Cultura

I cattivi frutti del glocalismo

Spiega il grande esperto di banche: «Parmalat ha riassunto gli aspetti peggiori e meno moderni dell’impresa locale e di quella multinazionale».

di Francesco Maggio

Perché nasce il caso Parmalat? Perché è un cattivo esempio di glocalismo, ossia di impresa che ha messo insieme i difetti del localismo e della globalizzazione, creando un corto circuito cui nessuno era preparato». Per Donato Masciandaro, docente di economia monetaria all?Università Bocconi e a quella di Lecce e neo probiviro di Borsa italiana, bisogna partire da qui per capire come è stato possibile che si verificasse un crack di dimensioni catastrofiche come quello di Collecchio. E se davvero la panacea di tutti i mali passa per l?istituzione di un?authority unica per il risparmio, fortissimamente voluta dal ministro dell?Economia, Tremonti. Lo andiamo a trovare nel suo studio all?ateneo milanese per chiedere lumi in proposito. In queste settimane sono tanti, troppi ad improvvisarsi demiurghi, con una ricetta infallibile in tasca. Pochi, al contrario, si distinguono per competenza, lucidità e indipendenza di giudizio. Masciandaro rientra a pieno titolo in questo secondo, sparuto gruppo. E&F: Professore, cos?è che non ha funzionato? Donato Masciandaro: I fatti Parmalat sembrano smentire due assiomi dell?economia bancaria: la banca che conosce il suo cliente è quella che meglio prevede i rischi; quando un?impresa ha dimensione multinazionale è, per definizione, più efficace e corretta perché è sotto la lente di banche e autorità di controllo di Paesi diversi e deve rispondere, quindi, a standard di trasparenza internazionali. E&F: E invece? Masciandaro: Invece è successo che Parmalat ha mandato in crisi i due assiomi. Parmalat è, allo stesso tempo, un?azienda nazionale, quindi locale, ma anche internazionale. Ma riassume gli aspetti ?peggiori?, meno moderni, sia dell?impresa locale che di quella internazionale. Qual è il tratto che tutti censuriamo all?impresa locale? Il familismo industriale, strutture di governo che si concentrano nei parenti, negli amici o, al massimo, negli amici degli amici. Il che implica, al di là delle capacità di questi soggetti, un assetto dell?azienda come minimo opaco. Qual è il difetto dell?impresa multinazionale? Quello di avvalersi della sua caratteristica transnazionale per sfruttare i buchi regolamentari, i coni d?ombra che ci sono in ogni Paese. E&F: Qual è la lezione per le banche al fianco di queste imprese? Masciandaro: Che conoscano davvero bene i clienti oppure abbiano il coraggio di lasciarli. Ciò è tanto più importante sostenerlo oggi visto che sono anni che sentiamo dire che le nostre imprese devono andare all?estero. è giusto che ci vadano così come è opportuno che lo facciano anche le banche. A patto che o seguono il cliente anche all?estero e gli consigliano di cambiare governance e di aprirsi al mercato oppure devono avere il coraggio di lasciarlo. E&F: Come giudica la recente posizione dell?Abi secondo la quale le banche sono vittime del caso Parmalat? Masciandaro: L?affermazione del presidente Sella va qualificata. Da un punto di vista economico-contabile le banche effettivamente sono delle vittime. Questo però non significa un?assoluzione da ogni responsabilità o che non ci sia nulla da cambiare. Quando improvvisamente si scopre che tutto il sistema nazionale e internazionale viene preso in giro da un?azienda per 10-15 anni, bisogna individuare le responsabilità per cerchi concentrici, a partire da quelle dei sindaci, dei revisori dei conti, delle società di rating. Qui non si tratta di individuare una responsabilità singola ma di chiedersi cosa occorre cambiare nel sistema di monitoraggio. Ed è evidente che d?ora in avanti questi costi debbono essere sopportati dalle banche. Le banche fanno le loro scelte contando sul fatto che almeno due o tre livelli di controllo siano già stati fatti. Ma se questi si rivelano falsi, bisogna impegnarsi anche direttamente. E&F: Il sistema bancario comunque non ne esce bene. Masciandaro: A me non piace parlare di sistema bancario in generale. Preferisco invece parlare di singole banche e così come ci sono banche e banche, ci sono anche risparmiatori e risparmiatori. Bene ha fatto per esempio Unicredit