Formazione

I beni comuni alla finanza. Come lo spiega Giuliano Pisapia?

Cosa si nasconde dietro l'affaire A2A

di Redazione

di Emilio Molinari (Comitato italiano per il contratto mondiale dell’acqua)

 

Una holding “nordista” nata dalla fusione di tutte le società private e quotate in Borsa (Iren, A2A, Hera, Acegas), che gestiscono da Torino a Trieste passando per Genova, Reggio Emilia e Bologna, tutti i servizi pubblici locali strategici: acqua, rifiuti, energia elettrica. È il disegno messo a punto, sotto la regia dell’assessore al Bilancio del Comune di Milano, Bruno Tabacci: un’operazione contabile mossa solo dal bisogno di Milano e Torino di fare cassa, nascondendo i debiti accumulati: 5 miliardi A2A e 2,5 Iren.


È un disegno all’insegna di una visione di governo centralistico e di un approccio tutto finanziario al tema dei beni comuni. Il senso della holding del Nord sembra questo: una società privata, quotata in Borsa, con i Comuni pronti a cedere la maggioranza delle quote azionarie ad un privato che tutti indicano nel Fondo F2ì di Vito Gamberale. Un fondo partecipato dalle fondazioni delle maggiori banche italiane, che si è già ingoiato in modo discusso la Sea, e che va acquisendo infrastrutture d’ogni tipo: porti, interporti, aeroporti, servizi pubblici d’ogni tipo ed è pure indagato dalla magistratura.


In questo modo si consegna il potere su materie tanto sensibili ad un centro decisionale centralistico lontano dai territori, anonimo, esente da obblighi a dover servire l’interesse generale. Un puro gioco azionario e di dividendi. Sembrano davvero le campane a morto per una lunga storia di autonomia comunale che per secoli ha segnato il nostro Paese. In realtà le parabole di A2A, Iren, Hera sono la palese dimostrazione del fallimento delle privatizzazioni fatte finora.


Per finire aggiungiamo la delusione di vedere come protagonista di un simile operazione proprio la giunta Pisapia. Cioè la giunta che ha raccolto tanti consensi nel segno della partecipazione, del legame territoriale, della primavera del cambiamento, e anche del referendum sull’acqua. È troppo chiedere le ragioni di una scelta di questo tipo?


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