Costruire il cambiamento
Hangar Piemonte, la cultura che impara a volare
Come la cultura e i suoi luoghi rappresentano un valore e hanno un senso per la società civile? In Piemonte, da oltre dieci anni l’agenzia per le trasformazioni culturali della Regione lavora per costruire strategie comuni. La direttrice e project manager Mara Loro racconta uno spazio nomade e complesso in cui il pensiero economico incontra l’arte e l’impatto cresce con la visione

«Nelle contraddizioni apparenti c’è il futuro». Il senso della frase sta in quell’aggettivo tra il sostantivo e il verbo: «Le contraddizioni sono apparenti perché è lì che arriva la meraviglia». Mara Loro è la direttrice e project manager di Hangar Piemonte, l’agenzia per le trasformazioni culturali della Regione Piemonte, crede nel valore delle dissonanze così tanto da averci costruito la sua storia professionale. Ha una formazione duplice, economica e artistica, che mette al servizio di una finestra di dialogo come Hangar. «Nel sistema cultura spesso si parla dell’arte ma non con l’arte. E invece l’arte deve entrare dentro, arrivare fino alla fine dei processi, altrimenti rischiamo di perderci il meglio. Dobbiamo uscire dal paradigma del pensiero soltanto economico e integrarlo con il pensiero artistico. Non c’è contrasto, è incontro con l’altro».

Uno spazio nomade di pensiero
Raccontare Hangar è un esercizio complesso come complesse sono le realtà di cui si occupa. Lo spazio in cui stazionano gli aerei prima di un nuovo volo è il nome perfetto per un progetto che ha dieci anni di storia, accompagna le trasformazioni e si trasforma a sua volta. È nato nel 2014 per volontà dell’assessorato alla Cultura della Regione Piemonte come strumento a supporto dello sviluppo del comparto culturale. Nella cornice di Fondazione Piemonte dal vivo, ha costruito le sue fondamenta inseguendo tre direzioni: potenziamento della capacità imprenditoriale, intervento sartoriale a supporto delle organizzazioni e presenza sul territorio. In questa forma si è tradotto in 11 edizioni che hanno portato all’accompagnamento di 161 organizzazioni e alla realizzazione di laboratori con 8mila attori del comparto culturale piemontese.
«L’innovazione in quel momento era costituita da un approccio di accompagnamento al cambiamento attraverso un team in grado di muoversi in tutta la regione per raggiungere le organizzazioni», racconta Loro. La sua direzione di Hangar è iniziata nel 2022, anno in cui il dispositivo conosce un’evoluzione: «La maggiore interconnessione della dimensione culturale e artistica con quella sociale, tecnologica, ambientale ed economica richiede un ripensamento delle modalità di accompagnamento delle organizzazioni culturali verso la trasformazione. Hangar ha ripensato così non il suo fine ma il suo operare, mettendosi al servizio non più delle singole organizzazioni bensì dei contesti, dei luoghi e dei territori». In tre anni, rivolgendosi non più a singole organizzazioni ma alle reti attive su uno spazio, ha accompagnato 470 soggetti per un totale di 3600 persone coinvolte. Con la sua azione ad ampio raggio, i numeri crescono ancora: ha raggiunto 3.181 operatori, 54 tra policy makers e funzionari, 4.705 stakeholders.
Nel sistema cultura spesso si parla dell’arte ma non con l’arte. E invece l’arte deve entrare dentro, arrivare fino alla fine dei processi. Altrimenti, rischiamo di perderci il meglio
Mara Loro, direttrice e project manager Hangar Piemonte
Per la Regione Piemonte, uno straordinario osservatorio qualitativo sul campo. Per il territorio, un ponte in grado di accorciare le distanze con l’istituzione. «Siamo uno spazio nomade di pensiero, che informa e si informa, basato su un modello di sviluppo di tipo adattivo, in grado cioè di modificare e modificarsi in funzione delle persone che interpretano un luogo. La magia del nostro lavoro è osservare direzioni che non avevamo immaginato. È ciò che accade quando si crede nell’intelligenza collettiva come strumento di lavoro».
Subito prima di prendere il volo
Partire dalle definizioni. «Hangar Piemonte è un soggetto istituzionale inter-organizzativo che lavora per costruire progettualità in nome di un interesse generale. Uno spazio di dialogo che aiuta a definire strategie comuni. Non diamo finanziamenti, ma servizi», spiega la direttrice. «Qui non c’è qualcuno che insegna e qualcuno che impara, siamo una comunità di ricerca che lavora insieme a partire da una domanda: come la cultura e i suoi luoghi rappresentano un valore e hanno un senso per la società civile?». Rispondere è un percorso multiforme declinato attraverso cinque aree, cinque modi per dire Hangar.

