza fare assembramento. Pensiamo allora a un’estensione degli orari o dei giorni di apertura, come sta facendo Cagliari. E, con la primavera, rilanciamo gli eventi all’aperto».
«Il presidente Draghi – è il parere di Tommaso Sacchi (Firenze) – nei giorni scorsi ha toccato due punti fondamentali che riguardano la produzione culturale del Paese, citando tutti i luoghi in cui si svolge: la cultura va sostenuta ed è imprescindibile. Ristori e aspetti economici sono stati trattati dal tavolo degli assessori comunali, che garantisce una pluralità di sguardi e sensibilità. Vogliamo che questo tavolo consultivo diventi permanente e ci rimettiamo nelle disponibilità del Governo per accompagnare il lavoro di ricostruzione e rinascita. Il solo mondo dello spettacolo impiega 580mila lavoratori, è una delle leve economiche del nostro Paese. In questo settore ci sono molti lavoratori intermittenti, per statuto lavorano a chiamata. È uno degli aspetti da cui partire per risollevare il comparto».
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