Famiglia

I “bambini di Chernobyl” non abitano più qui

Per venticinque anni siamo stati primi al mondo in generosità. Ma in soli due anni i minori accolti sono calati del 18%.

di Sara De Carli

Continuano a diminuire i minori non accompagnati accolti in Italia nell’ambito dei programmi solidaristici. Nel 2011 – lo riferisce per la prima volta in venticinque anni un dettagliatissimo report pubblicato dal Comitato Minori Stranieri, completo degli indirizzi delle 214 associazioni proponenti – sono stati 17.823. Erano 19.280 nel 2010 e 21.914 nel 2009, con un calo del 18,6% in soli due anni.

I programmi solidaristici sono quei progetti di accoglienza temporanea presentati al Comitato per i minori stranieri da enti locali, associazioni e parrocchie, che accolgono ragazzini stranieri per delle “vacanze” in Italia (il permesso è stato di recente esteso da 90 a 120 giorni all’anno) che giovino sia benessere psicofisico del ragazzo sia alla sua socializzazione e al suo inserimento in un contesto socio-familiare. Questa formula è nata nel 1986, all’indomani dell’incidente nucleare di Chernobyl, ed è un settore in cui l’Italia ha storicamente brillato per numeri e generosità.

Ancora oggi il 92,8% dei ragazzini accolti viene dalla Russia e dall’Est Europa, con in testa ancora la Bielorussia e l’Ucraina (rispettivamente 71.4% e 17.2%), 899 vengono dall'area dei Balcani (5%) a patire dalla Bosnia-Erzegovina; 333 dall'Africa (1,9%). Nel 2011 per la prima volta hanno debuttato il Brasile, con 9 bambini accolti e il Giappone, con 42 bambini. È stato questo il tentativo – che ha avuto scarsi esiti, come già anticipato da Vita lo scorso agosto – di bissare il successo dei “progetti Chernobyl” sul Giappone, dopo che nel marzo 2011 il terremoto provocò il disastro nucleare alla centrale di Fukushima. Kibou Japan e Italian friends for Japan erano i due progetti presentati, che parlavano di 35 bambini per il primo e di 70 mamme con bambini al seguito, per un totale di 196 persone per il secondo, ideato da Advantage Financial, che ci aveva messo 100mila euro. Il resoconto del Comitato Minori Stranieri, su questo punto, parla da solo.

A promuovere i soggiorni sono soprattutto le associazioni (a loro fanno capo il 90% dei 1104 progetti presentati), mentre dalle parrocchie arriva il 6% dei progetti e dai comuni il 4%. Non si tratta quasi mai di grandi associazioni: il 76% dei progetti arriva da piccole associazioni di famiglie, che insistono su piccoli Comuni. Il 14% dei progetti ha luogo in Comuni capoluogo di Regione e il 10% capoluogo di Provincia. «Questo dato è indicatore del fatto che il fenomeno dell’accoglienza temporanea di minori stranieri in Italia è gestito soprattutto da piccole realtà locali», scrive il report del Comitato Minori Stranieri, «molto radicate nel territorio di piccoli Comuni, dove aspetti quali la maggiore prossimità e reciproca conoscenza fra associazioni, enti locali e famiglie, genera processi virtuosi di fiducia e sensibilizzazione tramite i contatti diretti ed il passaparola, che promuovono ed agevolano la realizzazione e le attività dei programmi stessi territoriali».

La maggior parte dei ragazzi stranieri è stata accolta in Lombardia (4.487), seguita da Emilia Romagna  (1996) e – vicinissime – Piemonte (1757) e Veneto (1736). Il rapporto tuttavia «evidenzia, altresì, un’attività intensa degli enti proponenti aventi sede in grandi Regioni del Sud, quali Campania, Puglia e Sicilia, ma anche in Regioni a più bassa densità abitativa, quali Marche, Sardegna, Basilicata ed Abruzzo».

Appena prima dell’estate è arrivata un'importante novità per i ragazzi protagonisti dei soggiorni temporanei provenienti dalla Bielorussia: il Miur ha firmato un accordo con Minsk in base a cui i ragazzi bielorussi con più di 14 anni potranno frequentare un intero anno scolastico in Italia. Già a partire da settembre.
 


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