Non profit
Humana, così l’abito usato si trasforma in una scuola
Dai contenitori gialli ai progetti di cooperazione
di Redazione
Il 23 settembre avrà luogo il primo «Humana People to People Day». La giornata internazionale (realizzata contemporaneamente in 17 Paesi) si chiamerà «Education For All 2010» e punterà l’attenzione sul diritto universale all’istruzione. Humana, una organizzazione internazionale che ha il suo quartier generale in Zimbabwe, ha infatti messo la formazione al centro dei propri sforzi nel Sud del mondo. «L’istruzione è una delle chiavi dello sviluppo di un Paese. Per questo investiamo molto sull’educazione di base, sulla formazione professionale e magistrale», spiega la presidente Karin Bolin. «Ignoranza significa anche povertà, sfruttamento, violenza, emarginazione ed esposizione alle malattie. Non è solo un problema di formazione scolastica». Grazie alle attività di Humana, 14mila bambini sono stati inseriti in 400 prescuola, 2.700 studenti (11mila dal 1993) ogni anno si diplomano nelle 24 scuole magistrali gestite da Humana in India, Malawi, Mozambico ed Angola e 11 scuole professionali sono attive in Africa.
Durante la giornata tutti questi traguardi saranno condivisi. Verrà illustrata l’utilità degli abiti usati che Humana raccoglie per poter realizzare i propri progetti. Pochi sanno infatti cosa accade dopo aver inserito i propri vestiti nei contenitori gialli di Humana. Saranno aperti i cancelli delle sedi di Pogliano Milanese (MI), Torbole Casaglia (BS) e Rovigo per spiegare ai visitatori come l’abbigliamento scartato, dopo essere stato selezionato, si trasformi in scuole, materiale didattico e corsi di formazione professionale. Il programma vedrà anche la premiazione di amministrazioni pubbliche e aziende partner. Ci saranno anche percorsi illustrativi, anche per bambini, sull’attività e sui risvolti di tutela ambientale che la raccolta abiti comporta. La giornata si concluderà con alcuni spettacoli tematici. Il tutto preceduto da un road show nelle piazze di Emilia, Lombardia e Piemonte per far sperimentare le difficoltà quotidiane generate dall’analfabetismo.
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