Famiglia
I 20 anni della Convenzione Onu
La più ratificata al mondo, la più difficile da realizzare
Non discriminazione, superiore interesse del bambino, diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo, diritto all’ascolto: sono i 4 principi fondamentali della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, firmata a New York proprio il 20 novembre di vent’anni fa.
La più ratificata al mondo
La Convenzione sui diritti dell’infanzia è il trattato sui diritti umani maggiormente ratificato nella storia umana ed è il più importante strumento giuridico a disposizione di tutti coloro – individui, famiglie, associazioni, governi – che si battono per un mondo in cui ogni bambino e ogni bambina abbiano le medesime opportunità di diventare protagonisti del proprio futuro.
Approvata il 20 novembre 1989 dall’Assemblea Generale dell’ONU (ed entrata in vigore il 2 settembre del 1990), è stata ratificata da 193 Stati, con la sola eccezione di Somalia e Stati Uniti. L’Italia ha ratificato la Convenzione il 27 maggio 1991 con la legge n. 176
Cosa prevede
La Convenzione ha profondamente innovato il panorama internazionale dei diritti umani, affiancandosi agli altri storici trattati concepiti a tutela dell’individuo, come la Convenzione per l’eliminazione delle discriminazioni contro la donna (1979) o i Patti sui diritti umani del 1966.
Strumento di promozione e di protezione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ha introdotto per la prima volta l’idea del bambino come soggetto di diritti invece che mero oggetto di tutela e protezione da parte del mondo adulto.
Secondo la definizione della Convenzione sono “bambini” (il termine inglese “children”, in realtà, andrebbe tradotto in “bambini e adolescenti”) gli individui di età inferiore ai 18 anni (art. 1), il cui interesse deve essere tenuto in primaria considerazione in ogni circostanza (art. 3).
Tutela il diritto alla vita (art. 6), nonché il diritto alla salute e alla possibilità di beneficiare del servizio sanitario (art. 24), il diritto di esprimere la propria opinione (art. 12) e ad essere informati (art. 13).
I bambini hanno diritto al nome, tramite la registrazione all’anagrafe subito dopo la nascita, nonché alla nazionalità (art.7), hanno il diritto di avere un’istruzione (art. 28 e 29), quello di giocare (art. 31) e quello di essere tutelati da tutte le forme di sfruttamento e di abuso (art. 34).
In quanto dotata di valenza obbligatoria e vincolante, la Convenzione obbliga gli Stati che l’hanno ratificata a uniformare le norme di diritto interno a quelle della Convenzione e ad attuare tutti i provvedimenti necessari ad assistere i genitori e le istituzioni nell’adempimento dei loro obblighi nei confronti dei minori.
Di fondamentale importanza è il meccanismo di monitoraggio previsto dall’art. 44: tutti gli Stati sono infatti sottoposti all’obbligo di presentare al Comitato dei Diritti dell’Infanzia un rapporto periodico (a 2 anni dalla ratifica e, in seguito, ogni 5 anni) sull’attuazione, nel loro rispettivo territorio, dei diritti previsti dalla Convenzione.
Alla Convenzione si affiancano due Protocolli opzionali approvati dall’Assemblea generale ONU nel 2000 e ratificati dall’Italia con legge 11 marzo 2002, n. 46, concernenti la vendita di bambini, la prostituzione e la pornografia riguardante i minorenni e il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati.
I Rapporti periodici del Governo italiano e quelli del network CRC
L’Italia ha presentato il suo primo rapporto nel 1993 e lo ha discusso nel 1995.
Il secondo rapporto è stato presentato il 21 marzo del 2000 e discusso, nel corso della XXXII Sessione del Comitato, il 31 gennaio 2003.
Ma il Comitato sui Diritti dell’Infanzia analizza, oltre alla documentazione presentata dai governi, anche la documentazione fornita dalle ONG che possono presentare rapporti alternativi a quelli dei governi nelle materie di propria competenza. In Italia sono attivi alcuni Forum e Gruppi di studio che si occupano di monitorare lo stato di attuazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia.
Primo fra tutti è il Gruppo di lavoro sulla CRC, un coordinamento di 86 realtà del Terzo Settore che dal 2001 pubblica i Rapporti Supplementari sullo stato di attuazione della Convenzione.
La situazione dell’infanzia in Italia
Il secondo Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia è stato distribuito alla Conferenza Nazionale sull’ Infanzia e l’Adolescenza di Napoli e verrà presentato anche alla Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza il 24 novembre, e successivamente inviato alle Nazioni Unite.
Sono 10.150.000 i minori presenti in Italia, ma non tutti godono di buone condizioni di vita. Secondo stime ufficiali, i minori in condizioni di povertà relativa sono 1.728.000, pari al 23% della popolazione povera (nonostante costituiscano appena il 18% della popolazione complessiva), con una forte prevalenza delle età infantili (il 61,2% ha meno di 11 anni) e una sproporzionata concentrazione nel Meridione, dove risiede il 72% dei minori poveri italiani.
A rischio povertà, sfruttamento e caduta nell’illegalità sono inoltre molti minori stranieri, soprattutto i “non accompagnati”: 7.797 quelli ufficialmente registrati dal Comitato Minori Stranieri nel 2008.
Gravi fenomeni di sfruttamento e abuso, come la tratta a scopo di sfruttamento sessuale, la mendicità, il lavoro nero, coinvolgono anche molti minori: sono stati 938 gli under 18 assistiti e protetti fra il 2000 e il 2007. La pedo-pornografia on line, continua ad essere un fenomeno in continua espansione, nonostante l’acquisita consapevolezza e l’impegno per il contrasto delle istituzioni e delle forze di polizia, sia a livello nazionale che internazionale.
