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Hotspot: sotto inchiesta il direttore dell’EASO, l’Ufficio europeo di sostegno all’asilo
A darne notizia il quotidiano Politico, secondo cui le indagini dell’Ufficio europeo per la lotta anti-frode (OLAF) riguarderebbero la gestione della crisi rifugiati in Grecia e, in particolare, l’istituzione degli hotspot sulle isole, per cui si sospetta non siano state rispettate le regolari procedure di appalto
Si continua a parlare di gestione dell’accoglienza in Grecia e in particolare di hotspot, dopo le notizie relative alle condizioni disumane in cui molte persone si sono ritrovate vivere in questi centri dove, in diversi casi, l’accesso ai servizi basilari è ancora limitatissimo.
Il direttore esecutivo dell’Ufficio europeo di sostegno all’asilo (European Asylum Support Office, EASO) José Carreira è infatti indagato dall’Ufficio europeo per la lotta anti-frode (OLAF) relativamente alla gestione della cosiddetta crisi rifugiati in Grecia.
A darne notizia, il quotidiano Politico che, in un articolo a firma di Jacopo Barigazzi, spiega di essere entrato in possesso di un documento da cui risulta che il direttore dell’Agenzia, José Carreira, è sotto inchiesta per presunta cattiva condotta nelle procedure di appalto, per irregolarità nella gestione delle risorse umane e per possibile infrazione della protezione dati.
Un funzionario UE, citato come fonte dal quotidiano con sede a Bruxelles, ha dichiarato che un aspetto dell’inchiesta riguarda proprio l’istituzione degli hotspot sulle isole e, in particolare, il sospetto che gli appalti non abbiano seguito le procedure ufficiali.
L’EASO è l’agenzia dell’Unione Europea creata nel 2010 con sede a Malta, con l’obiettivo di offrire ai Paesi membri “gli strumenti per fare fronte ai flussi di richiedenti asilo”, offrendo inoltre “un supporto ai Paesi sottoposti ad una pressione parlicolare”, in particolare all’Italia e alla Grecia dove dal 2016 è presente negli hotspot con un team di funzionari, incaricato anche dell’attuazione operativa degli accordi tra UE e Turchia.
Dal 2015 al 2016, per fare fronte al picco di arrivi in Grecia, il budget dell’EASO è più che triplicato, passando da 16 milioni di euro, a 53 milioni di euro, un rafforzamento dell’Agenzia che si è tradotto anche in una serie di nuove assunzioni, con un aumento dello staff passato da 93 persone a 125 persone.
«Coerentemente con la sua politica di piena trasparenza, l’EASO ha cooperato pienamente con il team dell’OLAF, offrendo tutta l’assistenza che è stato in grado di offrire. Le visite dell’OLAF alle Agenzie, alle istituzioni e agli altri organismi europei sono una normale pratica di buona governance, mirata a salvaguardare il pubblico interesse e i fondi pubblici. Si dovrebbe sottolineare che una visita del genere non implica nessun illecito», ha dichiarato il portavoce dell’Agenzia a Politico, aggiungendo che «per ovvie ragioni, l’Agenzia non può commentare sul caso isolato». I sospetti di irregolarità erano già stati sollevati nell’ambito della Relazione sui conti annuali dell’EASO relativi all’esercizio finanziario 2016, secondo cui «La Corte ha riscontrato constatazioni rilevanti per due di cinque procedure di appalto significative relative all’esercizio 2016, i cui pagamenti sono stati effettuati nel corso dell’anno, come indicato ai paragrafi 9.1 e 9.2. Ciò dimostra una mancanza di rigore nelle procedure di appalto dell’Ufficio».
Non è la prima volta che la gestione della “crisi migranti” in Grecia solleva delle criticità.
A marzo 2017 il sito di approfondimento Refugees Deeply aveva pubblicato una lunga inchiesta sull’analisi dei fondi arrivati nel Paese cercando di capire perché, a fronte di uno stanziamento di centinaia di milioni di euro, non si sia riusciti a garantire l’accesso ai servizi di base, e a sistemazioni dignitose, ai 57mila profughi rimasti bloccati nel Paese dopo la chiusura delle frontiere, di cui circa il 40% sono bambini. Secondo Refugees Deeply, dal 2015 all’inizio 2017, sono confluiti in Grecia 803 milioni di dollari, circa 760 milioni di euro, una somma che comprende sia le donazioni private, che i fondi bilaterali.
Foto (Save the Children)
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