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I 20 anni del progetto Harambee. La vacanza solidale? Mica è nata ieri

In una zona poverissima del Kenya dal 1983 si sono alternati centinaia di scout. Forse è il campo di lavoro più vecchio d’Italia. Che si festeggia con una mostra (di Antonio Menna).

di Redazione

In uno spicchio di terra africana, a 500 chilometri da Nairobi, nella regione Gwassi, una delle zone più povere del Kenya, 10mila persone sparpagliate sulle colline in capanne di legno, fango e paglia, hanno ?scoperto? l?acqua potabile. Un piccolo acquedotto ha ?camminato? nel cuore dell?Africa nera ed è arrivato fin lì, in un villaggio sulle rive del lago Vittoria, un piccolo borgo di pescatori chiamato Nyandiwa. A costruirlo, pezzo su pezzo, in dieci anni di lavoro, sono stati centinaia di volontari italiani, insieme agli scout di tutto il mondo, dentro un progetto di cooperazione internazionale che quest?anno festeggia il suo ventesimo compleanno. Cioè, insieme Nel 1983, infatti, la fondazione Brownsea (creata da alcuni volontari italiani e affiancata per i primi tempi alle missioni dei padri Passionisti) insieme agli scout dell?Agesci e del Masci, con il Kenya Scouts Association e il World Scout Bureau, sbarca nel Sud Nyanza, una zona del Kenya, abitata in gran parte dalla tribù Luo, con l?obiettivo di avviare un programma di cooperazione allo sviluppo. “Il nostro progetto si chiama Harambee”, spiega Angela Melodia, una volontaria, “che nella lingua swahili significa ?lavorare insieme?”. E insieme alla popolazione locale, i volontari italiani, in venti anni di attività, portano a segno successi importanti. Creano un servizio di trasporto pubblico tra l?isola e la terraferma con barche a motore, attrezzano con banchi e strutture la scuole di Kiwa, allestiscono una vasca per organizzare meglio l?allevamento di pesci, costruiscono moduli strutturali per l?allevamento delle galline, tirano su un asilo in muratura, sperimentano un impianto di irrigazione e di pompaggio delle acque del Lago Vittoria con un serbatoio, un sistema di tubi a cascate e pompe elettriche, montano pannelli solari, attivano l?elettricità per alcuni sistemi idraulici. E costruiscono, in dieci anni, un vero e proprio acquedotto, che porta nel villaggio l?acqua potabile e consente alla piccola comunità di far crescere il livello igienico-sanitario dell?insediamento. “Nel 2003, anno mondiale dell?acqua, il nostro progetto”, continua Angela Melodia, “festeggia anche 10 anni di operatività dell?acquedotto che serve oggi tutta la penisola di Nyandiwa. L?acquedotto è stato realizzato da personale italiano e da personale locale ed è gestito ormai da anni in autonomia dalla comunità locale. Questa realizzazione è un segno di grande speranza per chi opera nel mondo della cooperazione perché testimonia concretamente che incentivare l?autosviluppo è possibile”. Tre scopi Nei campi di lavoro che la fondazione organizza da vent?anni si sono avvicendati decine di gruppi: singoli volontari e clan scout, dall?Italia e da ogni parte del mondo, che si sono calati per poche settimane in un ambiente sconcertante e fascinoso, hanno mischiato la loro fatica a quella dei pescatori del villaggio, hanno visto i risultati della loro militanza prendere forma giorno per giorno e lasciare un segno incancellabile. La regione interessata dal progetto, con una densità media di 140 abitanti per chilometro quadrato, si estende per 500 kmq. Le popolazioni traggono la principale, se non unica, fonte di reddito dalla pesca. La mancanza di attrezzature per la conservazione del pesce non consente un commercio redditizio. La nutrizione è carente, la situazione sanitaria è grave per la scarsa educazione igienica e le malattie endemiche. Gli obiettivi della fondazione Brownsea e degli scout italiani sono tre: la realizzazione di strutture di pubblica utilità; l?attività di formazione diretta alla popolazione locale, con lo scopo di elevare l?alfabetizzazione; gli interventi a favore delle popolazioni locali non a carattere assistenziale, ma con l?intento di prepararle a gestire in autonomia le attività. La vasca dei pesci “Due anni fa, per la prima volta, il Clan Fuoco del gruppo scout di Zizzolo”, raccontano alcuni volontari appena tornati dalla loro missione, “iniziò a sognare una meravigliosa avventura in Africa. Era solo un?idea dai contorni non ancora ben definiti, che voleva inserirsi in un progetto più grande: scoprire il vero significato della fratellanza e della missionarietà. Quando siamo partiti, all?inizio è stata dura: i giorni vissuti a Nyandiwa sono stati i giorni dell?essenzialità, cibo semplice, povero ma condiviso ogni giorno con la gente del posto. Abbiamo lavorato per loro e con loro alla realizzazione di una vasca per l?allevamento dei pesci: un progetto piccolo ma capace di autofinanziarsi e di andare avanti anche senza di noi uomini bianchi, i musungu, come ci chiamava la gente del posto”. “Ripensando all?esperienza vissuta a Nyandiwa”, racconta Alessandra Carelli, una volontaria che ha partecipato a un campo due anni fa, “mi rendo conto dell?incredibile quantità di attività che siamo riusciti a concentrare in tre sole settimane. Tra i ricordi c?è soprattutto quello delle tante persone incontrate: i tantissimi bambini con cui abbiamo giocato. A Nyandiwa abbiamo lavorato molto con picconi, badili e carriole. Abbiamo fatto piccole cose ma abbiamo comunicato la nostra voglia di condividere con quella gente un cammino”. “Quando si parla di aiuto ai Paesi sottosviluppati”, spiega Antonio Labate, responsabile degli scout del Masci e animatore del progetto, “si pensa all?emergenza fame da risolvere inviando cibi, o a quella sanitaria inviando medicine, oppure alla mancanza di infrastrutture che bisogna andare a costruire. Ma basta solo questo? I progetti di sviluppo con un taglio educativo offrono invece occasione di formazione ai giovani africani nel loro villaggio o a quelli europei nelle loro città. Allevamento di polli, di pesci, dispensari, piantagioni di alberi, tecnologie alternative: lo scautismo nei progetti di cooperazione punta sul metodo delle microrealizzazioni perché sono anche un mezzo per raggiungere uno scopo educativo”. Antonio Menna Partecipare ai campi I dieci anni di acquedotto e i venti anni di Harambee sono ricordati con una bella mostra fotografica allestita a Milano, presso la fondazione Mudima (via Tadino 26). Un percorso tra le immagini più belle di anni di mobilitazione, un cammino nei ricordi, una carrellata di momenti, piccoli passi di una solidarietà militante che ha attraversato, negli anni, centinaia di volontari. A chi vuole partecipare ai campi (basta contattare la fondazione al sito Progetto Harambee si chiede solo un forte spirito di adattamento e il rigoroso rispetto delle regole del gruppo.


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