Non profit

Ho colorato la mia vita con il nero

Arte e solidarietà. Il pittore Roberto Coda Zabetta ha iniziato dipingendo volti di bimbi africani. Poi l’incontro con l’associazione Nutripa

di Redazione

La pittura di Roberto Coda Zabetta è un fiore sbocciato sopra un fatto brutto, ma anche un viaggio a ritroso. Da un anno in qua a Biella, dove è nato nel 1975, Roberto Coda andava dipingendo enormi quadri in bianco e nero con volti di gente di colore: bambini affamati, giovani inquieti, uomini di potere, vecchi sdentati? Poi è arrivato inatteso l?invito di un?associazione non profit a esporre a New York e per due mesi il giovane artista, tra i pochissimi emergenti italiani under 30 con gallerie di riferimento in Germania e negli Usa, si è trovato a vivere e a lavorare in una stanza ad Harlem, nel quartiere più nero della Grande Mela. Vita lo ha incontrato ad Art Expo, dove a marzo ha riscosso un sorprendente successo presentando otto dipinti di grande formato nello stand non profit Face for Africa, promosso dall?associazione NutriPa.
Vita: Come è arrivato l?invito di esporre a New York?
Roberto Coda Zabetta: Per caso. Esponevo questo inverno ad Artissima, a Torino, e un amico collezionista mi ha chiesto se oltre a dipingere bambini di colore sapevo anche qualche loro storia. Mi ha messo in contatto con il presidente della Nutripa e insieme abbiamo studiato un modo per poter rendere al massimo il messaggio del mio lavoro con quello del volontariato per i bambini del Ruanda. È da questo incontro che è nato il progetto di proporre il mio lavoro all?Art Expo di New York.
Vita: Nella Grande Mela come ti sei ambientato? Dove vivevi?
Coda Zabetta:. Quando sono atterrato all?aeroporto, il 12 febbraio, ho pensato: New York, finalmente ce l?ho fatta. Dopo aver preso un taxi per andare a Manatthan mi ritrovo in uno dei quartieri più neri di tutta Manatthan: Harlem. Scendo in St. Nicholas Place, pago… 10 minuti di pseudo terrore separano la mia vita da una comitiva di ragazzotti di colore che con aria da rapper mi chiedono dove volessi alloggiare… un minuto più tardi compare come in un sogno la mia splendida ma sconosciuta hostess for key, la persona che mi porta le chiavi di casa da parte della ragazza che mi darà ospitalità. Vado a cena con l?hostess delle chiavi, carina, vietnamita, mi porta a mangiare in un ristorante indiano… paga il conto. Raggiungiamo Mayannha, la ragazza che mi ospita in questo folle mondo, carina anche lei, ma soprattutto di una gentilezza spaventosa, caraibica, vive da sempre a New York. Subito dopo a nanna.
Vita: Come lavoravi, che cosa cercavi?
Coda Zabetta: Il giorno dopo Maian, le ho subito accorciato il nome, mi promette di portarmi a comperare tutto il materiale che mi serve per lavorare in uno dei posti più affascinanti al mondo. Beh… vedremo. Eccoci a China Town, quartiere allucinante, con mille piccole insegne per vendere anche la cosa meno vendibile su questa terra. «Eccolo!», esclama. Un building di cinque piani dove vendono solo materiali per belle arti. Questa sì che è la città dei miei sogni. Compero quello che mi serve, dopo di che il commesso si rivolge a me con aria free: no problem, dice, tra due giorni avrà tutto a casa. Mi ci voleva una passeggiata per riprendermi e uno schifosissimo hot dog e poi in pista. Metropolitan Museum, Moma, Whitney Museum, PS1, Ghuggenheim? Che cosa cercavo?? Questo!!
Vita: Che cosa ti ha lasciato l?esperienza di New York?
Coda Zabetta: Più che un?esperienza è stato un insegnamento. È difficile spiegare. New York mi ha fatto capire con chi bisogna confrontarsi? È una città prepotente e quasi arrogante, ti impone di alzare le chiappe e lavorare, altrimenti ti scarta?Ti dà imput differenti ogni minuto e se sei ricettivo non puoi fare a meno di andare a casa e metterti a fare un bel quadro? A fare la mostra non ho guadagnato niente, ma stando a New York ho guadagnato tutto!
Vita: Tornerai?
Coda Zabetta: Certo. Il 20 dicembre inauguro una personale alla Galleria One Front di Fernando Zubbilaga.
Vita: Aiuterai ancora la NutriPa?
Coda Zabetta: Non so quale sarà il prossimo progetto, ma fino a quando amerò così tanto quei bambini non smetterò mai di aiutarli. In fondo la cosa che mi affascina di più è che l?arte, in questo momento, non fa campare soltanto me, ma anche i bambini denutriti di Butare.
Vita: Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Coda Zabetta: A metà luglio una collettiva a Pescara curata da Renato Bianchini, sempre sul tema dell?infanzia, con una stanza tutta per me dove esporrò grandi visi di bambini africani. A ottobre una mostra alla Galerie de Miguel di Monaco di Baviera con Alessandro Bellucco e a dicembre New York.
Vita: Chi è stato per te un maestro?
Coda Zabetta: Aldo Mondino. Ho lavorato come suo assistente dal 1996 al 2000. Mi ha insegnato a stare al mondo, quello dell?arte. Quanti passi ho dedicato ad Aldo a New York! È lui che mi ha fatto capire come andava appeso un quadro, come si usava la Guida Michelin per non sbagliare ristorante… Quando ho incominciato a dipingere ad Harlem non mi sembrava vero: eccomi, continuavo a pensare nella mia piccola testolina. E poi ad Art Expo, quanto avrei voluto avere quei bambini vicino a me per fare una grande performance. È stato davvero speciale, e lo devo anche alla nostra incantevole amicizia.
Vita: Chi è per te, oggi, un modello da seguire?
Coda Zabetta: L?importante è seguire se stessi e perdersi il meno possibile. È molto facile perdersi oggi, anche perché le emozioni sono tante e forti, ma sono vulnerabili. L?importante è capire quello che gli altri vogliono comunicarci.
Vita: E tu che cosa vuoi comunicare con la tua pittura?
Coda Zabetta: La sofferenza, quella consapevole, che ogni tanto riesce a farti stare anche bene. Mi hanno aiutato questi quadri, specie quando mi è mancata la persona a cui ho voluto più bene. Ho cercato di ?usare? la mia sofferenza sfogandomi sulla pittura e su questi grandi formati. Non mi piace creare una barriera tra il quadro e chi lo guarda, mi piacciono le cose dirette, spontanee. Comunicare col bianco e nero mi è sembrata la scelta migliore per il mio tipo di pittura. In fondo il mio è anche un gioco, quasi doloroso, ma di assoluta complicità.
Vita: Dipingere è un piacere, un compito o una necessità?
Coda Zabetta: Un po? di tutte e tre. È un piacere perché mi diverte entrare in studio e incominciare a preparare tele, colori, sporcarmi e urlare. È una necessità per me stesso, mi fa stare bene. Consiglierei a tutti di prendere una tela bianca e confrontarsi con lei piuttosto che andare da psichiatri o psicologi. È strano da spiegare, ma quando ti trovi davanti una tela bianca è difficile mentire, anzi, è impossibile. Non si scappa, lei ti fa capire che cosa hai dentro. Oggi per me è un compito.

