La protesta

I caregiver in piazza: aiutateci, così è difficile assistere i nostri familiari

A Firenze, in piazza Duomo, la protesta di un gruppo di caregiver di familiari affetti da malattie gravi e degenerative. Il gruppo chiede misure concrete per rendere più accessibili i servizi di assistenza, ha già lanciato una petizione (più di 20mila adesioni in un giorno) e scritto al presidente della regione Toscana. Stefano Romagnoli: «Vogliamo che si capisca che così fare assistenza è diventato un problema sociale ed economico»

di Alessio Nisi

caregiver

Chiedono il potenziamento del servizio delle ore di assistenza, l’estensione del contributo badanti a tutti i comuni della regione Toscana, la programmazione di centri diurni e cohousing e l’aumento della dotazione finanziaria complessiva per le quote sanitarie. Ma soprattutto reclamano la creazione di un fondo regionale per finanziare le opere di ristrutturazione di appartamenti per renderli fruibili alle persone con inabilità. 

I caregiver della Toscana vogliono in sintesi più servizi e li mettono nero su bianco, in una lettera che hanno inviato al presidente della regione Toscana Eugenio Giani. I protagonisti di questa iniziativa sono in particolare familiari di persone affette da malattie gravi e degenerative che si appellano alla regione Toscana perché sostenga misure concrete per rendere più accessibili i servizi di assistenza

Più di 30mila adesioni

Non solo una lettera, questo insieme di persone (una quindicina) nato su una chat per scambiarsi informazioni (“siamo un gruppo di familiari che si sono conosciuti in questo oceano di dolore e tormento”, si chiarisce) ha già lanciato una petizione su change.org (che contiene le richieste e la lettera a Giani e che ha già raccolto, quando scriviamo, più di 32mila firme, oltre 21mila in un solo giorno), mentre il 6 dicembre mattina si mobiliterà con un presidio in piazza Duomo a Firenze. 

Oltre alla Regione e alle cooperative sociali è importante far sentire anche la voce di noi familiari. Vogliamo che si capisca che fare assistenza è diventato un problema sociale ed economico

Stefano Romagnoli – caregiver

I caregiver e le loro storie

In piazza ci sarà Daniela, che da quando non ha più potuto assistere suo padre in casa ha annaspato nell’oceano burocratico alla ricerca di una rsa. Un’attività costante e quotidiana per poter entrare in graduatoria costata migliaia di email, telefonate, tempo ed energia.

Stefano Romagnoli

E ci sarà Stefano Romagnoli, 68 anni, pensionato con un passato nella pubblica amministrazione. «Non vogliamo fare rumore», dice a VITA, «ma farci sentire sì». Stefano dal 2015 si prende cura di sua moglie, da quando «a 57 anni, le fu diagnosticata una forma di Alzheimer degenerativa. I primi quattro anni non sono stati difficili».

La lunga strada per la rsa

Finché è stata a casa, Stefano ce l’ha fatta, anzi ce l’hanno fatta, ma quando le condizioni della donna si sono aggravate, e lui è stato ricoverato, lo scorso anno la scelta di una rsa è stata la strada obbligata. «Ho dovuto. Lì ho iniziato a sbattere la testa in un sistema che appare perfetto, ma che perfetto non è». Ci racconta della mancanza di comunicazione tra rsa e strutture della regione, di ricerche affidate ai familiari, di una mappa delle rsa della regione a macchia di leopardo, di liste di attesa lunghissime e di costi elevati. Parliamo di 3.400 euro al mese perché, spiega, «il contributo sanitario, concesso dalla apposita commissione, non è erogato per mancanza di fondi».

Le richieste dei caregiver

Nel dettaglio i caregiver, si legge nella petizione, “schiacciati da misure assistenziali insufficienti, una burocrazia elefantiaca e uno sforzo economico spesso, insostenibile”, chiedono “misure concrete per rendere più accessibili i servizi di assistenza”.

Si tratta di una serie di richieste circostanziate per migliorare le loro condizioni e dei loro assistiti. “Nonostante sulla carta esistano molti strumenti messi a disposizione da comune e Asl, questi si dimostrano spesso lenti, inefficaci, limitati. Cresce, pertanto”, si legge ancora nel testo, “la rabbia di chi si trova a gestire situazioni estremamente faticose. Inoltre, si crea un grande problema economico con spese insostenibili per le famiglie: in una rsa la quota è superiore ai 3mila euro al mese, per una badante siamo sui 2mila euro”.

Il potenziamento del servizio. Tra le misure concrete parliamo prima di tutto del potenziamento e della qualificazione del servizio attraverso l’aumento del numero di ore di assistenza e del numero delle persone assistite. «Ci sono tantissime persone che vengono assistite a livello domiciliare», sottolinea Romagnoli, «il problema è che la scarsezza delle risorse fa sì che ci siano interruzioni del servizio e ore che vengono meno. La domanda cresce, ma i fondi diminuiscono».

Corsi gratuiti di formazione per le badanti. In secondo luogo si richiede che le badanti facciano un corso di formazione per l’assistenza primaria e che sia potenziato il progetto Prontobadanti, «un sito della regione in cui si dovrebbero individuare le badanti, che hanno fatto corsi di formazione». Un sito «che non risponde più alle esigenze delle famiglie» e che di fatto è inutilizzabile.

Fisco e tasse. Si parla parla poi dell’estensione del contributo badanti erogato da alcuni comuni a tutta la rete regionale e della creazione di un fondo regionale per finanziare le opere di ristrutturazione di appartamenti per renderli fruibili alle persone con inabilità. Un tema quest’ultimo a proposito del quale Stefano ricorda: «Sono interventi che costano un sacco di soldi e che vanno dal rifacimento dei bagni all’eliminazione di eventuali scalini». il fondo? «Un mistero». Se c’è, fa capire, non è assolutamente pubblicizzato.

Non da ultimo i caregiver in piazza a Firenze chiedono una revisione della normativa fiscale. In particolare chiedono la modifica del regime fiscale nazionale che non permette di portare in detrazione per il caregiver il totale dei contributi pagati come qualsiasi altro datore di lavoro e l’abolizione della sovratassa regionale Irpef per i caregiver. «Oltre i 1.500 euro non si possono dedurre. È veramente assurdo e vergognoso».

In apertura foto di Freya Song per Unsplash. Nel testo immagine da ufficio stampa change.org e da Sergio Romagnoli

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