Hangar Point, o meglio, accompagnare al cambiamento. «Ci rivolgiamo a tutti quei luoghi che riconoscono nella cultura una leva di trasformazione: hanno partecipato alle nostre call (l’edizione 2025/2026 è aperta fino al 28 marzo) nuovi centri culturali in chiese sconsacrate, stazioni ferroviarie, centri commerciali, ex fabbriche o ville storiche, hub culturali, case di comunità, aule studio, scuole, quartieri, boschi e giardini, territori comunali e provinciali». Il percorso, condotto da un team multidisciplinare in cui si incontrano artisti, curatori, project manager ed esperti di misurazione e valutazione di impatto, dura diciotto mesi. I primi dieci servono a costruire una strategia in un contesto di rete che Loro definisce di «auto organizzazione: ci muoviamo in modo itinerante tra le 15 realtà selezionate lavorando contemporaneamente sulla visione e sull’impatto». Da qui, si procede con un’ulteriore selezione: «Accompagniamo ancora più da vicino sei realtà nella fase di messa a terra. Emersione del potenziale, consulenze ad hoc per risolvere le criticità e tanto lavoro sulla consapevolezza. Una volta individuata e analizzata la traiettoria di sviluppo, mettiamo a disposizione una sorta di menu: enti, fondazioni, istituzioni con cui possiamo attivare un incontro. È il lavoro più importante perché offre possibilità di apertura e concretezza: se hai una buona idea ma non hai gli interlocutori per tradurla, otterrai un impatto debole e destinato a scemare».
Ricerca. «La ricerca ci permette di indagare e costruire nuovi approcci». Proprio dalla sperimentazione è nato l’anno scorso Welfare Art Project, un catalogo di proposte per le imprese che vogliano inserire nella propria offerta di welfare aziendale anche il filone del welfare culturale: percorsi per stimolare una condizione generale di benessere nell’ambiente di lavoro, incursioni o residenze d’artista all’interno dell’azienda oppure sostegno diretto da parte dell’impresa alla produzione artistica. Anche la scuola entra in questo contenitore: «Educare alla bellezza è un progetto itinerante per ripensare lo spazio scuola aprendo relazioni e possibilità di nuove visioni maturate dal confronto e dal dialogo con la comunità educante e i territori che la riconoscono come bene comune».

Sviluppo sostenibile. Il cambiamento non è reale se non genera un impatto misurabile. «Abbiamo messo a disposizione di tutti gli enti culturali un vademecum per avviare, migliorare o consolidare processi di misurazione, valutazione e rendicontazione finalizzati alla redazione di bilanci sociali o di sostenibilità. Nei prossimi anni puntiamo a sperimentarlo, applicando la metodologia e gli strumenti sviluppati alla realizzazione di un bilancio di sostenibilità dei territori». Non solo. In occasione della scrittura del proprio bilancio sociale, Hangar ha avviato un processo di valutazione partecipata interpellando gli stakeholders. È nato così “Hangar si valuta”, un gioco artistico condotto dall’artista visivo spagnolo Jaime Serra Palou che ha messo in atto un modello innovativo di rappresentazione dei sistemi valutativi grazie alla tecnica partecipativa del world cafè: un prototipo che ha preso la forma di gioco in scatola e che verrà riproposto al Salone del Libro di Torino. Sostenibilità significa anche consapevolezza: «Con il dispositivo regionale Hangar Plus mettiamo a fattor comune le linee guida del Pnrr e le opportunità di finanziamento».
Digitale. Pensare e fare cultura nel digitale significa interrogarsi sulle nuove tecnologie, «affrontare le sfide del presente con nuovi strumenti operativi e intercettare tendenze e sviluppi».
Visione. Per trasformare e trasformarsi serve un orizzonte a cui tendere. «Come lo definiamo? Attraverso spunti di riflessione portati dagli artisti attorno a tematiche urgenti rilevate dall’agire del comparto culturale e attorno agli obiettivi dell’agenda 2030. La cultura è nel presente, ha a che fare con l’attualità e la geopolitica, con l’economia e la biologia».
«Hangar vince se vincono gli altri»
Come sarebbe il Piemonte oggi senza Hangar? «Di certo avrebbe meno relazioni. Il nostro più grande lavoro è quello di creare incontri e spazi comuni. Penso che la cosa più bella che abbiamo guadagnato in questi anni è la fiducia delle persone: il Piemonte è disseminato di operatori che si impegnano per il cambiamento». Si incontrano resistenze? «Quelle ci sono sempre. Prendersi il tempo di mettersi in discussione e lavorare sul senso di ciò che facciamo è qualcosa che fatichiamo a concederci. L’attività dell’artista, che crea uno spazio non immediatamente produttivo e percettibile, può spaventare. E invece è fondamentale: è lo spazio di senso che crea la strategia».

Quando i progetti funzionano, spesso è grazie a un terreno fertile che ha contribuito alla semina. «In Piemonte le istituzioni hanno lavorato molto bene nella creazione di sistemi e nel loro consolidamento. C’è un’etica della collaborazione istituzionale».
Una moltitudine di partner («Non c’è neanche un progetto che portiamo avanti da soli»), staff interamente femminile e in maggioranza under30. «È così che mettiamo radici profonde. Non perdiamo mai il contatto con le realtà che incontriamo, le relazioni sono il nostro patrimonio più prezioso. Hangar vince se vincono gli altri».
Le fotografie sono di Andrea Macchia per Hangar Piemonte
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