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I 100mila fantasmi del Saharawi

Da 40 anni migliaia di persone vivono in una zona di nessuno divisa tra Marocco e Algeria dove i diritti umani non esistono. Ora l'Onu scenderà in campo con una missione ad hoc. Ma l'Italia non ha ancora deciso se prendervi parte

di Francesco Agresti

Violenze, torture, detenzioni arbitrari, sequestri di persone. Da oltre 40 anni 100mila persone vivono in una zona di nessuno divisa tra Marocco e Algeria. Il Sahara Occidentale è da decenni oggetto di contesa, un territorio in cui il rispetto dei diritti umani resta sostanzialmente una chimera.

E’ quanto emerge dal rapporto pubblicato dal Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights presentato oggi all’intergruppo parlamentare di amicizia col popolo Saharawi, alla Camera dei Deputati.

Le linee guida del rapporto (che sarà reso pubblico nei prossimi mesi) sono state illustrate da Santiago Canton, direttore del dipartimento di advocacy “Partners for Human Rights” del RFKC. “Abbiamo presentato il rapporto per mettere al corrente della situazione il Parlamento e il Governo italiani – sottolinea Canton -. Ci auguriamo così che l’Italia sostenga la missione dell’Onu, “Minurso”, per la promozione di  un referendum per determinare il futuro dei territori del Sahara Occidentale e perché abbia mandato di supervisionare la situazione dei diritti umani in questa zona”.

Il documento è il frutto della missione di una delegazione guidata da Kerry Kennedy, di cui ha fatto parte lo stesso Canton, nel corso della quale si è assistito direttamente a episodi di grave abuso contro il popolo Saharawi da parte delle forze di polizia marocchina e sono state raccolte innumerevoli testimonianze circa il ripetersi negli anni di insopportabili violenze ed intimidazioni.

Una situazione ancor più paradossale alla luce della ratifica da parte del Marocco di diversi trattati internazionali sui Diritti Umani che stabiliscono la responsabilità internazionale per la violazione degli stessi: quello della Convenzione Internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata (ICCPED), la Convenzione Internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), la Convenzione contro la tortura (CAT), la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), la Dichiarazione sui Difensori dei Diritti Umani (UNPHRD).

Anche il lavoro dei difensori dei diritti viene deliberatamente ostacolato in evidente trasgressione alla  Dichiarazione dei Principi di Parigi riguardo alle organizzazioni che li promuovono e li proteggono.
E' il caso di Codesa, l'organizzazione creata da Aminatou Haidar ,che non è ancora stata riconosciuta ufficialmente. Haidar è da anni in prima linea nella difesa dei diritti del popolo Saharawi e per questo è stata più volte imprigionata e brutalmente torturata, subendo danni permanenti alla sua salute. Ancora oggi rischia la vita per questa causa.

La delegazione dell’RFK center ha anche visitato i campi profughi del popolo Sahrawi vicini a  Tindouf, in Algeria, osservando che, mentre l'organizzazione e l'amministrazione dei campi hanno portato un senso di stabilità e normalità, persiste la grave preoccupazione per la vulnerabilità di questa popolazione che vive  isolata da quasi quattro decenni. Nonostante il fatto che la collaborazione internazionale fornisca a più di 100mila persone il minimo indispensabile per vivere, i rappresentanti delle organizzazioni internazionali a sostegno dei rifugiati hanno riferito alla delegazione che le condizioni nei campi profughi potrebbero avere conseguenze negative per l'integrità fisica e psicologica degli abitanti. La delegazione ha osservato che le condizioni nei campi, non rispondono ad alcuno standard permanente di vita. Queste condizioni comportano, tra l’altro, un’esposizione a calore estremo, una severa limitazione dell’energia elettrica e dei servizi igienico-sanitari, una mancanza di varietà nella dieta e una limitazione eccessiva alle alternative di lavoro.

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