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Sì della Camera per legiferare in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Da ora sarà possibile brevettare materiale biologico

di Antonietta Nembri

La Camera ha detto sì. Sì alla delega al governo per legiferare in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Anche in Italia, dopo che il progetto di legge sarà approvato dal Senato cui è stato trasmesso il 30 settembre, sarà possibile brevettare, recependo una direttiva europea, materiale biologico. Quello approvato è un articolo del ddl dedicato allo sviluppo dell?economia e in particolare delle piccole e medie industrie. A febbraio la Camera aveva deciso di stralciare l?articolo 6, quello appunto dedicato alla brevettabilità del biotech. Solo 16 i voti contrari registrati, mentre l?intero centrosinistra si è semplicemente astenuto: 156 i deputati che hanno sospeso il giudizio su questa normativa. Fra non molto anche in Italia le invenzioni biotecnologiche potranno essere brevettate. Per la gioia delle industrie e dei laboratori che si occupano di biotecnologie e lo sconcerto di quanti vogliono salvaguardare la biodiversità e ritengono che anche un pezzetto di dna di un cavolfiore non sia alla stregua di un bullone. Chiaramente soddisfatta l?Assobiotec, l?associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie che fa parte di Federchimica, che per voce del suo presidente, Sergio Dompè ha salutato il voto della Camera positivamente: «La nuova normativa rappresenta un grande contributo per le piccole e medie imprese italiane, per gli enti pubblici come le università che in questi anni si sono impegnati nella ricerca biotecnologica». «L?augurio», ha proseguito, «è che ora il Senato, facendo tesoro del lavoro già svolto dalla Camera, possa rapidamente portare a compimento l?iter per la definitiva approvazione della legge delega». Questa prima votazione è stata dunque salutata come una grande vittoria per il biotech. Ma cosa c?è nella delega? C?è sì il divieto della clonazione umana, di modifica dell?identità genetica dell?essere umano e degli animali, l?utilizzo degli embrioni umani ed è esclusa la brevettabilità dell?essere umano. Ma per tutto il resto? Per Legambiente, questo testo «spalanca la porta dei brevetti facili. Un emendamento ha fatto sparire le varietà vegetali dalla norma che ne escludeva la brevettabilità lasciando il divieto solo per le razze animali e aprendo la strada alla possibilità per le multinazionali di diventare le proprietarie delle sequenze genetiche del patrimonio vegetale e sarà possibile brevettare elementi naturali, purché isolati dal proprio ambiente e finalizzati a un certo uso». Per Legambiente quello si apre è futuro inquietante: «è necessario», precisa Ermete Realacci, presidente dell?associazione, «contrastare il mercato selvaggio promuovendo la ricerca pubblica, libera e indipendente». Non meno preoccupato dalle conseguenze di questa norma è Ivan Verga, vicepresidente dei Vas, Verdi ambiente e società, per il quale questo ddl non è che una conseguenza della «direttiva della vergogna», quella europea che ha aperto la porta anche per l?Ue a questo genere di brevetti. «La nostra contestazione», spiega Ivan Verga, «non è legata all?idea che questa norma rende più facili i brevetti, ma al fatto che si vuole inserire il materiale biologico nella logica del brevetto industriale». In pratica, qualsiasi terapia genica «sarà sottoposta a un brevetto, e così anche qualsiasi invenzione che utilizzi parti di dna per fini terapeutici o farmacologici, o anche una nuova specie agricola o animale». «È una logica aberrante», sostiene Verga, «che equipara la materia vivente al petrolio, al ferro, agli elementi inanimati necessari a sviluppare l?industria». Un vegetale oggi può essere brevettato se è frutto dell?ingegneria genetica, mentre un ibrido selezionato in natura non lo è: «le sue caratteristiche genetiche non sono di chi ha fatto la selezione,», continua Verga, «il mais ogm è invece proprietà dell?industria, comprese le sue caratteristiche genetiche». Questa normativa punta a sviluppare la ricerca partendo dall?idea che senza i brevetti non ci sarebbero investimenti: «il brevetto è necessario per attirare gli investimenti delle industrie», spiega Ivan Verga. Che aggiunge, «ma andiamo a vedere cosa succede oggi nei laboratori statunitensi: non si parlano più, ogni piccola scoperta diventa un segreto e gli scienziati che brevettano una scoperta diventano imprenditori, rilevano la loro quota di diritti dalle università e si mettono in proprio. Se questi sono i presupposti, viene a cadere il patto di reciprocità». Il punto di partenza della ricerca sono sì i fondi pubblici, ma poi con il brevetto la scoperta diventa proprietà privata di un singolo o di un ente: «La Monsanto non ha fatto ricerca, ha semplicemente comprato i brevetti dalle università», esemplifica il vicepresidente dei Vas che non si lascia però sfuggire il risultato della votazione: «gli astenuti sono uno scandalo, è la dimostrazione che nel centrosinistra si ha una cultura politica preistorica e si sono fermati solo agli slogan».


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