Welfare

I 13 anni senza amnistia

Giustizia. Intervista a Giuliano Pisapia, ministro in pectore dell’Unione. «Dal 1861 a oggi ce n’è stata in media una ogni quattro anni. Dal 1992 invece più niente»

di Redazione

Nel caso di una vittoria dell?Unione alle prossime politiche, sarà lui e giocarsi la poltrona di ministro di Giustizia con Luciano Violante. Per adesso (ma non da adesso visto che già nel maggio del 2001 aveva presentato una proposta di legge in merito) l?onorevole Giuliano Pisapia, dopo aver partecipato alla scrittura del programma sulla giustizia del centrosinistra, si è ributtato lancia in resta in una battaglia che gli sta molto a cuore: quella a favore dell?amnistia e dell?indulto. Per questo è stato uno dei primi firmatari dell?appello lanciato in questi giorni da Sergio Segio e Marco Pannella. Vita: Perché rilanciare questo tema proprio ora? Giuliano Pisapia: Il giorno di Natale sarò in piazza non solo per la condizione disumana che si vive nelle carceri, ma anche per un?esigenza di giustizia. Il sistema è ingolfato da milioni di procedimenti che finirebbero in prescrizione, impedendo la celebrazione di processi importanti. L?amnistia, al contrario della ex Cirielli, renderebbe più efficiente il meccanismo senza però introdurre odiose discriminazioni. Venendo alla sua domanda, non credo sia giusto alimentare illusioni in chi vive l?esperienza del carcere: con questa maggioranza difficilmente taglieremo il traguardo. Adesso però è necessario preparare il terreno per la prossima legislatura. Dal 1861 ad oggi sono stati approvati 333 provvedimenti di clemenza, uno ogni 4 anni. Nessuno negli ultimi 13. Dati che non hanno bisogno di commenti. Vita: Il suo schieramento però non ha in agenda né l?amnistia né l?indulto… Pisapia: Non potevamo fare altrimenti. Il tavolo sul programma dell?Unione (cui Di Pietro non ha partecipato, ndr) ha approvato compatto la necessità di un atto di clemenza. Non l?abbiamo inserito nel programma solamente perché la legge prevede un quorum qualificato dei due terzi e quindi avremo bisogno dell?appoggio almeno di Udc e Forza Italia. Nel programma elettorale c?è però l?indicazione di una modifica costituzionale volta ad abbassare quel quorum. Questo mi pare significativo. Vita: Può illustrare i contorni del provvedimento che proporrete? Pisapia: L?obiettivo è creare uno strumento che tuteli le vittime e che possa raccogliere un largo consenso. Vita: In concreto? Pisapia: Un?amnistia per tutti i reati fino a quattro anni che preveda la sospensione del processo. L?applicazione del provvedimento però sarà subordinata al fatto che la persona non commetta quel reato nei successivi cinque anni. E un indulto revocabile di due o tre anni per tutti i reati, esclusi quelli gravi come i reati di mafia o l?associazione per delinquere. In questo modo prevediamo la scarcerazione di 8-12mila detenuti, ma anche il mancato ingresso nei 12 mesi successivi di almeno 20mila persone. Vita: Non teme di tirarsi la zappa sui piedi parlando di clemenza in piena campagna elettorale? Pisapia: Premesso che uno deve avere il coraggio di dire quello che ritiene giusto senza pensare troppo al tornaconto elettorale, ritengo che lei abbia ragione se il quadro fosse limitato all?amnistia e all?indulto: in questo caso perderemmo consenso. Lo guadagneremo invece se saremo in grado di collocare queste misure nell?ambito di una riforma più complessiva. La mobilitazione di questi giorni dovrà aprire la strada a un doppio binario. Dopo le elezioni in un ramo del Parlamento dovrà discutere il provvedimento di amnistia e indulto mentre l?altro affronterà una riforma del codice penale che preveda un largo ricorso a pene principali comminabili direttamente dal giudice di primo grado. Penso alla detenzione domiciliare durante il weekend, ai lavori socialmente utili o finalizzati al risarcimento del danno. Le sbarre devono essere solo l?extrema ratio. Vita: Secondo Pannella in questa campagna sta mancando la sponda della Chiesa. Concorda? Pisapia: Questa non deve passare come la proposta-Pannella. Certo, noto una diversa sensibilità della Chiesa rispetto al papato di Wojtyla. Questo però non ha influito sulla base e sull?associazionismo, come dimostrano don Mazzi e don Ciotti. Dirò di più: in un momento di fortissima tensione politica, l?aggregazione dell?impegno civile laico e religioso può essere il trampolino per questa riforma.


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