Famiglia

Ho adottato un matto

Lido, 70 anni, ne ha trascorsi 25 nel manicomio di Maggiano.Da settembre vive con Enrica, Giuliano e i loro tre figli.

di Giampaolo Cerri

Accoglienza batte manicomio. A Lucca prende vita una straordinaria esperienza di affidamento per superare i cosiddetti residui manicomiali: alcune famiglie accoglieranno gli ex-degenti dell?ospedale psichiatrico cittadino. Un?idea che pare un uovo di Colombo, per certi aspetti. Ma serviva qualcuno che la avesse, questa idea. Si chiama Giovanni Del Poggetto, primario psichiatra, è il “liquidatore” di Maggiano. L?Azienda sanitaria lo ha incaricato di chiudere l?ex manicomio lucchese dove Mario Tobino, scrittore-psichiatra, lavorò a lungo, ambientandovi il suo celebre ?Le libere donne di Magliano?, il primo romanzo-verità sulla realtà manicomiale. Succedeva anche nel Seicento «Non abbiamo inventato niente di nuovo: la cura della disabilità mentale in famiglia è una pratica che già esisteva in Europa fra il ?600 e il ‘700», spiega Del Poggetto. «Solo nel secolo scorso, forse a causa della povertà, nascono i manicomi». L?accoglienza batte il manicomio, dunque? «Le strutture dove l’operatore cambia ogni sei ore sono spesso negative per i malati. Il rapporto diventa difficile». Insomma, in un ambiente raccolto, fatto di persone che si capiscono al volo, che condividono gli stessi obiettivi e che possono offrire un atteggiamento affettivamente caldo, la disabilità psichica si affronta molto meglio. L?Azienda sanitaria di Lucca ha lanciato l’iniziativa nel giugno scorso e il nucleo affidi psichiatrici, composto da medici, sociologi, assistenti sociali sta vagliando le disponibilità, che sono state alcune decine. Si tratta di affidi a tempo pieno o per alcune ore della giornata, per i quali l?azienda corrisponde alla famiglia un?indennità che può andare da un milione a due milioni e mezzo. Della cifra fa parte l?assegno di accompagnamento che spetta al malato. La loro casa si è aperta per Lido «Ovviamente occorrono nuclei familiari idonei», spiega Del Poggetto, «e malati che abbiano le caratteristiche adeguate». I servizi incontrano settimanalmente la famiglia affidataria, rapporto che si diraderà con lo stabilizzarsi dell?esperienza. Il malato continua però a incontrare i medici quasi tutti i giorni. I coniugi Enrica e Giuliano Salati sono stati fra i primi ad aderire all?appello dell?Asl lucchese. La loro casa si è aperta, il 15 settembre scorso, per accogliere Lido, 70 anni, gli ultimi venticinque dei quali trascorsi a Maggiano. Quella dei coniugi Salati è una storia di solidarietà che viene da lontano: arriva dritta dritta dal ?68. In quell?anno carico di idealità e di utopie, i coniugi Salati scoprono la solidarietà internazionale: partecipano con un gruppo di amici, all?operazione Mato Grosso. Imparano le ragioni degli ultimi, della povertà del Sud, raccogliendo carta e cose usate da vendere per sostenere la presenza dei volontari in Brasile. Il tirocinio di Enrica, studentessa di psicologia, nell?Ospedale psichiatrico lucchese è fondamentale. Siamo ai primi anni ?70, all?inizio della rivoluzione basagliana. Enrica conosce una povertà tutta italiana: la malattia mentale e i manicomi. «I malati mentali ci sono divenuti familiari dopo che ci siamo sposati», ricorda Enrica, «e siamo andati ad abitare di fronte al manicomio: la riforma aveva aperto quelle porte, e li potevamo incontrare, potevano parlare con loro». I nostri figli volevano un nonno Così quando l?Asl lancia l?operazione affidamento, per la famiglia Salati è naturale dire di sì. Tutta la famiglia, figli compresi (Serena, 24 anni, Veronica, 17 e il piccolo Marco 7), partecipa ai colloqui con psichiatri e assistenti sociali. Poi arriva il benestare delle autorità sanitarie. «Avevamo manifestato il desiderio di accogliere una persona anziana», dice Enrica Salati, «perché la figura del nonno mancava in questa famiglia». In agosto, i coniugi Salati vengono inseriti come volontari nelle case famiglia realizzate all’interno di Maggiano. Familiarizzano subito con Lido, uno dei più anziani ospiti dell?ospedale. Una sera, a cena, la proposta di trasferirsi da loro. «Ma non si può cominciare subito?», risponde Lido entusiasta. Oggi Lido vive in famiglia. Ogni mattina continua a recarsi allo spaccio dell?ospedale dove lavora alcune ore, torna per pranzo e, dopo un riposino pomeridiano, rientra in ospedale. Poi, alle cinque, è di nuovo a casa. «Lido ha voluto subito rendersi utile», racconta la signora Enrica. «Apparecchia la tavola, dopo carica la lavastoviglie, rimette a posto la cucina. Talvolta nel pomeriggio si mette a curare il giardino». In casa Salati, Lido ha scoperto la lettura: «Un giorno mio marito gli ha fatto provare i suoi occhiali: da allora quasi ogni sera dedica un po? di tempo alla leggere». Predilige i libri sulle città d?arte, che sfoglia con la curiosità di un bambino. Viaggia con la mente, lui che non ha potuto viaggiare mai, assediato dalla malattia, costretto a lunghi ricoveri in manicomio. Il piacere di stare insieme Con Giuliano, insegnante in pensione, nasce un?intesa immediata: Lido parla, discute, chiede. Il momento più bello? «Quando ?nonno? Lido ha regalato al piccolo Marco alcuni oggetti che teneva sul proprio comodino in ospedale», ricorda Enrica. «Una dimostrazione di affetto enorme, il segno di un inserimento avvenuto». Una delle apprensioni dei coniugi lucchesi riguardava infatti l?eventualità di un conflitto affettivo fra i due, per aspetti diversi i più bisognosi di attenzione della famiglia. E invece Lido si sente nonno a tutti gli effetti e tale viene considerato dai ragazzi di casa Salati. Per Marco, che non ha mai conosciuto i nonni, è una scoperta. Serena, che fa l?infermiera, lo circonda di mille cure. Con Veronica, studentessa, il rapporto sembrava in teoria più difficile: «È una ragazza molto presa dagli interessi e dai problemi della sua età», spiega mamma Enrica. E invece, piano piano, il rapporto è iniziato. Nonno Lido sorride spesso alla sue battute e ai suoi giudizi, forti e talvolta esagerati, tipici di un?adolescente degli anni ?90. La sera tutti si danno appuntamento per la cena. «Grazie a Lido abbiamo riscoperto il gusto di essere famiglia», dice la signora. «Un?attenzione reciproca nuova, che va dal salutarsi la mattina, alla puntualità nel ritrovarsi la sera». Via gli ossessivi tg, via gli insistenti cartoon: l?attenzione, la sera, è per questo ospite nuovo. «Ma ora abbiamo più attenzione anche per ognuno di noi». Lido, dopo una lunga storia di ricoveri inziata a metà degli anni ?50, ha un grande bisogno di normalità. E nella tranquillità e nell?affetto sembra averla trovata. Ricorda sempre più spesso quando, da giovane, prendeva la moto e girava per la verde Garfagnana, oppure si spingeva fino al mare, verso le spiagge della Versilia. Nel tepore di una casa, c?è spazio anche per i ricordi. Lido, che avrà 73 anni nel 2000, già vede la fine del tunnel.


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