Formazione
Hollywood riscopre l’America razzista
Con Men of honor e Il sapore della vittoria gli Studios tornano ad un antico cavallo di battaglia: le rivendicazioni dei neri per i diritti civili.
Due film contro il razzismo. Due storie vere, che arrivano nei nostri cinema in contemporanea il 13 aprile, giusto in tempo per il lungo ponte pasquale. Sono due storie americane, oltre tutto non di oggi ma avvenute in passato. Eppure potranno dir molto anche al pubblico italiano. E non solo sul tema dei rapporti tra chi è di razza diversa.
In effetti apparentemente è solo questo il tema forte di Men of honor e de Il sapore della vittoria. Ma sono anche storie di giovani, di ostacoli da superare e, per il primo film, anche di menomazione fisica da sconfiggere.
Men of honor è la biografia, approvata seppur drammatizzata per esigenze cinematografiche, di Carl Brashear (nella finzione, l’emergente Cuba Gooding Jr.).
Il sogno di questo ragazzo di colore era entrare nella Marina Usa come sommozzatore, specializzazione destinata però – negli anni ’50, periodo in cui la vicenda prende le mosse – solo ai giovani bianchi. Ed era già, per la sua razza, una recente conquista l’ingresso in Marina: ma Carl, dopo due anni di lettere e richieste, riuscì a farsi accettare nel programma di Scuola Sub dove però trovò l’istruttore Bill Sunday (ben interpretato dal grande Robert De Niro), determinato a farlo crollare. Sullo schema del celebre Ufficiale e gentiluomo, ma con la differenza che si tratta di una vicenda vera, Brashear non abbandonò il suo sogno di essere un subacqueo della Marina e, soprattutto, essere considerato come gli altri commilitoni. Ma un ostacolo ancora maggiore si frappose fra lui e il suo obiettivo: la perdita di una gamba, invalidità che non gli precluse le vie dei bassifondi marini e che anzi fu il primo passo per il cambiamento di rapporto con il duro istruttore, ufficiale inflessibile ma insofferente alle regole, e che fu ben contento di farle infrangere dal primo sommozzatore nero (nonché invalido) della storia della Marina americana.
Altra storia vera, e altre emozioni forti (pur con il taglio edificante cui Hollywood non può rinunciare), provengono da Il sapore della vittoria. Il titolo originale è Remember the Titans: i Titani che il titolo chiede di ricordare sono una squadra di football americano di un college della città di Alexandria che all’inizio degli anni ’70 sfidò i pregiudizi e un violento conflitto razziale.
Proprio all’indomani di violenti fatti di sangue la legge sull’integrazione del 1971 impose la fusione di una scuola per bianchi e di una per neri: studiare insieme è difficile, correre e lottare per un pallone ancora di più. Odio ma anche rivalità sportiva (perdere il posto in squadra a danno di un nero, per quanto più forte e più veloce, è un disonore per i giovani wasp), differenze culturali e l’obbligo di convivere. Anche per gli adulti non è facile, a cominciare dai due allenatori (e il bianco diventa il vice del coach nero, interpretato con vigore da Denzel Washington). Sforzandosi di capire le ragioni dell’altro, i Titani divennero una squadra vera, unita. Più forte di tutti gli avversari e di qualche imbecille che pensò di dividerli con altra, inutile violenza. Le minacce non fermarono l’integrazione, né ad Alexandria né altrove.
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