Hanno davvero bisogno di noi? Una lezione da S. Giovanni a Tetuccio

di Filippo Addarii

Pensavo di essere stato invitato alla StartUp WeekEnd di Napoli per impartire insegnamenti, invece mi sono ritrovato a imparare una lezione molto importante; qualcosa di cui ti rendi conto probabilmente soltanto quando sei lontano dalla capitale e i suoi clamori si tacciono.

Il volontariato non ha sempre bisogno delle fondazioni, degli investimenti sociali, delle risorse dei super esperti internazionali che come me volano da una capitale all’altra d’Europa per proporre soluzioni ready-made.

Siamo noi le la chiave d’accesso ai milioni di euro pubblici e privati messi a disposizione per le associazioni con rispondono ai requisiti. Come potrebbero fare a meno di noi? Eppure, a le volte, le orgnizzazioni radicate sul territorio possono farcela senza di noi e tutti quei fondi che girano. Anzi funzionano proprio perche’ nessuno si e’ immischiato.

Questa e’ la storia di Martina, Maria Rosario, Antonio e tutti gli altri componenti dell’associazione Immagini, Gioco e Parole che fanno teatro come  forma di inclusione sociale e per animare la comunita’ del quartiere di  San Giovanni a Tetuccio, ai confini estremi del Comune di Napoli.

E’ proprio in quel quartiere che si e’ tenuta la StartUp WE questo fine settimana, in una scuola abbandonata del quartiere, uno dei piu’ poveri della citta’. Ed e’ nella stessa scuola che Gioco, Immagini a Parole sta faticosamente recuperando la pelestra per trasformala in un piccolo treatro di quartiere.

Ti chiederai io, esperto internazionale, come faccia a conoscere questa piccola associazione che lavora in un quartiere che non ha mai mai visto i riflettori di Bruxelles. Ebbene l’associazione era stata selezionata tra le sfide di Naples 2.0, la competizione internazionale di innovazione sociale lanciata nel 2011 insieme a Unicredit Foundation.

La sfida era di aiutare l’associazione a trasformarsi in impresa sociale per generare risorse finanziare e per garantire la propria autonomia e costruire un proprio teatro. All’epoca dovevano affittare i treatri di posa per migliaia di euro alla volta.

Putroppo l’esperimento non funziono’. Il team di designer che aveva vinto la  competitione non riusci’ a trasformare la l’associazione e, nel 2012, furoni esclusi nella selezione finale.

Finalmente ho visitato l’associazione dopo piu’ di due anni. Senza alcun finanziamento i membi di Immagini Gioco e Parole sono riusciti a costruire il palco, la platea, le luci e hanno ricevuto il tendono e un bar in regalo. Noi volevamo trasformarli in un’impresa sociale secondi i  nostri parametri e io ho scoperto che da anni facevano spettacoli a pagamenti nel nord Italia combinati con un Pizza Verace Festival.  In otto anni hanno raccolto piu’ di 50’000 euro e si sono pagati tutto da soli.

Che avevamo noi da insegnarli?

Mentre lasciavo Napoli sul treno per Venezia leggevo Il formaggio e  i vermi di Carlo Ginzburg. Non ho potuto mancare di trovarmi ad assimilarci agli inquisitori dell’Italia del ‘500 che misero al rogo il mugnaio che aveva messo in discussione l’autorita’ della Chiesa e la sua funzione intermediaria.

Hanno veramente bisogno di noi o siamo noi, i fondi, Roma e tutta la macchina di Bruxelles che abbiamo bisogno di loro?

 


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