a istituire la Commissione Rossi, ma mi piace ricordare che una proposta simile l?aveva fatta alcuni mesi prima la Bcc di Treviglio. E&F: Secondo lei la Banca d?Italia ha delle responsabilità? Masciandaro: Se il caso Parmalat fosse avvenuto in Inghilterra, della banca centrale probabilmente non si sarebbe parlato affatto. Non perché la banca centrale oggi non ha la vigilanza nel Regno Unito. Ma perché, ripeto, le responsabilità del caso sono a cerchi concentrici. Prima di arrivare a Bankitalia bisogna passare per altri soggetti: sindaci, società di revisione, finanziatori, autorità di tutela del mercato. Solo dopo arriviamo alla banca centrale. Diverso è dire invece: il caso Parmalat è la goccia che fa traboccare il vaso per ripensare il funzionamento del nostro sistema? In questo caso la mia risposta è: assolutamente sì. Oggi noi abbiamo un?occasione straordinaria per fare una cosa normale. In tutti i sistemi industriali del mondo, negli ultimi 4-5 anni è stato modificato il sistema dei controlli. Il nostro è fermo al testo unico del 1993. è arrivato il momento di cambiare. E&F: Come? Masciandaro: Noi soffriamo di due tipi di provincialismo: l?esterofilia e l?esterofobia. O non guardiamo all?estero o ci vestiamo fumo di Londra come Alberto Sordi con le scarpe che scricchiolano. Non esiste un modello ottimo di vigilanza. In tutti i Paesi si sta separando il momento della regolamentazione dal momento della vigilanza non foss?altro perché negli ultimi anni sono aumentati i fori internazionali di definizione delle norme: Europa, Basilea 2, Fmi, Banca mondiale. Il sistema si sta in ogni Paese semplificando. è da qui che bisogna partire. E&F: Qual è la sua proposta? Masciandaro: Guardiamo a chi nel mondo finora ha fatto l?autorità unica sul risparmio. Innanzitutto si tratta di un fenomeno tipicamente europeo. All?interno di questi Paesi, se si esclude il Regno Unito, ci sono delle caratteristiche comuni: sono Paesi in cui la banca centrale non aveva esperienza di supervisione bancaria; in cui la banca centrale era concentrata essenzialmente sulla politica monetaria e, comunque, poco coinvolta nella supervisione; sono Paesi di tradizione legislativa scandinava o tedesca, in cui il peso dei mercati finanziari è più rilevante rispetto al peso del sistema bancario e ci sono molti intermediari esteri; sono Paesi relativamente piccoli. Io osservo il nostro Paese e vedo che non ha queste caratteristiche. Abbiamo la Banca d?Italia che ha tutta l?expertise della supervisione. è un sistema banco-centrico, non è un sistema tedesco e quindi la single financial authority non va bene per noi. E&F: Perché allora il Regno Unito l?ha fatta? Qui c?è una banca centrale potente, è un Paese di grandi dimensioni, non è un Paese scandinavo. Masciandaro: Perché c?è stato un grosso scandalo bancario a fine anni 80 causato dalla Bank of Credit and Commerce International (Bcci), una banca internazionale con sede legale a Londra che faceva tutte le operazioni più losche che si potessero immaginare. Lo scandalo fu talmente devastante che si decise di dar vita all?autorità. E&F: Potrebbe accadere la stessa cosa oggi in Italia con il caso Parmalat? Masciandaro: Nel nostro Paese ci sono troppe autorità. La distribuzione delle funzioni è disordinata. Occorre una semplificazione: Bankitalia si occupi di stabilità. Consob di correttezza e trasparenza. L?Antitrust tuteli la concorrenza in tutti i settori, compreso quello bancario. E&F: Ma secondo lei, la fragilità del sistema finanziario italiano è fisiologica alla sua giovane età o siamo già a un livello patologico? Masciandaro: Ci sono due modi per misurare la fragilità: capire quanto risparmio è coinvolto in caso di dissesto. Ed è un modo contabile-oggettivo, non prospettico. Al riguardo, devo sospendere il giudizio perché, prima del caso Parmalat, con il caso Cirio la vicenda non era particolarmente rilevante. Ma noi dobbiamo anche guardare in prospettiva, alla questione della fiducia che è un problema invisibile. Da tale punto di vista la fragilità è decisamente più alta che in passato. Ha fatto bene il presidente Ciampi nel suo discorso di fine anno a porre l?accento su questo bene così prezioso e intangibile.


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