Mancata approvazione e pubblicazione del Piano Nazionale Infanzia
Nonostante in questi anni si siano succedute promesse in tale senso, non è stato ancora approvato il nuovo Piano Nazionale Infanzia, Piano che è stato raccomandato dal Comitato ONU già nel 2003 e nel 2006 e che in base all’attuale normativa dovrebbe essere adottato ogni due anni. “L’ultimo Piano approvato risulta essere ancora quello relativo al 2002-2004, il terzo dall’entrata in vigore della Legge 451/97. Il che significa che l’Italia è stata priva di un Piano Nazionale Infanzia negli ultimi 5 anni”, ha detto Arianna Saulini, esperta coordinatrice del Gruppo CRC. “La conferenza nazionale infanzia organizzata a Napoli è un’occasione “persa” in tal senso, in quanto avrebbe potuto rappresentare l’occasione di confronto sulla bozza elaborata dall’Osservatorio nazionale infanzia, ma la discussione è stata posticipata a fine gennaio”.
La partecipazione dei bambini e delle bambine
“Rileviamo poi con rammarico un significativo arresto nel nostro Paese della tendenza a coinvolgere, ascoltare e dare la parola ai minori”, continua la coordinatrice del Gruppo CRC. “La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza riconosce esplicitamente il diritto dei bambini e degli adolescenti a partecipare attivamente ai processi decisionali che li riguardano, determinando quel centrale passaggio concettuale che vede i minori «soggetti» e non più «oggetti» di diritto. Negli ultimi anni la promozione della partecipazione dell’infanzia e dell’adolescenza ha avuto, in Italia, una crescita notevole ma ha subito un significativo arresto nell’ultimo periodo. La conferenza dedicata ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha visto riuniti operatori, istituzioni, professionisti, ong, enti locali ma senza la presenza dei ragazzi. Questo tema nel nostro Paese non è ancora entrato a pieno titolo nell’assetto istituzionale e sociale”.
Un inadeguato ascolto del minore si rileva anche in ambito giudiziario. Nei procedimenti penali, gli strumenti di tutela speciale, previsti nell’ordinamento italiano(nota5), relativi all’ascolto del minore parte offesa oppure vittima di un reato sessuale non hanno ancora raggiunto livelli di omogeneità e di uniformità applicativa da parte dei vari Tribunali. Più positivo invece il giudizio sull’ascolto del minore nei procedimenti di separazione previsto ora espressamente nel disposto della Legge 54/2006.
Pacchetto sicurezza e impatto sui minori
Secondo il Gruppo CRC è indice di scarsa attenzione all’infanzia che nell’adozione delle riforme legislative l’impatto sui minori non sia talvolta tenuto in debita considerazione.
Un esempio è la Legge sulla sicurezza pubblica 94/2009 che prevede l’obbligo di presentare il permesso di soggiorno per atti di stato civile, e che quindi ha suscitato preoccupazione in merito al compimento di atti quali la dichiarazione di nascita e il riconoscimento del figlio naturale, fondamentali ai fini del diritto all’identità (art. 7 CRC) e al diritto alla tutela del minore contro gli allontanamenti arbitrari dei figli dai propri genitori (art. 9 CRC). E’ stata necessaria una circolare del Ministero dell’Interno per precisare che la normativa non incide su tali atti e per evitare degli effetti gravemente discriminatori per quei bambini figli di coppie non regolarmente soggiornanti in Italia.
Negativo è giudicato l’impatto della legge sulla sicurezza pubblica laddove impone notevoli limitazioni ai minori migranti arrivati in Italia da soli al momento della regolarizzazione della loro posizione al compimento della maggiore età. “La previsione di criteri molto stringenti”, spiega la coordinatrice del Gruppo CRC, “comporta una violazione del diritto alla protezione in quanto, da un lato, potrebbe determinare l’aumento delle fughe dei ragazzi e ragazze non ancora maggiorenni dalle comunità, con conseguente rischio di un loro coinvolgimento in forme di grave sfruttamento, dall’altro, rischierebbe seriamente di incentivare l’arrivo di minori soli in età sempre più precoce”.
Bambini discriminati
La raccomandazione del Comitato ONU che sottolineava l’importanza di assicurare che il processo di decentramento regionale favorisse l’eliminazione delle disparità fra bambini dovute alla ricchezza delle Regioni di provenienza, è stata ampiamente disattesa. Infatti, i Livelli Essenziali delle prestazioni civili e sociali (LIVEAS), che dovrebbero individuare ed assicurare il rispetto di determinate prestazioni legate al soddisfacimento di diritti civili e sociali, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, senza alcuna discriminazione, non sono stati ancora definiti, pur essendo previsto che la loro definizione dovesse costituire una priorità . Tutto ciò contribuisce a creare, di fatto, una sostanziale differenza tra alcune regioni ed altre, in termini di qualità e quantità di servizi e prestazioni a favore dei bambini.
“Descriminatorio infine e poco comprensibile ci sembra anche il fatto di non aver incluso il tema dei minori migranti e dell’intercultura all’interno dei lavori della Conferenza nazionale sull’Infanzia in programma da domani a Napoli e questo nonostante i minori migranti costituiscono una presenza consistente e significativa sul territorio italiano”.
Info: La Convenzione è scaricabile in allegato.
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