La notizia del giorno da Tegucigalpa è che iniziano ad evidenziarsi sempre di più le spaccature all’interno della maggioranza parlamentare ed imprenditoriale che, con esercito e suprema corte, lo scorso 28 giugno rovesciò il presidente Zelaya per sostituirlo con l’oriundo bergamasco Roberto Micheletti. Prima il presidente del Parlamento honduregno ha invitato Micheletti a ritirare il decreto che impone lo “stato d’assedio” e sospende le garanzie costituzionali, accompagnato in questa richiesta da una sfilza di partitini che invece, lo scorso 28 giugno, avevano appoggiato il golpe bianco. In seguito a queste pressioni Micheletti ha detto che annullerà al più presto il decredo d’emergenza ma, per ora, non lo ha fatto. Intanto ieri è tornata a trasmettere via streaming Radio Globo, l’emittente radio pro Zelaya fatta chiudere dall’esercito l’altroieri notte. Una tegola per Micheletti cui se ne è aggiunta un’altra, ben più grave. Un gruppo di imprenditori sino a ieri pro Micheletti ha infatti inviato a Zelaya un’offerta affinché ritorni alla presidenza con poteri severamente limitati. Zelaya ha fatto sapere che la proposta è un “buon segnale” e che spera di parlare con chi l’ha fatta “nelle prossime ore”. A capo dell’offerta c’è il presidente dell’Associazione Nazionale degli Industriali (la Confindustria honduregna) Adolfo Facussé, il cui visto d’entrata negli Usa era stato ritirato da Obama come ritorsione all’appoggio che Facussé aveva dato al governo ad interim di Micheletti dal 28 giugno sino a ieri. La sua proposta prevede che Zelaya sia reintegrato alla presidenza ma che, immediatamente, si sottometta alla Giustizia honduregna per rispondere alle accuse pendenti contro di lui di avere violato la Costituzione, accettando nel caso una sorta di “domiciliari”. Sempre secondo il piano degli industriali, per garantire che entrambe le parti rispettino l’accordo, si chiederebbe l’invio di una forza multinazionale composta da 3mila militari (o poliziotti) di alcuni paesi tra cui il Canada, Panama e la Colombia. Se accetterà l’offerta Zelaya non avrà il comando sulle forze armate sino al gennaio 2010, quando scadrà il suo mandato.
Sul ruolo del Brasile nella crisi leggete (se volete) anche quanto ho scritto da me sul blog Latinoamericana
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