Cultura
Hanin e il suo sguardo: «Così la mia vita da italo-egiziana è finita in una mostra»
Hanin Elganaine è una delle protagoniste della mostra "GuardaTe" organizzata dalla Fondazione san Zeno a Verona per raccontare, attraverso foto e video, le storie di 22 persone straniere che vivono in città. A VITA, la ventiduenne nata in Italia da genitori egiziani, ha raccontato emozioni e sogni di una giovane donna che sente di essere cittadina del mondo
«Sono cittadina del mondo». Risponde così Hanin Elganaine a chi le chiede se si sente più italiana o egiziana. Nata in Veneto ventidue anni fa da genitori egiziani, Hanin risiede a Buttapietra, un piccolo comune di circa di 7mila abitanti in provincia di Verona. «Per me la cittadinanza è solo una scritta sulla carta d’identità», afferma, «nella mia vita quotidiana non mi sono mai sentita né italiana né egiziana perché, per esempio, quando sono qui con i miei amici è inevitabilmente che ci siano dei tratti culturali che ci differenziano soprattutto negli aspetti religiosi. Ma, allo stesso tempo, quando torno in Egitto non mi riconosco più negli usi, nei costumi e nelle tradizioni di quella terra. Le due culture, italiana e egiziana, in me non sono più nettamente separata ma hanno dato vita a qualcosa che è altro, una terza cultura senza nome specifico. Per questo dico che mi sento del mondo».
Nel 1999 Emad Elganaine, il papà di Hanin, è arrivato in Italia affrontando un lungo viaggio via terra con la speranza di costruire una vita migliore per la sua futura famiglia. In Egitto aveva lasciato la fidanzata Samah promettendole che, appena trovato un lavoro, l’avrebbe sposata. E così è stato nel 2001. Oggi Emad e Samah hanno due figlie, nate in Italia, che nel 2009, quando il padre ha ottenuto la cittadinanza italiana, in quanto minorenni e con lui conviventi, sono state riconosciute cittadine italiane.
Il sogno di Hanin: diventare maestra
«Da quando avevo 10 anni ho sempre sognato di diventare insegnante», spiega Hanin, «i bambini con il loro modo di guardare il mondo con sguardo limpido mi regalano tanta gioia. Loro non hanno pregiudizi. Per questo mi sono iscritta alla facoltà di Filosofia. Sarò un’insegnante con il velo e mi aspetto che mi verranno rivolti sguardi curiosi. È normale, è la prima cosa che colpisce quando le persone mi incontrano. So che riceverò tante domande, soprattutto dagli adulti. Sono preparata all’idea che potrei essere vittima di pregiudizi che potrebbero, anche, far dubitare delle mie capacità professionali. Ma non ho paura perché, pian piano, conoscendomi tutte le idee preconcette che ci saranno verranno abbattute. Questo per me vuol dire costruire integrazione culturale».
Hanin sta già sperimentando cosa vuol dire insegnare perché è docente di italiano presso il Centro studi immigrazione Verona – Cestim, dove, spiega: «ho iniziato come volontaria insegnando italiano a un bambino di scuola secondaria di primo grado. Dopo sono stata inserita, con un contratto, nel progetto di doposcuola per bambini di tutto il mondo».
GuardaTe, la mostra che unisce chi guarda e chi è guardato
Ed è proprio al Cestim che ad Hanin è stato proposto di diventare una delle storie protagoniste della mostra GuardaTe, promossa dalla Fondazione san Zeno, che, fino all’11 gennaio con foto e video esposte nella biblioteca civica di Verona, racconta la vita di 22 delle 38.333 persone straniere che vivono in città.
«Risiedono vicino a noi ma, magari, non le abbiamo mai incontrate», spiega Rita Ruffoli, direttrice della Fondazione, «con queste foto e questi video possiamo guardarle e immaginare cosa per loro vuol dire essere qui. Gli occhi non mentono. Sono finestre aperte su mondi interiori, paesaggi dell’anima, storie custodite nei silenzi e nei sorrisi. La mostra è un invito a non passare oltre, a guardare e ascoltare. Il ricordo di un luogo lasciato? La ricerca di un futuro migliore? Oppure la semplice consapevolezza di essere qui, ora, con la forza della propria unicità».
Persone rese protagoniste grazie a un percorso di cittadinanza attiva che Fondazione san Zeno ha portato avanti in collaborazione con le associazioni del territorio. Poi l’obiettivo esperto del fotografo Tiziano Zatachetto ha colto il loro sguardo che è diventato un ponte che unisce chi guarda e chi è guardato, annulla la distanza. Un’occasione per scoprire come, negli occhi dell’altro, possiamo intravedere frammenti di noi stessi. Passato e presente si intrecciano e negli occhi si riflette il domani.
Nella foto di apertura la famiglia Elganaine in un momento di festa (foto di Hanin Elganaine)
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