Non profit

Homeless, vite da Oscar

«Precious» e «Blind side», due storie di disagio giovanile, si fanno spazio nella kermesse più patinata. Facendo uscire dall'ombra un problema spinoso

di Alessandra Marseglia

Le storie di due adolescenti, entrambi afroamericani, entrambi piegati ma non sconfitti dal mondo degli adulti, hanno lasciato il segno quest’anno sulla Notte degli Oscar. Si sono fatte spazio tra le grandi star e le mega produzioni, e tra lo stupore di George Clooney e degli uomini blu di Avatar hanno pure vinto qualche statuetta. Precious e The Blind Side hanno sparigliato le carte agli Oscar 2010 per motivi diametralmente opposti. Il primo è un film indipendente, ruvido e spietato, ambientato negli anni 80 in una Harlem ancora ghetto nero di New York, dove le speranze di redenzione sono minime; qui Precious, un’adolescente abusata fisicamente e psicologicamente dai genitori (Mo’nique, l’attrice che interpreta la madre, ha vinto l’Oscar per attrice non protagonista), trascorre la vita tra l’indifferenza di insegnanti e assistenti sociali. Un incontro inatteso le cambia la vita e le insegna il potere liberatorio della cultura. Non c’è lieto fine, infatti, se non timidamente abbozzato, per Precious che rimane un film incentrato sulla miseria dei ghetti neri, con una buona dose di scene violente che hanno fatto arrabbiare una parte dell’intellighenzia afroamericana. La pellicola è arrivata nel “salotto buono” del cinema a stelle e strisce solo grazie alla potentissima Oprah Winfrey, che se ne è innamorata e lo ha coprodotto.
Altrettanto basse erano sulla carta le speranze di Blind Side di approdare ad Hollywood. La pellicola è la classica produzione in stile blockbuster, in cui la sola presenza di Sandra Bullock è garanzia di lieto fine. Racconta la vera storia di Michael Oher, un ragazzone abbandonato dalla mamma tossicodipendente che diviene barbone per le strade di Memphis, finché una famiglia bianca e della buona borghesia lo accoglie in casa e gli dà la possibilità di studiare. Il ragazzo non solo frequenta il college, ma entra a far parte della squadra dell’università ed in seguito diventa un campione di football professionista. Anche Blind Side era destinato a vedere la Notte degli Oscar dal divano di casa, se Sandra Bullock non avesse con questo film fatto il salto di qualità della sua carriera artistica. A lei si deve anche il più bel discorso degli ultimi anni: sul palco di Hollywood: «A tutte quelle mamme che si prendono cura dei bambini, anche quelli non loro, non importa da dove vengano».
Per stile, trama, investimento produttivo Precious e The Blind Side, non potrebbero essere più diversi ed è un puro caso che si siano trovati a dividere lo stesso palco. Eppure è possibile immaginare un filo diretto tra le due storie, un dialogo ipotetico tra Precious e Michael Oher innanzitutto sul tema della razza (non è certo un caso che i due siano afroamericani), della violenza che arriva da coloro che dovrebbero essere responsabili dell’educazione, ma anche del potere liberatorio della cultura.
Precious e Michael sono uno spaccato del disagio giovanile americano. Dati federali riportati da un’inchiesta del New York Times, parlano di oltre un milione e mezzo di minori di 18 anni che, come Michael, vivono per strada. La metà di questi, come Precious, ha subìto abusi all’interno del nucleo familiare da cui scappa e infatti nella maggior parte dei casi non c’è un adulto che li reclama, non una denuncia alla polizia. Per molti si tratta di vite al limite della legalità: troppo giovani per procurarsi lavori minimamente redditizi, per sopravvivere non hanno altra scelta che vendere droga o prostituirsi. Con Precious e Michael il problema dell’homelessness giovanile ha guadagnato qualche riflettore. Le tante non profit che operano in questo campo ne hanno approfittato per attirare l’attenzione sul tema: quest’anno anche dagli Oscar è nato qualcosa di buono.

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