Welfare

Ho scoperto Istanbul in punta di forchetta

Un cuoco-antiquario fa rivivere ricette anatoliche. Di Asli Kayabal Zavaglia

di Redazione

Ciya è una parola turca che nel dialetto dell?Anatolia orientale significa ?i fiori di montagna?. è un termine strettamente legato alla cultura orientale, che in Istanbul molti non sapranno neanche cosa vuol dire. Per parte mia, l?ho sentita la prima volta agli inizi degli anni ?90 girando al mercato popolare dei pescatori di Kadikoy, il quartiere di Istanbul situato nella parte asiatica della città. Atelier della tradizione Ciya era un piccolo locale dove cucinavano una ventina di diversi tipi kebab e lahmacun, una specie di pizza turca. Col passare degli anni è cominciato a cambiar qualcosa: i clienti di Ciya hanno visto il menu arricchirsi di tanti altri cibi dai nomi strani e originali anche per la gente che viveva a Istanbul. Il locale non era ancora molto famoso, ma quei sapori di origine anatolico-mesopotamica e tuttavia legati a un gusto mediterraneo hanno conquistato molti clienti. Solo anni dopo ho saputo che dietro queste ricette c?era Musa Dagdeviren. Questo signore oggi gestisce, insieme a sua moglie Zeynep, tre piccoli ristoranti, tutti chiamati Ciya e tutti a Kadikoy. La sua storia è molto interessante. è nato nel 1963 a Nizip, una piccola località vicina a Gaziantep, nel sud-est della Turchia. A 11 anni sognava di fare l?insegnante, ma poi ha cambiato idea e deciso di fare il fornaio. A 13 anni è già padrone del mestiere e decide di abbandonare Nizip per trasferirsi a Istanbul, dove inizia a lavorare come cuoco nel locale di suo zio. Ogni estate torna però a Nizip e inizia a girare tutti i piccoli paesi sperduti di montagna. Visita le case, parla con gli anziani e raccoglie centinaia di ricette originali che ormai neanche la gente locale prepara più. Cibi che sono a base prodotti poveri come diversi tipi di legumi, grani, cereali e decine di erbe locali, cucinati utilizzando le tecniche tradizionali. Queste ricette, originarie dei paesi di montagna del sud-est anatolico, sono assolutamente sconosciute nel resto della Turchia. Non solo doner kebab Fino a oggi era opinione diffusa che nella cucina anatolica dominasse la carne e, con essa, la cultura del doner kebab. L?interesse professionale, il piacere della ricerca e la passione di Dagdeviren hanno spazzato via questo clichè. Al turista che va a Istanbul vorrei proporre una visita di questa sua bottega, che è contemporaneamente tradizionale, originale e non turistica. Per Musa Dagdeviren la gente di Gaziantep con i pochi prodotti che aveva è riuscita a creare dei cibi eccezionali. Un tempo le donne povere della regione, non avendo disponibilità di carne, arricchivano i cibi utilizzando i legumi, piuttosto che le farine di grano duro come il bulghur. E in questa cucina povera c?era sempre spazio per un?incredibile varietà di erbe diverse. Oggi nel menu delle tre botteghe di Ciya è possibile gustare ogni giorno una cinquantina di piatti caratteristici del sud-est della Turchia. Non c?è un menu fisso, i piatti cambiano di giorno in giorno e hanno nomi esotici: kiskis, zahter, tarhur, haspir. Per noi turchi nati a Istanbul o nella parte europea – ma sarebbe lo stesso se fossimo nati sull?Egeo o sul Mediterraneo – questi nomi sono sconosciuti e rimandano a suggestioni orientali e arcaiche, a un influsso mesopotamico. Non descrivo nei dettagli questi piatti. Li lascio scoprire al turista curioso. Potrei solo aggiungere che sono adatti a tutti, in particolare a quelli che non amano le carni. Vorrei solo consigliarvi, dopo aver gustato un bel pranzo o una cena, di non dimenticare di chiedere un caffè al pistacchio, fatto ovviamente con i pistacchi di Gaziantep. Un?altra simpatica caratteristica di Ciya è la volontà di conservare la sua specifica identità, il rifiuto di divenire trendy. Per Dagdeviren Ciya deve conservare la dimensione della bottega, dell?atelier dove si fa ricerca e dove si provano ogni giorno le ricette dimenticate dei più sperduti paesi anatolici. Anche per questo è un frequentatore abituale dei librai antiquari di Istanbul. Colleziona libri di cucina e questo interesse è sfociato da circa due anni in un prodotto raffinato: una rivista trimestrale su cibo e cultura , dove scrivono scrittori, poeti, storici del gusto, giornalisti e accademici.


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