Formazione

Hockey su ghiaccio, Bolzano “emigra” in Austria

di Roberto Brambilla

Immaginate che la Juventus decida dalla prossima stagione di giocare in un campionato estero, per esempio in Premier League. Nell’hockey azzurro nelle ultime settimane è successo più o meno questo. L’Hockey Club Bolzano, le Volpi, 19 titoli di campione d’Italia, l’ultimo nel 2012-2013 hanno chiesto e ottenuto dalla Fisg (Federazione Italiana Sport del Ghiaccio) il nulla osta per partecipare a partire da settembre 2013 alla Ebel Liga, campionato transnazionale con 12 partecipanti, otto austriache, 1 ungherese, 1 dalla Repubblica Ceca, 1 slovena e Bolzano appunto.

Una scelta radicale, quella dei dirigenti della squadra altoatesina che avevano messo in chiaro che se non avessero ricevuto l’autorizzazione non avrebbero comunque iscritto il team alla Serie A italiana. Una decisione, quella di emigrare sia di natura economica che tecnica. La Ebel Liga, i cui partecipanti hanno ratificato l’8 luglio l’ingresso degli italiani è una lega che garantirebbe maggiori entrate e sponsor e che consentirebbe alle Volpi di migliorare, competendo con squadre di livello più alto.

Ma l’Hockey Club Bolzano non è l’unica squadra italiana a decidere di lasciare il campionato italiano. Milano, un’altra delle piazze storiche del hockey azzurro, non si è iscritta alla Serie A, attendendo l’ammissione alla Kontinental Hockey League, il supercampionato con base in Russia e secondo per importanza solo alla Nhl nordamericana. Oltre ai lombardi, 5 squadre di A2 (Appiano, Caldaro, Egna, Val Gardena e Merano) l’anno prossimo giocheranno con squadre austriache e slovene nella INL, altra lega transnazionale. Defezioni che mettono in difficoltà la Federazione per la nuova Serie A, anche per i problemi economici delle due “grandi” di Fassa e Alleghe.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.