Sostenibilità

I 150 milioni di euro della carbon tax? Spesi male

E' la valutazione della Corte dei Conti, che in una relazione boccia Stato, Regioni ed Enti locali

di Benedetta Verrini

Una sonora bocciatura della Corte dei Conti in materia di ambiente. I fondi provenienti dalla cosiddetta ‘carbon tax’, pari a 150 milioni di euro, non sono stati impiegati bene da Stato, Regioni ed Enti locali. E’ quanto sostiene la magistratura contabile, che ha effettuato un’indagine sulla ”Gestione delle misure per la riduzione delle emissioni inquinanti”, legge 448 del ’98. ”L’attuazione dei programmi rivolti alla riduzione delle emissioni di gas serra, finanziate con le sole risorse stanziate dal decreto legge 500 del ’99, non sembra aver raggiunto a oggi risultati soddisfacenti” spiega la Corte. Il rapporto prende in esame l’attivita’ del ministero dell’Ambiente, delle Regioni e delle Province autonome e ”dei soggetti beneficiari che – si legge nella relazione del consigliere della Corte dei Conti Gemma Tramonte – nell’introdurre la tassazione sulle emissioni di anidride carbonica, ha disposto che le maggiori entrate fossero dirette, tra l’altro, a misure compensative di settore per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili e per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa”. L’indagine ha riguardato il programma di ricerca nazionale per la riduzione delle emissioni, il programma di cooperazione internazionale nell’ambito dei meccanismi di Kyoto e i programmi delle Regioni delle province autonome di Trento e Bolzano. In particolare i giudici contabili evidenziano che, a ottobre del 2003, sono stati avviati 5 progetti del programma di ricerca nazionale rispetto agli 11 preventivati, con un impegno di spesa di 11,8 milioni di euro e 3,8 mln gia’ trasferiti. Sono gia’ avviati, invece, tutti i progetti inseriti nei programmi di cooperazione internazionale, per una spesa di circa 16 milioni di euro. Secondo la Corte dei Conti la lentezza nell’attuazione dei piani di riduzione dell’inquinamento e’ stata determinata ”in parte dal processo di riorganizzazione delle strutture ministeriali, avviato nel secondo semestre del 2000, che non ha di fatto consentito una fluida azione amministrativa” e ”in parte dal fatto che le attivita’ poste in essere coinvolgono soggetti (Stato, Regioni, soggetti attuatori) che interagiscono sul territorio e che, in concreto, non riescono a rispettare i tempi prefissati per la realizzazione dei programmi”. In totale alle Regioni e alle province autonome sono stati assegnati poco piu’ di 80 milioni di euro, il 15,95% alla Lombardia, seguono l’Emilia Romagna (8,36%), il Veneto (8,24%), il Piemonte (7,92%), il Lazio (6,79%), la Puglia (6,36%), la Sicilia (6,16%). Alcune regioni, fra cui la Campania, la Toscana, il Veneto, la Lombardia e le Marche, hanno gia’ finanziato progetti presentati da comuni e privati, altre invece si sono limitate a indicare i settori di finanziamento. La Corte dei Conti, in particolare, bacchetta proprio le Regioni che ”non si sono dimostrate sollecite nel fornire le dovute informazioni o la necessaria documentazione, tanto che, come risulta dagli atti, l’amministrazione ha dovuto piu’ volte sollecitarne la trasmissione”. ”La mancata costituzione del Comitato preposto al monitoraggio e al controllo dell’attuazione delle iniziative – si legge nell’indagine – ha vanificato tali funzioni in contrasto con il principio di buona amministrazione, secondo il quale l’amministrazione dello Stato che eroga fondi statali, e’ tenuta ad accertare i risultati ottenuti e l’efficace impiego delle risorse rese disponibili”.


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