Mondo

I caroselli di Yangoon

Daniele Panzeri, responsabile dell'Ong Cesvi: «Gioia e canti in strada, una cosa mai accaduta»

di Silvano Rubino

Una città solitamente un po’ noiosa, grigia, sommersa da un’ondata festante, da caroselli in giro per la città, da gente che sventolava bandiere e cantava a squarciagola. È l’immagine di Yangoon, l’ex capitale birmana, ieri, dopo i risultati del voto, raccontata da Daniele Panzeri, responsabile  dell’Ong Cesvi in Myanmar.

«Ieri per la prima volta si sono viste folle festanti in giro per la città», spiega Panzeri a Vita.it, «una gioia molto composta, sicuramente, visto che comunque vige ancora il divieto imposto dal governo di suonare il clacson e di usare i motorini, ma comunque uno spettacolo assolutamente insolito per questa città».

«C’è sicuramente la sensazione che qualcosa stia cambiando», prosegue Panzeri, «una sensazione già diffusasi da qualche mese, si sente che qualcosa si stia aprendo, c’è grande aspettativa e speranza, nel futuro. Allo stesso tempo c’è anche un po’ di diffidenza, di attenzione, è vero che le cose cambiando: ci sono i più ottimisti che si sbilanciano in previsioni speranzose, ma ci sono anche persone che sono più titubanti e dubbiose».

Un cambiamento che si riflette anche sul lavoro delle Ong, paradossalmente aprendo spazi di incertezza dopo anni di “immobilismo” in cui gli spazi per operare andavano conquistati con fatica: «Trovavamo le nostre possiblità di lavorare con le comunità locali, trovavamo uno spazio “nonostante” il governo, con spazi alternativi, strutture parallele: per esempio noi abbiamo lavorato molto sulla malaria, costruendo network paralleli con medici e infermieri. Era paradossolmente quasi più semplice.  Ora si apre una sfida, dovremo forse fare meno noi direttamente e aprirci a maggiori collaborazioni con le autorità, bisogna cominciare a avvicinarsi a loro di più di quanto si faccesse in passato, è un lavoro interessante ma difficile, c’è un rapporto che va custruito, un equilibrio da ricostruire e ci sono anche da superare alcune diffidenze da parte dell’establishment, che adesso iniziano a uscire allo scoperto».

Protagonista attiva e vitale del cambiamento è sicuramente Aung San Suu Kyi: «Una delle cose che mi è piaciuta di queste elezioni, è che lei si è messa in gioco, ha corso dei rischi, si è sporcata un po’ le mani, non è rimasta nel suo “angolo” di paladina della giustizia. E’ stata una cosa positiva, una mossa coraggiosa, che allo stesso tempo rende complesso per noi capire come stanno le cose. Faccio un esempio: quando il giorno prima delle elezioni ha fatto una conferenza stampa parlando di possibili brogli, veniva spontaneo farsi la domanda: sta dicendo così perché è un politico in campagna elettorale o perché davvero ci sono questi rischi? È scesa un po’ dal piedistallo, entrando nella mischia».

Cesvi è presente in Birmania da dieci anni, sia nello Shan, vasta regione semimontagnosa confinante con Cina, Thailandia, Cambogia e Vietnam, sia nella zona interna del Magway, più arida. Attraverso una rete di volontari selezionati nei villaggi birmani, l’organizzazione – composta da cinque italiani, un’operatrice francese e più di un centinaio di birmani – porta avanti la lotta alla malaria. «La prevenzione funziona: nel 2007 diagnosticavamo un caso di malaria ogni cinque visite, ora uno ogni venti. Distribuiamo zanzariere, spieghiamo come si trasmette la malattia e creiamo presidi in ogni villaggio». In parallelo il Cesvi lavora per potenziare la resa delle attività agricole: «A chi possiede la terra facciamo formazione riguardo l’uso di concimi, fertilizzanti e pesticidi e diamo semi di qualità». Per chi invece non ha terreni da coltivare, si organizzano corsi professionali basati su studi di mercato. «Questa è un’area dinamica, in una posizione strategica importante tra Cina e India e ricca di materie prime come petrolio, gas e pietre preziose: la ricchezza arriverà anche qui».

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