Volontariato

I borsisti del Sud restano senza borsa

Molti degli idonei non ricevono il sostegno che gli spetterebbe

di Francesco Dente

La scarsità degli investimenti regionali determina quella dei fondi statali. Un cane che si morde la coda. Così gli studenti se ne vanno Le migrazioni dal Mezzogiorno verso il Nord Italia non si sono mai interrotte nei decenni. Hanno solo cambiato volto. Un tempo si partiva diretti verso le fabbriche, ora verso gli atenei. Ieri con la valigia di cartone, oggi con la ventiquattrore. Ieri in fuga dalla miseria, oggi dalla futura disoccupazione. Ieri semianalfabeti, oggi diplomati. Un’emorragia che, riporta l’ultimo rapporto dello Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, non accenna ad arrestarsi. Un diplomato meridionale su quattro si iscrive infatti in un ateneo del Centro-Nord, contro l’1% che compie il percorso inverso. Cervelli, dunque, e non più braccia in fuga.
Un’immagine che rischia di essere sfocata. Dal Sud i cervelli vanno via (anche) perché stanchi di allungare, inutilmente, il cappello verso gli enti regionali per il diritto allo studio. La fuga verso gli atenei settentrionali è condizionata, infatti, dalla ricerca di dipartimenti più qualificati e attrezzati, di un mercato del lavoro con più opportunità ma anche dall’insufficienza di borse di studio e posti letto nelle regioni del Mezzogiorno. I dati del ministero dell’Università (nella tabella) sulla percentuale di borsisti che ha beneficiato del sostegno nel 2007/08 sono illuminanti: la Basilicata copre il 31,9% delle domande valide; il Molise il 37%; Puglia, Calabria, Campania e Sicilia, le quattro regioni più grandi, il 50-70%. Contro una quota delle regioni centro-settentrionali del 90-100%. Colpa degli investimenti sul diritto allo studio più contenuti rispetto al resto d’Italia ma anche del meccanismo per l’assegnazione alle Regioni del Fondo nazionale per il diritto allo studio.
Quanto alle risorse del 2006/2007 (ultimo dato disponibile del ministero), la Campania – solo per citare un esempio – ha speso, al netto delle risorse provenienti dalla tassa sul diritto allo studio (pagata peraltro dagli studenti), 248mila euro contro i 2,6 milioni di euro della Provincia di Bolzano. Tanto più che il 50%del Fondo statale è distribuito in rapporto alla spesa regionale. Un meccanismo (fermo al 2001) che finisce col premiare le Regioni più ricche. «In parte può essere vero, ma è fondamentale che le Regioni del Sud investano nel proprio capitale umano. Se le Regioni di appartenenza non credono nei propri figli migliori, chi può farlo?», si domanda Giuseppe Catalano, professore di Economia pubblica al Politecnico di Milano, tra i massimi esperti in materia.
Un esempio negativo, ricorda, sono gli esiti del secondo bando per il cofinanziamento statale di residenze universitarie (legge n. 338/00). Molte Regioni del Sud, con l’eccezione della Puglia, non sono riuscite a conseguire neppure la quota regionale riservata per carenza progettuale. Secondo Catalano un maggior investimento sul diritto allo studio potrebbe contenere in parte la fuga dal Sud. È necessario, tuttavia, un grande sforzo di modernizzazione degli atenei meridionali. «Nelle valutazioni di merito», osserva, «solo l’università della Calabria e il Politecnico di Bari ottengono risultati positivi». L’effetto paradossale prodotto da questa fase di stallo è che alcuni studenti meridionali si trasferiscono al Nord richiamati, non solo dal prestigio degli atenei, ma anche dalla borsa. Secondo dati forniti a Vita dall’Osservatorio per l’università del Piemonte, nel 2008/09 il 16% delle borse assegnate in regione è andato a studenti meridionali. «I ragazzi già iscritti, specie delle comunità pugliesi e siciliane, fanno da traino per i nuovi iscritti provenienti dalle queste regioni», spiega Daniela Musto, ricercatrice dell’osservatorio. Anche perché,il Piemonte assegna la borsa studio a tutti gli idonei che ne fanno richiesta.

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