L’Associazione Nutripa
La storia della NutriPa inizia in Francia nel 1993. Nadine Donnet, docente universitaria legata al Rwanda e Paola Pellegrinetti, infermiera di Camaiore (Lucca) mettono a punto una strategia ?integrata? per prevenire la malnutrizione infantile, che in Rwanda colpisce il 50% dei bambini. L?associazione dal 1998 è integrata nell?Ospedale di Butare e fa parte del Servizio Sanitario. Il nucleo operativo dell?Associazione è formato da personale medico, uno staff di 15 infermiere rwandesi retribuite dall?Associazione e 5 pediatri europei che a turno e gratis si recano in Rwanda. Oggi il centro ospita fino a 50 bambini con le loro mamme il tempo necessario alla terapia. Dal 1994 sono stati spesi 250 milioni e salvati da morte 3mila bambini.

Come aiutarla
Per aiutare la Nutripa è utile mettersi in contatto con i medici che vi appartengono per l?eventuale invio di materiale sanitario, nutrizionale e di prima necessità, ma soprattutto per i contributi in denaro, necessari allo svolgimento delle varie attività. Informazioni presso NutriPa Italia, Associazione Onlus per la lotta contro la malnutrizione dei bambini del Rwanda, via San Damiano 7, 10122 Torino. Telefono e fax 011 5618179; indirizzo email nutripa@tiscalinet.it (dottor Costanzo Bellando); www.nutripa.it. Per donazioni, conto corrente n. 118174, presso San Paolo IMI (Abi 1025- CAB 1100).
Per contattare Roberto Coda Zabetta, robicoda@tiscalinet.it; le sue opere sono trattate da: Arte e Altro s.n.c di Alberto Crevola, via Italia 24, Gattinara (Vercelli), telefono 0163-827091

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