Sostenibilità

I benefici ambientali alla sfida del Pil

Come salvaguardare il clima e non perdere in competitività? Intervista a Giancarlo Coccia (di Chiara Sirna).

di Redazione

«L?industria italiana si sta impegnando per attuare il Protocollo di Kyoto, ma bisogna fare in modo che il rapporto costi/benefici non ne comprometta la competitività». Ben venga la sfida dunque, a patto però che gli investimenti si traducano in vantaggi economici e produttivi. è la tesi di Giancarlo Coccia, esperto di ambiente e industria. «L?Unice (la confederazione dell?industria europea)», continua Coccia, «ha dimostrato che il perseguimento delle attuali politiche comunitarie porterà a una riduzione del tasso di crescita dello 0,48% del Pil al 2010 e del 5,1% sulle esportazioni. Perché i benefici ambientali non compromettano la competitività delle imprese bisogna coinvolgere a breve termine tutti i Paesi, anche i non firmatari. Solo in un contesto globale si potranno pianificare le strategie per il dopo 2012». Ecomondo: Il Protocollo di Kyoto avvia il passaggio dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. Ma in 20 anni l?industria italiana del settore è passata dai primi agli ultimi posti. Perché? Come invertire questa tendenza? Giancarlo Coccia: Le fonti rinnovabili saranno chiamate a ridurre l?impatto ambientale della generazione elettrica e la dipendenza dalle importazioni e coprire il crescente fabbisogno elettrico del Paese. Per far questo però occorre assicurare credibilità agli indirizzi e alle azioni, definendo programmi di sviluppo sul territorio maggiormente coerenti con gli impegni assunti a livello nazionale. Ecomondo: La ricerca allora potrebbe aiutare? Coccia: Certamente sì. Quando in gioco ci sono sviluppo e innovazione, bisogna per forza puntare sulla ricerca. Altrimenti non si va da nessuna parte. Ecomondo: Ma negli ultimi 10 anni gli investimenti della ricerca in campo energetico sono stati dimezzati. Perché l?industria italiana non è riuscita ad ottenere finora dai governi l?attenzione di cui ha bisogno? Coccia: Occorre certamente un più efficace sistema di incentivazione che permetta alle fonti rinnovabili di avvicinarsi alla competitività necessaria per sopravvivere a una logica di mercato. E dunque è necessario che sia avviata una politica concreta di sostegno alla ricerca finalizzata su progetti specifici, piuttosto che disperdere a pioggia le risorse. L?esperienza di altri Paesi conferma che attraverso questa strada si son potute consolidare negli anni quelle tecnologie frutto di progetti di innovazione seri e affidabili. Se non si superano però le indiscriminate prese di posizione contrarie all?installazione di nuovi impianti in nome di una politica di difesa del paesaggio, spesso più strumentale che reale, diventa tutto più difficile. Ecomondo: L?Italia ha grandi potenzialità di efficienza energetica ma occorre sviluppare nuove tecnologie. Siamo pronti a raccogliere la sfida? Coccia: Per un insieme di fattori favorevoli, relativi anche alla sua storia e struttura economica, l?Italia ha una elevata efficienza energetica in termini di consumo totale di energia per unità di Pil. Sul piano delle emissioni totali di gas serra invece siamo meno efficienti. E questo per varie ragioni, tra cui il mix di combustibili utilizzati nella produzione di elettricità e la rinuncia al nucleare, ampiamente presente in altre grandi economie europee. Ecomondo: Questo limita la capacità di rispettare gli impegni di Kyoto? Coccia: Tutti questi fattori influiranno non solo sulla capacità effettiva del nostro Paese di rispettare gli impegni di riduzione delle emissioni, ma anche sui costi. Le imprese dovranno affrontare un enorme impegno economico, che peraltro si scontra con la necessità di ridurre gli elevatissimi prezzi dell?energia elettrica. Sottovalutare questi aspetti sarebbe un grave errore. Se, quindi, nell?attuazione delle misure previste dal Protocollo di Kyoto, non si terrà conto dello scenario che caratterizza il nostro Paese, verranno penalizzati non solo la competitività del sistema industriale ma anche le opportunità di innovazione e progresso in tecnologie e ricerca. Opportunità che l?industria italiana è pronta a raccogliere. Ecomondo: Il Protocollo di Kyoto prevede che una parte delle riduzioni di emissioni possa essere sostituita con l?esportazione di tecnologie pulite ai Paesi in via di sviluppo. Come si sta attrezzando l?Italia? Coccia: Confindustria ritiene indispensabile un efficace legame tra le azioni che verranno sviluppate all?interno del nostro Paese, il sistema Emissions Trading che sta partendo e gli altri meccanismi flessibili previsti da Kyoto (Clean Development Mechanisme Joint Implementation). Inoltre auspica che tutti questi strumenti possano essere applicati con tempi analoghi e senza inopportune restrizioni. I progetti di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, dell?Europa centrale e orientale potranno infatti contribuire ad assicurare l?equilibrio tra costi e benefici perché da un lato coinvolgeranno Paesi fuori Ue e dall?altro permetteranno alle imprese europee/italiane di trasferire tecnologie in nuovi mercati, in modo da favorire anche un aumento di efficienza ambientale. Ecomondo: Confindustria ha un piano specifico per facilitare l?attivazione del Protocollo di Kyoto? Coccia: L?industria italiana ora è pronta a rispondere agli adempimenti previsti dalla direttiva Emissions Trading. Ma occorre evitare che il nuovo sistema si traduca in un vincolo alla crescita produttiva comportando costi eccessivi. Il Piano di allocazione nazionale, adottato e presentato a Bruxelles, a nostro avviso salvaguarda la competitività delle imprese italiane e la sicurezza energetica nazionale tenendo conto delle peculiarità del sistema energetico italiano e dei progetti di cooperazione con Paesi in via di sviluppo. È importante che venga approvato nella sua attuale impostazione. Del resto, anche l?Autorità per l?energia elettrica e il gas ha comunicato al governo che eventuali modifiche all?impostazione del Piano avranno un effetto diretto sui prezzi dell?energia elettrica di oltre il 5%. Prezzi che oggi sono superiori del 30% rispetto a quelli degli altri Paese europei.

Chiara Sirna


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