Formazione

I BES spiegati ai prof

Una circolare del Miur dà indicazioni operative sull'introduzione nella scuola dei bisogni educativi speciali, ovvero il diritto a un piano personalizzato per difficoltà legate allo svantaggio culturale o economico

di Sara De Carli

I bisogni educativi speciali entrano nella scuola. Il 6 marzo è arrivata anche la circolare del Miur che contiene le indicazioni operative per attuare la direttiva del 27 dicembre 2012, quella che appunto introduce i Bes e ridefinisce l’organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica.

Quella direttiva viene presentata come la ridefinizione e il completamento del «tradizionale approccio all’integrazione scolastica, basato sulla certificazione della disabilità, estendeno il campo di intervento e di responsabilità di tutta la comunità educante all’intera area dei bisogni educativi speciali, comprendente svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici dell’apprendimento o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della lingua e della cultura italiana perché appartenenti a culture diverse». Ed ecco il punto: «la direttiva estende a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento». 

Chi decide lo svantaggio?

Superata la logica della certificazione, chi valuta e stabilisce lo svantaggio culturale e socioeconomico? Come? Secondo la circolare «tali tipologie di BES dovranno essere individuate sulla base di elementi oggettivi, ad es. una segnalazione degli operatori dei servizi sociali, ovvero di ben fondate considerazione pedagogiche e didattiche». Nel caso di difficoltà linguistiche «le misure compensativi avranno carattere transitorio» e dovranno essere messe in atto solo «per il tempo strettamente necessario». A rilevare le criticità presenti in ciascuna classe sarà il GLI-Gruppo di lavoro per l’inlcusione, che rileva di BES presenti nella scuola ed elabora un Piano Annuale per l’Inclusività che faccia il punto ogni anno sull’efficacia degli strumenti messi in atto nell’anno scolastico trascorso. Lo stesso GLI dovrà valutare ogni anno il grado di inclusività della scuola, in modo da «accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei risultati educativi».

 

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.